martedì 30 marzo 2010

La nuova lottizzazione

Mi son voluta fare un po' del male, stamattina. Per motivi lavorativi ho vissuto poco i due giorni elettorali, che a Santo Stefano sono sempre uno spettacolo. E quindi ieri sera ho seguito lo spoglio on line, e stamattina ho acceso la tv, per vedere le reazioni, sviscerate in modi diversi, e sentire le opinioni dei protagonisti. Oltre a leggere gli aggiornamenti di stato del mio facebook.
Non ho capito due cose.
Tutti ringraziano: grazie per averci sostenuto (ed è la più normale delle reazioni). Ma anche: abbiamo perso, ma siamo contenti, grazie lo stesso. Pugili suonati distesi sul tappeto del ring mentre sputano due o tre denti, e ringraziano. Sì, Italiani, grazie per l'astensionismo, grazie per non avermi votato, ma tanto quei due o tre che dovevano entrare son entrati comunque, le poltroncine le abbiamo occupate, e poi è chiaro che anche loro hanno dei problemi, non li vedete? Son tutti divisi.
Intanto, dall'altra parte, i trenini non si son fermati da questa notte. E stamattina, oltre alla felicità, ricomincia a trasparire la solita arroganza: stia zitta, signora, lei mi sembra un po' confusa, disse Belpietro stamani. Siamo orgogliosissimi, siamo i più forti, siamo belli anche appena svegli, abbiamo denti bianchissimi. Quello che non vi diciamo è che quelli che hanno vinto davvero sono i leghisti, che sono nostri alleati, per l'amor di Dio, ma i piedi in testa, quelli, non se li fanno mettere. Quindi forse meglio aprire al PD, ma senza quella zanzara di Di Pietro.
E pensare a cosa sarebbe stato se il nome di Berlusconi fosse comparso in qualche angolo della scheda, perchè, come mi ha raccontato una presidente di seggio, ne han dovute annullare un buon numero con la sua preferenza. Come spiegarlo? Messaggi subliminari per le sciurette su Rete4?
Schermaglie neanche troppo violente, da romanzo di cappa e spada. La popolazione, come sempre, dopo essere servita allo scopo, torna nell'ombra.

mercoledì 24 marzo 2010

A me, e ai colleghi

Sono una giornalista professionista. Ho lavorato per la radio, la tv (locale, nazionale, pay), la web tv, la carta stampata, la carta virtuale. Le associazioni, di varia natura.
Non me la sto tirando: lo sto solo ricordando a me stessa. Perchè non bisogna perdere l'equilibrio quando ci sono persone che fanno di tutto per sminuire il tuo percorso, qualsiasi esso sia.

Ci sono momenti, come questo, in cui non sono più disposta a "guardare e passare". Questa che scrivo è la mia ultima amarezza, quindi.

Sono stata nominata direttora di un free press mensile, a ottobre. Una nomina che mi ha riempito di orgoglio e di responsabilità: potevo dimostrare il mio valore, potevo progettare qualcosa ex novo, potevo collaborare in team con altre persone e dare loro indicazioni.Un giornale da impostare da zero, tutto da leggere, tutto da correggere.
Perchè a livello locale ci sono notizie e informazioni che devi rendere interessanti e fluide, che non devono essere sfacciate marchette, che abbiano un senso compiuto in dieci righe e non in trecento, che non offendano nessuno.
Soprattutto che siano corrette: per il lettore, ed egoisticamente per me stessa, perchè con il poco pattuito non avrei neanche pagato la cancelleria del Tribunale, in caso di causa.

Ma. Eccolo, il problema. La redazione tutta sul mio computer, il conto delle parole, l'impaginazione, la riscrittura, pochi collaboratori (gratis, che disagio sentivo per loro), la pubblicità che manca, i fondi pure, e una fatica che inizia a tardare di essere ripagata. Un po' di pazienza, va bene, cerco di tollerare e di credere alle promesse: son tanto buona, no?
Poi le promesse iniziano a non essere mantenute e gli articoli ad essere saccheggiati per altre pubblicazioni, e nel frattempo nascono supplementi che vedo solo finiti, sotto la mia responsabilità. E' però quando iniziano a saltare appuntamenti con la parte editoriale, è quando si cerca di fare gli gnorri, è quando si sdrammatizza pietosamente cercando di far finire tutto a tarallucci e vino che la perdo, questa pazienza.

