venerdì 25 novembre 2011

Postiversario

Questo è il mio 300esimo post. Ieri sera ne ho letti un po', a ritroso, per capire che razza di collocamento possa avere questo blog. La risposta è semplice: nessuna. E' mio e basta. Non è settoriale, non ha specializzazioni. Esattamente come una che non ha un colore preferito, della musica preferita, della filmografia preferita eccetera...e paradossalmente neanche un lavoro specializzato, avendone provati di tutti i colori.
Però spesso parlo di donne. Amiche, colleghe, compagne di parti della mia vita. E a volte di donne sconosciute, solo sfiorate.
Oggi è il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza, sulle donne. Non mi va di scrivere però di ferimenti fisici e affettivi, non perchè voglia chiudere gli occhi di fronte a questo problema, che l'Istat (sì, quell'Istituto che tanto scoccia, ma che guarda un po' ha la sua utilità) ha impietosamente fotografato in un Paese che si crede...avanti. Non mi va perchè ho fiducia nel sesso maschile, che oscilla tra la vera maturità e un condizionamento culturale che, se non seguito, quasi se ne vergogna.
Voglio scrivere della vita che inizia. Di Silvia e il suo parto programmato di domani, e della bimba che entro sera stringerà tra le braccia. Dopo tre aborti.
Non ci sono vite che valgono più di altre. E per come la penso, certe persone non dovrebbero avere neanche il diritto di avere dei figli, perchè poi li usano come scudi umani per i propri comodi, o non fanno altro che ricordare loro quanto siano di peso, o semplicemente se ne dimenticano, lasciandoli allo sbando.
Eppure, premesso ciò, ci sono vite che salvano. Dalla disperazione di perdere un figlio, poi un altro, e poi un altro ancora. Per una ragazza giovane, sposata con l'amore della sua vita che non può far altro che starle accanto impotente, che ha un carattere che gli impedisce di buttar fuori tutto quel dispiacere. Per colpa di un agente coaugulante più attivo del normale, che blocca la circolazione di sangue nel feto. Per colpa di un ginecologo poco attento. Ma poi, all'orizzonte, c'è sempre la speranza. Ci sono medici che capiscono dove sta il problema e ti affidano ad intere equipe universitarie. C'è lui che ogni giorno le fa una puntura, per evitare che il sangue faccia di nuovo lo stesso, crudele, scherzo. E c'è la pancia che cresce, e cresce, fino al termine. E ci sono sorrisi e corredi ampli, amplissimi, sempre di più. E il dolore che si supera, che li ha affondati ma li ha resi più forti, perchè a me, in una domenica di chiacchiere rilassate intorno ad un tavolo e accanto al fuoco, tutto questo, me lo hanno raccontato senza lacrime.
Succedono cose per cui non è colpa di nessuno. Altre, invece, e per altre donne, in cui la colpa c'è, e non è loro.

mercoledì 23 novembre 2011

Ladri di sicurezze

Oggi ho scoperto che domenica la casa di Maria è stata svaligiata. Domenica mattina, tra le 10,15 e le 12. Mentre loro erano in piscina con la piccola i ladri sono entrati e hanno buttato tutto in aria, per impossessarsi di oro e contanti.
Una violazione talmente lontana dalla nostra concezione, dalla nostra sicurezza quotidiana, che Paolo, girando la chiave nella serratura e non incontrando resistenze, le ha subito detto: hai dimenticato di chiudere.
Una violazione che, alla scoperta, ha fatto male, malissimo, e lo fa tutt'ora a distanza di qualche giorno.
In casa tua. Tra i tuoi affetti. L'anello che lui le ha regalato quando è nata Anita. I regali dei parenti. La sensazione di essere controllati e seguiti passo per passo, sapere come calcolare il tempo.
E' questo che non ti fa chiudere occhio e che non svanisce così facilmente. Neanche al momento della denuncia ai carabinieri, che ti guardano descrivere gli averi sottratti e se ti va bene segnano e basta, se ti va male malcelano un sorrisetto sarcastico. Oro e contanti, ma secondo te? A quest'ora chissà!
E ti ritrovi lì a risistemare i cassetti rovistati e a pulire, e più che pensare a quello che c'era e non è più lì, c'è un'altra sensazione, sgradevolissima e del tutto non voluta e che ti assale a ondate, a tutte le ore, con la quale hai fatto a cazzotti a lungo, di fronte al parere contrario e, a volte, ben sventolato, di altri tuoi amici, di altri tuoi conoscenti: la paura per l'altro. La diffidenza per chi non ti somiglia. A essere violato è il tuo credo, quella porta che, fino ad ora, non aveva serrature.

