venerdì 11 febbraio 2022

Bastano Gli Occhi, ma a viso aperto

A Maggio di due anni fa, Simona e io inauguravamo il progetto Bastano Gli Occhi.
Invitare le persone a mostrarsi in foto con la mascherina per uscire da un periodo di chiusura che pensavamo essere unico era solo un modo, per noi, di affrontare la nuova realtà facendo caso alla semantica. Ai nuovi significati che stavamo cercando di dare a un momento storico che, nostro malgrado, ci aveva resi protagonisti. Al senso di reagire in tutte le sfumature del quotidiano. Reagire con forza e positività.

Abbiamo raccolto centinaia di foto. Abbiamo parlato brevemente, molto brevemente, di alcune storie, oltre a lasciare che fossero le nostre immagini a raccontarla meglio di tutto. Storie di turismo che andava avanti, locali, negozi, attività. E poi abbiamo lasciato che le pagine Facebook e Instagram fungessero da vetrina a tutto il materiale raccolto. Per il Natale 2020, con lo stesso spirito costruttivo, abbiamo partecipato a Scatole di Natale e - oltre agli occhi - è bastato un semplice tam tam. Abbiamo raccolto scatole di regali per Milano, per le associazioni di zona e persino per il Comune, persino per chi non aveva neanche voglia di guardarci, negli occhi.

Oggi inizia il percorso inverso. Oggi, ufficialmente e senza colpe, il volto inizia a riprendere spazio. La mimica torna ad avere significato e il non verbale torna ad arricchirsi di tutti i suoi elementi. Dopo quasi due anni, invece di scappare in massa dalle stazioni, da oggi siamo autorizzati a mostrare il sorriso. Oggi ne parlano tutti, alla radio e alla tv. Si sdrammatizza sugli sbadigli, i brufoli, i baffetti e i commenti a mezza voce. Si ride su quello che si è celato, giustamente. Il potere dell'ironia serve a suggellare questa fine, con una certezza in più rispetto ai mesi che hanno preceduto questo momento.

Bastano Gli Occhi è stata una bella occasione per raccogliere foto che sono arrivate da tutto il mondo. Spesso pensiamo che quello che succede a noi sia più grande, più grave e più ingiusto. A volte lo è: abbiamo avuto perdite e dolori importanti in tutte le famiglie. Altre non lo è, e la condivisione aiuta a ridimensionare o dare un'altra prospettiva a quello che ci succede.
Oggi non finisce tutto, magicamente. Ma abbiamo la certezza che qualcosa sia davvero, davvero cambiato.
Eh, sì, spesso bastano gli occhi, ancora. Come prima.

mercoledì 9 febbraio 2022

Come Mou a San Siro

Se penso a quante lacrime ho pianto in questi anni, non saprei nemmeno quantificarle.
Per tutte le colpe che mi sono data, per averti perso.
Per tutte le risposte che ho cercato.

Ci siamo incontrati nel momento più bello della nostra vita e abbiamo percorso anni tenendoci per mano. Quelle mani che, se chiudo gli occhi, ancora so immaginare con estrema esattezza. Quell'abbraccio in cui stavo così comoda, così avvolta. E quegli occhi che guardavo, guardata e vista, così drittamente. Così profondamente.

Poi tutto è finito, quando è finito davvero. Quando questa casa ha preso vita e la mia, di vita, ha squadernato improvvisamente su una nuova pagina, perdendo il segno su molte cose. La bellezza e la crudeltà del momento mi hanno fatto percorrere chilometri di strada tra casa e i lavori che sono arrivati cantando e piangendo, consumando cd che parlavano di me e per me di quel cambiamento, di quel dolore, di quella inaccettabile scelta, che fu anche mia, che fu condivisa. Voluta e respinta, giusta e sbagliata insieme.