Siamo professionisti, ma non abbiamo tutele, finchè non troviamo il contratto della vita. Siamo un magma di sfruttati, sottopagati, sottovalutati. Dobbiamo aggrapparci quotidianamente a noi stessi per non essere travolti dallo sconforto, trovare soluzini professionali alternative. E anche quando cerchiamo di mantenere una certa etica ci sembra di nuotare controcorrente.
Controcorrente sia, le sfide ci esaltano, anche quando andiamo sott'acqua. Purchè non sia un'apnea troppo prolungata.

lunedì 22 marzo 2010

La coppia e il mercato

L'aspetto più bello del lavoro che mi sono sempre scelta è il contatto con tante persone. Sia che eserciti la mia professione, impresa abbastanza ardua in questi tempi, sia che mi dedichi al rapporto con il pubblico in genere.
Ora, io e il socio che mi sta accompagnando in questo marzo promozionale ne stiamo vedendo parecchia. E per superare i lunghi turni, i vuoti e i pieni, i tragitti in macchina sempre carichi di energia e ottimismo ci siamo inventati un giochino. Il giochino delle coppie.
Che novità, eh? Manco fossimo Sabina Ciuffini e Marco Predolin...e poi lui al Predolin non ci assomiglia manco di striscio, io con la Ciuffini ho in comune - quasi - il nome. Lasciamo perdere il paragone con Amanda Lear. Comunque.
Il gioco delle nostre coppie è più una valutazione sull'assortimento di quelle che ci vengono a trovare. Sorvolerei sulle reazioni di fronte al nuovo ritrovato tecnologico che io e Ale presentiamo (lui, gasatissimo al pensiero di giocare a 3D con la Play...o con la bava alla bocca pensando alle partite di calcio; lei, di solito, che già pensa alla morte dell'amore...e in effetti gli "occhialetti" rendono difficile pure un bacetto affettuoso), il nostro gioco è un simpatico giudizio a pelle, che scatta quando di fronte abbiamo tipi molto diversi: lei molto bella e lui molto brutto e viceversa, lui molto simpatico e lei molto poco o il contrario, lei molto sagace e lui un po' tonto e l'opposto.
Il gioco, ovviamente, non ci porta a nulla. Non compiliamo tabelle, non facciamo calcoli statistici, su questo, e non stimiamo di meno i nostri ospiti temporali. Se non altro, ci fa riflettere sulla nostra ricerca della felicità, che vorremmo totale, da sogno, perfetta il più possibile. Ma forse non è l'unico modo.
O forse, ognuno di noi ha insospettabili fette di mercato.

martedì 16 marzo 2010

La vita non è un film...eppure...

Sto frequentando assiduamente un cinema, in questo periodo, per lavoro. Più che un cinema, IL cinema, uno dei primi multisala della Provincia di Milano, l'Arcadia di Melzo.
Oggi pensarlo come un multisala fa quasi sorridere, perchè in confronto a certi mostri più recenti è piccolo, ha un negozio solo che vende libri e un bar che fa quasi esclusivamente pop corn. E poi ci siamo io e Alessandro per un special event.
Abbiamo fatto amicizia con tutti, in questo piccolo mondo fatto di ragazzi giovani e di adulti factotum. In una settimana abbiamo parlato con una quantità enorme di persone, che ci hanno dedicato il loro pre, o il loro post, cinema. E così, in alcuni momenti, abbiamo avuto di che parlare con più umanità contemporaneamente, per poi venire abbandonati di colpo a spettacoli iniziati.
Una fantastica alternanza di vuoti e di pieni. Di deserti e di sovraffollamenti. Di iperattività e di riposo. Splendida, e calzante, metafora della vita.

lunedì 8 marzo 2010

Auguri amiche

Non si può neanche festeggiare in pace.
Che se festeggi sei una poco di buono.
Che se non festeggi sei acida.
Allora vediamo un po' di fare chiarezza. Noi donne siamo donne sempre, cari amichetti maschi, e, fidatevi, non lo scopriamo improvvisamente un giorno specifico dell'anno, perchè, pensate un po', fa parte della nostra essenza esattamente come sentite voi la vostra mascolinità. Con una piccola differenza: siete voi a ricordarcelo spesso, e spesso come segno di debolezza. Una sensazione sgradevole, che noi non vi augureremmo mai.
Se stasera qualcuna festeggerà, buon per lei. In certi casi l'esagerazione di questo tipo di serata vien dal fatto che per poco per lo spazio di 3 ore, si scollega il cervello. Un dramma, eh?
Se alcune di noi non lo faranno, magari, sono più libere da preoccupazioni (per lo più familiari) o non ne sentono la necessità. Non ci vedo, allo stesso modo del caso precedente, proprio niente di male.
E' buffo prendere atto delle vostre posizioni, è triste constatare come vi fermate alla superficie di questa festa. Che, oggi, non ci siamo inventate noi, ma che porta, nella sua essenza, un passato non proprio roseo.
Lasciateci essere frivole, lasciateci essere noi stesse.