lunedì 21 novembre 2011

Anche se vivo ormai senza

Non posso ancora credere che lui non ci sia più. Ho le sue foto, ne ho molte sparse tra pc rubati, memorie di altri che non funzionano più, schede scivolate chissà dove, cellulari dimenticati e qui, e rimpiango amaramente la carta fotografica, lucida e quella opaca di venti anni fa.
In questo momento non riesco a spiegare il senso di perdita che provo. Non saprò mai farlo. Per un esserino umano che mi guardava, socchiudeva gli occhi e rispondeva in mille modi. Con le fusa, soffiando piano, miagolando, standomi vicino. Mi manca quel senso di riconoscimento reciproco, oltre il verbo, anche oltre quel linguaggio che abbiamo avuto. Mi manca osservare il suo modo di dormire, che era il mio, me lo ricordo. Prima partecipato e poi sempre più suo, perso nel sonno, ma sempre presente e incredibilmente di nuovo vigile in un niente, se avvertiva un cambiamento. Mi manca il suo modo di stiracchiarsi, che era una scusa per toccarmi la gamba, tirare fuori un'unghietta, appoggiare quella zampa morbida. Mi mancava già da prima non averlo in braccio per ore, durante lo studio, o vederlo contribuire con tante lettere uguali sulle pagine della mia tesi.
Me lo ricorderò sempre in tutte le fasi della sua vita. Piccolo, da starci dentro una mano. Ed enorme, d'inverno, con il petto bianco gonfio da felino selvaggio, quando gli amici e i parenti minacciavano di farmelo arrosto.
Anche gli alberi del giardino sentiranno la mancanza dei suoi artigli. Anche le piante dell'orto resteranno orfane dei suoi rotolamenti tra i solchi.
In questa casa non c'è mai stato. Non potevo portarlo via dalla sua, dalla sua piccola foresta, dalle visite ai vicini, anche se un pallino di flobber, anni fa, gli aveva fatto capire come e dove andare. Ma anche qui avverto la sua assenza. Non so dirti addio, Ciccio.

