mercoledì 13 febbraio 2019

Tetris letterari

Andare a una presentazione, ogni tanto: appunto mentale di sempre.
Andare a un reading e a un caffè letterario in una sola serata: prima volta di ieri.

Colpa mia. Con un'agenda cartacea, Google Calendar e Outlook sono comunque riuscita a fissare due appuntamenti in un solo giorno. Ma è andata bene, anzi, benissimo. Ecco come ho fatto.
Annalisa mi ha scritto la scorsa settimana, quando il raffreddore si era impossessato di me, della mia testa, delle mie orecchie, ed ero suonata come un gong. C'eravamo date appuntamento sul divano di casa sua per la finale di SanRemo; poi lei ha ricevuto un invito per entrambe, ma ho preferito non mostrarmi a sconosciuti in modalità mostro della palude e ho declinato rilanciando per la settimane.
La nuova proposta è stata la presentazione di Quinta Vez, di Maria Pia Quintavalle.
Un testo denso di significato, sul rapporto madre e figlia, pieno di rimandi ancestrali, culturali, emancipazione, scambio di ruolo nel corso della vita. E una presentazione profonda, da seguire con attenzione, di fronte a una larga platea sorprendentemente eterogenea, con evidenti habitè della Libreria delle Donne. Un'autrice puntuale, che srotola la sua poesia con pause imprevedibili, voce profonda, intonazione riflessiva che accentua le parole, le rende ora tetre, ora leggere.

Non so spiegare cosa suscita in noi, questo momento. Sicuramente, io e Annalisa viviamo la questione in modi molto differenti, e le nostre storie personali giustificano a pieno questo diverso sentire. Ma siamo colpite dai richiami alla psicanalisi, all'idea platonica e al mito della caverna, all'uso di parole che, per quell'ora, ci salvano dalla banalità. Lei, timida, si avvicina poi alla presentatrice della serata, chiede dei prossimi appuntamenti, le ricorda un articolo che aveva scritto su di lei anni fa. La bellezza di questi momenti si specchia anche nella facilità di tessere piccoli fili invisibili, di mostrare la possibilità di fare seguito, conseguenza, serie a questi momenti. Di riflettere; magari di scriverci su.

In auto, la porto a casa e volo al mio Caffè Letterario. Iniziava ieri sera, proseguirà con altri 5 appuntamenti. Arrivo in volata, siamo un bel gruppo in uno studio di psicoterapia bellissimo, di cui - confesso - non sapevo l'esistenza. Uno scrigno nel cuore del paese in cui sono cresciuta, con un cerchio di donne pronte a parlare di Eleanor Oliphant. La ragazza, che parla di sè in prima persona nel romanzo, si scherma dal mondo anestetizzandosi in settimana con il lavoro e una routine di ferro, sempre uguale, e nel week end bevendo vodka. Ma la vita si insinuerà in questa comoda solitudine crepando l'armatura, fino a farla cadere.

Le parole non richiamano Jung, ma il sentimento è condiviso dalle uditrici, tutte veramente diverse, tutte con età e storie differenti. Ed Elena aggiunge allo svelamento del romanzo alcune considerazioni che toccano le vite di tutti, che parlano di amicizia come appartenza, come sostegno sociale verso autostima e autorealizzazione.
Riflettiamo, insieme, sulla profondità dei rapporti di oggi; sugli strumenti che abbiamo noi, che non siamo nativi digitali, e di quelli che forse mancheranno ai millenials, chi lo sa! Ci scambiamo impressioni davanti a una tisana bollente, una frittella; allacciamo collegamenti con il prossimo libro, il prossimo incontro.

Milano e Santo Stefano Ticino. Nella prima, tanti momenti come questi ogni giorno, a ore diverse. Nel secondo, una preziosissima iniziativa legata alla libreria Controvento di Inveruno che sa essere ossigeno puro, come direbbe il magnifico dr. Shepherd. Non facile in entrambi i casi. Nel secondo di più, per me, perchè questo libro che ancora mi accingo a leggere è molto vicino a quello che sento in questo momento, e perchè alcune delle persone che ho rincontrato sono state da me ignorate in passato, una di queste non rispettata, a dire la verità.
Eppure, rincasando e riflettendo sul tutto, ho pensato che le possibilità per recuperare, per rimediare, per incontrare nuovamente sono davvero inedite.