C'è stato un dolore quotidiano fatto di luoghi schivati per sempre, amicizie immeritatamente troncate, liti collaterali senza senso. C'è stato il mio cuore rotto in mille pezzi che non ha trovato unità, ma solo frammenti di sentimento per molto tempo. Surrogati scambiati per prove generali di un evento che non si è mai realizzato, come sapevo, in fondo. Di comparse mai trasformate in attori, di metà ridotte a frazioni, usati e che hanno usato. E anche quando il vento ha portato a girare nuovamente le pagine di quel quaderno, violentemente, è finita male. Si è scomodata persino la morte: non potevo avere una riposta. E non la volevo nemmeno, avevo persino paura di chiedere. Sapevo che non mi sarebbe piaciuta.

E poi ci sono stati anni di fatica vera in cui sei sparito dal mio orizzonte, a parte qualche sporadica occasione, anni che solo la pandemia ha riscattato. E quel turbinio di pagine l'ho fermato io con la mano aperta, e invece di affidarmi al vento ho lasciato che questo soffiasse fuori da me. Non so se è stata magia, ma da quando quel cuore in balia della tempesta è comparso tatuato sulla mia pelle, tutto il nero che avevo dentro si è depositato sul fianco, immobile. Manca sempre una scritta, vicino a quel cuore, che è anche il titolo di una canzone che ascoltavamo insieme. E un giorno, ad un matrimonio, quella canzone è tornata e ho pianto le ultime lacrime. Tante, ma definitive.

Oggi non sento più dolore, finalmente. C'è voluta una giravolta lunghissima, ma è così, non so perchè, non so se è giusto o no, non so nemmeno cosa è giusto, tutto sommato. Mi restano tutte le cose belle, che sono anche mie, che attenuano tutte le colpe che mi sono inflitta. Il conoscerti e non conoscerti più insieme. Le mani e gli abbracci. E quegli occhi che mi vedono, e che vedo. Mi resta quella certezza che, in questo mondo che spesso fatico a riconoscere, c'è qualcuno che sa chi sono, anche quando nemmeno io ne sono così certa. Anche quando continuo a nascondermi. A partire, tornare e ripartire ancora. E, in definitiva, se gli anni passano, siamo e non siamo più gli stessi.

martedì 8 febbraio 2022

Candid atura

Gentilissimo, buongiorno,

mi permetto umilmente di scriverle questa email grazie alla gentilezza di un mio ex collega, che mi ha girato il suo contatto. Spero che sia stato avvisato prima di questa mia intenzione a scriverle; se così non fosse, mi scuso in anticipo e spero di non arrecarle nessun fastidio. 

Buongiorno! Come va? Spero che siano giorni bellissimi e mi auguro che anche oggi si prefiguri una giornata tranquilla e proficua. Glielo auguro di cuore. Mi duole disturbare i sui impegni che sicuramente sono importantissimi per sottoporle la mia candidatura. Nuovamente, se non fosse il momento opportuno, le chiedo scusa e la invito a dedicarsi a questa mia mail solo e quando ne avrà tempo. Mi scuso per l'uso del punto esclamativo nell'augurarle il buongiorno, non succederà più. 

Quando potrà, quindi, le chiedo di dedicare un minuto alle mie esperienze. Le invio anche una lettera di presentazione e tre pezzi di prova. Ma se questo le sembra eccessivo, la prego di scusarmi per il troppo zelo. 

La ringrazio infinitamente per la sua cortese attenzione, la saluto caramente e ancora non so come dimostrare la gratitudine per aver avuto la splendida opportunità di scriverle.



Probabilmente vivo su un pianeta parallelo, in cui le mail devono essere utili, immediate, dritte al punto. Mandare una mail con un CV, ricevere una telefonata e spiegare in tutta sincerità la situazione attuale non deve essere la via giusta. Aspettare una seconda chiamata il lunedì successivo, così come stabilito dall'altra parte del filo, deve avere un significato nascosto. Richiedere via mail perché il contatto professionale non è avvenuto e sapere successivamente che una semplice domanda è stata definita scortese mi pone delle domande. Come si fa? Cosa ho sbagliato?

Sono pronta con il quaderno degli appunti: prima o poi imparerò. 

E no: non sono pronta a un'operazione di cambio sesso. Accetto solo consigli efficaci per una donna.