venerdì 18 novembre 2011

Tu sì che sei speciale

Lei ieri, serata in cui abbiamo festeggiato il suo compleanno, mi ha detto che in realtà va in fibrillazione la sera prima. Un po' come succede per il Natale, ho pensato. Ma, odiando io il Natale, ho subito sostituito quel pensiero con un altro, più nelle mie corde: giusto, il compleanno è la nostra festa personale e andrebbe vissuta sempre così.
Ieri sera ha lottato per tutto il tempo con le lacrime. Non perchè è insensibile, tutt'altro. Lo ha fatto perchè voleva essere perfettamente felice in ogni momento. Sempre con il sorriso. Ha ricevuto dei regali, ovvio, che sono arrivati spontaneamente e del tutto non richiesti. Anzi, in proporzione è stata ben più generosa lei di noi.
Ci ha dichiarato il suo amore più e più volte, tanto che ad un certo punto la Vale e la Laura le hanno detto di finirla. E' che non credeva che tante persone le sarebbero state vicine, anche se è normale, per una persona che per i suoi amici si fa in due, poi in quattro, poi in sedici e sempre con la stessa energia.
Mia cara Cri. Non so se hai mai pensato di farlo, ma io, soprattutto nella mia adolescenza, mi sono sempre immaginata un luogo indefinito e isolato in cui risolvere le questioni in sospeso. Fa ridere a pensarci a posteriori, perchè dopo sono arrivati i confessionali e i grandi fratelli che in abbondanza hanno fornito aree specifiche per le "rese dei conti", e che mi hanno fatto capire che non era proprio proprio un'idea originale. Eppure era così: momenti in cui dire a questo o a quella quella frase che avresti dovuto dire, chiedere le risposte che non si sono avute o fare quel gesto che quando richiedeva di essere fatto era rimasto lì sospeso. Ti immagini cosa significherebbere archivare tutte le questioni di una vita?
Hai scherzato molto, con noi, sulla tua età. Ma io te lo dico sempre: questa è la tua seconda vita, c'è un mondo davanti a te. Per questo per me sei come quell'adolescente a me ben nota "qualche" anno fa, che sente continuamente il bisogno di conferme, di rassicurazioni, di voglia di archiviare il sospeso. Sei una maratoneta instancabile. In questi tre anni di amicizia ti ho visto stringere una miriade di legami e mantenerli tutti, con lo stesso impegno che applichi in ogni ambito della tua vita. Quasi freneticamente, tanto che correndo spesso non ti rendi nemmeno conto tu di quanto costruisci.
Quello che la Vale e la Laura volevano dirti ieri, e quello che voglio dirti anche io, amica, è che ora è giunto il momento di rallentare. Di goderti la vita, di capire che hai delle certezze che non devi più inseguire, e di esserlo, perfettamente felice, invece di ricacciare indietro le lacrime. Non c'è bisogno di nessun confessionale per lasciarsi alle spalle il sospeso. Come faceva Dharma, nel telefilm, basta mettere tutto dentro ad una bolla immaginaria e soffiarla via, lontano.
E' il momento di essere felice.

giovedì 17 novembre 2011

In fondo sai che sei ancora qui

oh beh, ci vuole poco a ritrovare la serenità.
Oggi è giovedì e, se guardo indietro, questa settimana estenuante sta riuscendo a farmi dimenticare lo scorso week end in cui è successo DI TUTTO. A parte le 20 ore lavorative su un totale di 48 e della conseguente stanchezza, parlo ovviamente della morte di Ciccio e della delusione per atteggiamenti di semplici conoscenti e di amici, dalla costatazione che gli insulti se fatti ad una donna prendono chissà perchè più colore, mentre tra uomini si riducono sempre a confronti civili, e non ultimo la dolorosa scelta di abbandonare un progetto cui credevo.
Già domenica sera ho avvertito la svolta. E' bastata una serata in teatro a vedere Sergio, cui aderiscono con entusiasmo 20 amici (e i coniugi Carrozza), per ridere fino alle lacrime. Ma poi, a seguire, è arrivato molto altro. Lunedì c'è stato l'invito al cinema della mia omonima, e il film, con lei e Miki, ha davvero meritato. Martedì un po' di Nazionale con la famiglia, per capire, come sempre, quanto è importante averli accanto. Ieri incombeva l'incubo riunione-di-condominio, che invece si è risolto sorprendentemente bene e con una rapidità mai vista, ma soprattutto con un'uscita decisa all'ultimo con tre affamati di pizza e di chiacchiere. Stasera c'è il compleanno della mia Cristina, donna dall'energia inesauribile. Ma dove ha le pile? Prima o poi lo scoprirò, per ora mi basta godere della sua solarità. Oggi è arrivato anche l'invito al matrimonio di Silvia e Alessandro, per il prossimissimo 10 dicembre. E siamo a quota 4, per quest'anno, e di nuovo si tratta di un inno all'Amore, cui sono onoratissima di partecipare. Anche perchè si tratta di una festa tutta montana, tra la cerimonia in un palazzo comunale medievale e il ricevimento in un rifugio a 1510 metri di altitudine, con annessa notte e ciaspolata domenicale.
Domani si chiude a Legnano una pagina professionale che mi ha portato solo fastidi e già all'orizzonte si profila una bella novità; e poi sabato a InverArt si mangia e si salta. E per domenica c'è la promessa di una corsetta mattutina con chi non mi sarei mai aspettata, sempre che, come mio solito, non mi ritiri nella mia ormai sconfinata e nota pigrizia.
Ho scritto che ci vuole poco, ma in realtà tutto questo è moltissimo.
Grazie (questo va a chi sa).