Il mio grazie è enorme e va solo alle donne incontrate; ad Annina, appunto, e a Barbara, che mi ha coinvolto nel Caffè che potremmo ribattezzare Yogi Tea Letterario!
Non che non ci fossero uomini, nell'incontro milanese. Tutti distratti dal telefonino.
Dr. Shepherd escluso, ovviamente.

venerdì 8 febbraio 2019

Vediamo solo quello che vogliamo

Ho iniziato a sentirmi male giovedì scorso.
Di nuovo, dato che a inizio anno ho beccato l'influenza e la tosse non mi ha più abbandonato. Fa tanto vecchia zitella. Prima, solo zitella.

Giovedì è stata la cervicale, qualcosa che periodicamente mi fa girare la testa. Se non fosse che non riesco a guardare nemmeno lo schermo del pc, quando arriva, dovrei sentirmi anche contenta per questo stato che nessun altro essere di genere maschile non sa fare da molto. Il problema è che ho iniziato molto presto a starnutire, e questo no, non è sexy.
Venerdì, la mia collega Sharon deve aver ringraziato l'ampiezza della scrivania che mi ha tenuto a distanza di sicurezza da lei e ha contenuto una montagna di fazzolettini. Le stesse montagne che ho riprodotto a casa, dopo, e di notte.

Nel fine settimana c'è stata la trasferta a Trento, per lavoro. Che è andata bene grazie alla presenza di Federica, che mi ha distratto. Così, tra Vicks Medi Nait e lavoro, la sua compagnia mi ha dato la forza di andare e tornare, mangiando canederli in brodo a mezzogiorno. Buonissimi, per carità; un tantino vintage anche questi, però.

Così, senza olfatto e senza abbandonare i fazzolettini, ho passato il mio lunedì di riposo cercando di respirare nel modo migliore possibile, dormendo brevissimi sonni interrotti da desertificazioni continue della lingua. Il mio appuntamento di igiene dentale si è trasformato in una lotta all'ultimo respiro, in cui anche la paura di quella poltrona è passata in secondo piano.
Poi ho atteso il regalo di Natale di Fabiola come soluzione a questa condizione: una sauna, un bagno turco, una jacuzzi in una piccola spa avrebbero sicuramente fatto bene.
E così ho passato tre ore in una sorta di sdoppiamento della personalità, senza sentire nessun profumo, addentando a fatica due acini d'uva a causa dei denti. Ho cercato di resistere in sauna il più possibile, ma quando siamo passate al massaggio ho capito che qualcosa non si sbloccava. Ho aspettato il mio turno a pancia in giù, con il viso infilato nel buco del lettino, lottando per respirare. Grazie al cielo, la musica ha coperto le trentacinque deglutizioni al minuto e i tentativi di non far colare nulla dal naso.

Martedì sono tornata al lavoro, e Sharon ha di nuovo ringraziato l'azienda per la scelta degli arredi. Alcune colleghe, impietosite, mi hanno trascinato in pasticceria per un caffè e un dolcetto, ma la sensazione di essere un mucoso mostro della palude non se n'è andata. Anzi.
Mercoledì, la mia dottoressa mi ha prescritto un antistaminico e dei lavaggi nasali, che mi terrorizzano più del dentista. Continuo a non sentire odori, e in parte anche sapori: neanche il burro d'arachidi è riuscito a darmi un conforto. Figuriamoci il più brutto SanRemo degli ultimi cinque anni.
Ad un certo punto, mi si sono tappate pure le orecchie. Con un fischio continuo, chissà cosa succederà la prossima settimana...magari perderò un piede per strada.

Eppure, la vita continua. Devo chiudere il piano ferie di un intero anno. Ho cinque battesimi, una cresima, due venticinquesimi, tre viaggi, forse un matrimonio o forse due. Il mio compleanno e quello che desidero per me. A fine Gennaio, molto di questo 2019 ha già una forma definita.
E continua anche sui social, per i quali tutto è figo. Non mi interessa, dato che va di moda provare invidia insana anche per i sassi del vicino.
Per fortuna: è meglio che la modalità "mostro della palude" resti nascosta dai fazzolettini!