martedì 15 novembre 2011

Involale al volo del cuore

Il mestiere più difficile del mondo è quello del veterinario.
La vostra è una vocazione, inizia con l'amore per gli animali e continua lì. Ma in mezzo ci sono gli anni impegnativi dell'università, tanto quanto se aveste frequentato medicina. Poi la pratica, ripetuta e ripetuta e ripetuta. Tra odori forti, condizioni igieniche svariate, virus e germi, morsi e graffi.
E poi la routine, che è per larga parte fatta di dolore. I nostri piccoli amici stanno male, quando vengono da voi. E voi li curate, curate le loro vite brevi che presto vedrete finire, o a cui dovrete mettere fine. Il dolore che è sempre autentico, perchè a differenza dei rapporti tra umani che si logorano fino ad annientarsi, i rapporti tra animali e padroni sono sempre carichi di affetto, se arrivano a voi. Il dolore è doppio, è fisico e affettivo. E in questi miei anni nessuno di voi, proprio nessuno, si è dimostrato asettico davanti a questi nudi sentimenti.
Sabato Ciccio mi ha lasciato. Non ce l'ha più fatta, eppure fino ad una settimana prima aveva nascosto bene quel virus che chissà da quanti anni lo divorava. Mi ha lasciato, sfinito, ma sempre con tutto quello che c'è stato in questi 12 anni. Nella sua ultima settimana lo hanno visto tutti e tre i veterinari dello studio da noi scelto. Tutti lo hanno accarezzato, tutti e tre ci hanno raccontato la verità, con una delicatezza che ringrazierò sempre.
Prima di addormentarsi per sempre, il mio felino si è goduto la sua ultima estate di San Martino steso in giardino. Che resterà suo, perchè papà gli ha trovato proprio lì, nella sua piccola foresta, un posto che nessuno gli toglierà mai. E vicino ha piantato un giovane albero di pesco, così in futuro potrà sonnecchiare al fresco.
Anche il mestiere del babbo è il più difficile del mondo.

lunedì 14 novembre 2011

La differenza tra me e te

Silvia, quest'estate, ha passato un mese in Bangladesh a documentare, con Alessandro, le condizioni delle popolazioni costrette a emigrare per gli sconvolgimenti climatici. Ovviamente lo ha fatto nella stagione dei monsoni. E ha passato un mese con l'acqua fino alla vita, il caldo umido e il velo in testa, gli scarafaggi addosso sui treni, il cibo in taverne luride, le favelas. Alessandro, che è un fotografo di fama internazionale, aveva trascorso qualche tempo prima un trimestre più a Nord, in Mongolia, a temperature siderali. Per le sue foto ha appena vinto un premio internazionale. Maria scrive tra Cesano, Corsico e Buccinasco e spesso tocca tematiche scomode, indagando sulle infiltrazioni mafiose della zona. Tiziano fa lo stesso nel Varesotto.
Io meno, molto meno. Per la mia emittente radiofonica mi avvalgo di agenzie, dichiarazioni, interviste telefoniche. Per il locale, si tratta invece di Consigli Comunali, comunicati, voci, volti. La sostanza cambia di parecchio, i risultati no, visto che gli errori si pagano a caro prezzo. Basta un titolo provocatorio per una mail di pseudoinsulti anonima, basta un titolo sbagliato per minacce più consistenti. E non a me, ma alla mia famiglia.
Errare è umano, giusto? Giustissimo. Anche perchè ci sono dei validi motivi dietro. Ancora una volta si parla di risorse ridotte all'osso, perchè, come ho già sostenuto altre volte, la nostra professione ha subito un'inesorabile svalutazione lavorativa, molto più di altre. A questo si è accompagnata un'altrettanta pericolosa svalutazione, di tipo morale. Siamo ormai noti per essere una categoria pessima, ignorante e parziale.
Per questo certi errori si pagano quanto quello di un chirurgo in sala operatoria. Che fare? Si lavora al massimo delle capacità e dell'impegno, ma per quanto mi riguarda si lavora anche per eliminare il preconcetto della parzialità. Quando non è così, quando capisco che la provocazione è ricercata a bella posta allora preferisco fare un passo indietro. A maggior ragione quando, a corollario, arriva la Frase che ti fa capire che è giunto il momento di togliere il disturbo. Perchè è vero: nessuno è indispensabile. Proprio nessuno.

sabato 12 novembre 2011

Certe notti

Autostrada diritta e ben conosciuta. Percorsa una notte di novembre, con la nebbia. Con i segmenti bianchi e regolari delle corsie che spariscono progressivamente davanti ai fari, per quanto illuminate. Con l'auto poco avanti alla tua che sembra decollare, quando la strada cambia leggermente inclinazione, ma poi inizia a salire di qualche grado anche tu, e capisci che quelle lucine rosse sono come le tue, e non uno strano corpo extraterrestre.
Autostrada dritta e ben conosciuta, e quindi, se resti concentrato, sai comunque dove ti trovi. Tra poco il casello, poi l'area di servizio, poi quell'uscita. Qui posso accelerare, lì meno, c'è una semicurva. Anche se poi, se ti metti a cantare dietro la tua canzone preferita, è facile perdere l'orientamento.
L'altra notte ho pensato che tutto questo potrebbe essere una perfetta metafora. Il più delle volte, la maggior parte del tempo, si sa benissimo in che direzione si sta andando. Si conoscono ritmi, e tempi, e percorsi utili e inutili, seri e faceti, nel susseguirsi ordinato o estremamente scompigliato delle ore che compongono la nostra vita, quadrata o fuori dagli schemi non importa. Resta però una buona parte di sospensione anche nella certezza, di nebbia più o meno fitta che comprende l'imprevedibile, la disattenzione, la distrazione. La novità insomma, che sta a noi se affrontare con apprensione o con una certa dose di beata incoscienza.
Senza dover per forza guidare a fari spenti, in queste notti.

mercoledì 9 novembre 2011

It's your heart that holds your fate

Due anni fa la giornata era stata bella come oggi, nel New Jersey.
Ci avevo messo un po' per capire da quale stazione ferroviaria di New York prendere quel treno, ma poi, con pazienza e qualche domanda ripetuta un paio di volte ce l'ho fatta. Spesso mi succede così: mi perdo negli accenti e capisco pochissimo. Ma alla fine, come sempre, ce l'avevo fatta. Fino a Long Branch, e poi in taxi verso Asbury Park.
Io, e quei due che, già a quel punto, erano regrediti allo stato di bambini. In giro con due adolescenti. Impazienti, con il naso all'insù a fiutare la spiaggia, l'oceano, per trovare quei luoghi. E devo dirvi una cosa. Non eravamo soli. Piccoli pellegrinaggi come i nostri ce n'erano altri, con la stessa emozione tipica dei bambini.
Eccolo, l'oceano. Con la sua Asbury Avenue. Con il suo lungomare, di sabbia chiara e gli stabilimento chiusi, i negozietti serrati per l'inverno, così come il centro commerciale e il pontile, un misto di nuovo e vecchio, di parcheggi ed edifici abbandonati sullo sfondo. Ma tutto questo è passato in secondo piano, spazzato da quel vento caldo che mi scompigliava i capelli e rendeva inutilmente pesante il mio piumino.
Noi eravamo lì per lo Stone Pony. Una costruzione bianca e bassa, con un ingresso sormontato da un baldacchino, come succede qui per le migliori balere, forse. Ma con le scritte nere da comporre sui binari bianchi proprio come sulle facciate dei teatri di Broadway, in quel modo così esclusivamente americano. E, dentro, quel murales. Il primo disco di Bruce. E loro due già impazziti, capaci solo di scattare foto mosse, da quanto si era accelerato il loro polso. Capaci di girare intorno una sguardo famelico a chitarre, foto, articoli di giornale, manifesti, tutti appesi ovunque. Persino in bagno, dove per la verità si è compiuto un piccolo furto...
E poi infine eccoci tutti e tre al bancone, ma quello dei souvenir. Era troppo presto per bere, mai troppo presto per comprare qualcosa. Mi sono portata a casa una maglietta anche io, ovviamente.
A bere ci abbiamo pensato dopo, al Village. Un brindisi, due, tre, pienamente consapevoli di quello che quei giorni avrebbero significato per ognuno di noi. Allora, come adesso.

domenica 6 novembre 2011

Un raggio di sole per te


Sono case povere...una zona povera, popolare...il Ferreggiano è un torrentello senz'acqua ma che diventa un seminatore di morte quando si carica d'acqua...stretto, tortuoso e pieno di curve. E secondo te chi abita nelle povere case lì sopra? Gente modesta, umile...non certo i benestanti...e infatti guarda chi sono le vittime.

Questo me lo scrive Andrea, un amico giornalista che vive a Genova. La sua città, la sua gente. Ha le lacrime agli occhi, mi scrive, e mi sembra di vederlo. Andrea è giornalista sportivo, ma in questi giorno non parla di questo, alla tv. Parla della sua città e lo fa con forza e amore e denuncia. Un ascoltatore scrive sulla sua bacheca: Ciao Andrea, l'unica colpa che può avere la Vincenzi è quella di non provvedere alla pulizia dei tombini e dei letti dei torrenti.. .Si sapeva che pioveva ma non che veniva quest'alluvione.. .500 millimetri di pioggia in 11ore.. quasi metà dell'acqua che viene in 1 anno... che deve fare la Vincenzi chiudere le scuole ogni volta che il meteo prevede pioggia??Il problema è a monte Andrea.. .ma hai visto il Ferreggiano?? Ma si può costruire così?? Il torrente deve avere il suo letto naturale di sfogo, hanno cementificato sul letto del torrente!!!

La Vincenzi, Marta Vincenzi, è il sindaco di Genova: Il suo volto è diventato noto anche fuori dalla sua città, le sue parole di cordoglio le abbiamo ascoltate tutte, i suoi cittadini la difendono o meno, come è giusto che sia per un primo cittadino. Se ha sbagliato, o no, lo sanno i genovesi.  Che oggi piangono, ma cercano anche di capire come tornare alla normalità, come il mio amico Marco, che ho contattato e mi ha rassicurato: sto bene, io sono fortunato perché vivo in collina…sempre che non venga giù la collina! E che oggi cercherà di asciugare in qualche modo l’abitacolo della sua macchina.
Questa tragedia dovrebbe però insegnare a tutti  - me compresa  - qualcosa: la misura delle cose.  Perché quello che conta, spesso, ci sfugge.

Quello che conta lo trovo scritto oggi sulla bacheca di Marco.
“E se oggi magicamente uscisse un po’ di sole, non sarebbe meglio? Ci vuole poco per far felice una città”.

venerdì 4 novembre 2011

Calabrese e comunista

Sara, che è palermitana, un giorno mi ha detto: finchè non son venuta qui a Milano, ignoravo l'esistenza e l'uso delle strisce pedonali. Lei esagerava, ovviamente, anche se poi ha aggiunto che la prima volta che le aveva viste ridipingere si era quasi meravigliata.
Uno dei soliti episodi divertenti che noi terroni amiamo raccontarci. Anche se il discorso in cui si iscriveva questa battuta era tutt'altro, in realtà. Si parlava di come viaggiare e conoscere realtà diverse aiuti ad aprire la mente, a rispettare di più e meglio gli altri, ad ascoltare altre opinioni pur sempre esprimendo la propria, più che vivere in uno spazio ristretto.
Spazi ristretti, pensieri ristretti. Come quelli scritti in una mail vigliaccamente anonima alla redazione di un settimanale locale per cui collaboro, in un italiano più che improbabile. Fosse solo quello. Una mail scritta per insultarmi, prendendo a pretesto il titolo di un mio banalissimo articolo. Eccola qui.

Gnetile Direttore
mi permetto di segnalarLe l'indecenza  dell'articolo sabrina carrozza "21mila
euro per le chiappe ecc."
è veramente scandaloso che un giornale come il vostro pubblichi  con  termini
come   "chiappe"
rivolti a tutti i lettori sia grandi che piccoli!.
vorrei far presente poi che chi ha scritto  l'articolo in questione non
risiede in santo stefano ma a corbetta
dove il comune di corbetta spese nel 2008 ben 121.ooo centuventumila euro per
la sistemazione del comune
Se la carrozza si guardasse in casa sua .....da brava calabrese si
accorgerebbe che la spesa di 21mila euro
del mio comune riguarda 33 poltroncine a dir poco "sgualcite" e vecchie di 30
anni costate  meno di  euro 650 cadauna
il senso del "necessario"poi  visto da una "comunista"  è tutto dire!
ma è chiedere troppo a una calabrese che possa capire il senso "civico" del
proprio comune!
Per favore Direttore faccia attenzione agli articoli che siano soprattutto
"veri"
e con un linguaggio piu consono e degente .
grazie

Vedi, caro missmiss, hai scelto proprio un nick giusto per nasconderti dietro una mail del genere. Ti "mancano" molte cose. Mancanze al quadrato.
Ad esempio alcuni semplici fondamenti del giornalismo, mondo che probabilmente credi di conoscere e di cui ti riempi la bocca. La titolazione dei pezzi non la fa il collaboratore, ma la redazione, con decisione finale e insindacabile del direttore. 
Seconda cosa, ti manca di sapere che la replica a un volantino circolato in paese, che riprende semplicemente i dati di determine regolarmente depositate in Comune, è stata chiesta tre giorni prima dall'uscita del giornale. Tre giorni di silenzio da parte di segreteria, sindaco, assessore al Bilancio.
Terzo, emerge, nonostante lo stile volutamente burino, che in tuo possesso ci sono dati che difficilmente un cittadino stefanese può avere. Diciamo che o fai parte dell'Amministrazione, o ne orbiti intorno. Alla faccia del "senso civico" e della tua carica al servizio del cittadino.
Quarto, ti sfugge un particolare importante. Sono anni che lavoro nei media, a stretto contatto con i sistemi informatici. Per quanto io ne capisca poco, ho una serie di amici che potrebbero risalire a te. Un paio di essi sicuramente. Ti consiglio quindi di pensare a come formulare le tue scuse, prima che mi salti in mente di denunciarti, come privato cittadino, ma anche come professionista appartenente ad un Ordine. Perchè, vedi, io stavo pensando che la mia penna, virtuale o reale, continuerà a correre su queste vicende poco chiare. Il mio presidente avrebbe molto da dire sul diritto di informazione (lo sapevi che la libertà di parola è contenuta della Costituzione Italiana? Se vuoi te ne regalo una copia). Mi sfugge ancora il senso di certi "insulti" completamente gratuiti, che spero mi spiegherai, di cui ricordo altri echi in passato.
Ti auguro, prima o poi, di scoprire il significato della parola "politica". Magari leggiti un po' Platone. Se non ti è troppo difficile.