mercoledì 30 settembre 2009

Il Passaporto Fenice

Morte e resurezione di un passaporto. E' stata una mattinata davvero slow. Avevo del tempo, del tempo da sprecare, per fortuna. Perchè se non fosse stato così avrei imprecato più, e più, e più volte. Ma non dovevo correre. E ho fatto anche relativamente in fretta.

Il rinnovo del passaporto, ad ogni modo, passa dal fotografo per le fototessere, da un bancomat che rifornisca dei 100 € necessari per affrontare una marca da bollo, un bollettino postale, dei diritti di segreteria comunale. E passa da casa per recuperare il vecchio passaporto, dimenticato; e ripassa dal Comune dove nel frattempo la solerte Monica ha ricompilato la domanda che avevo già perso in posta.

A pensarci bene, però, la gestazione di questo nuovo documento che mi permetterà di volare oltreoceano è stata meno travagliata della prima, l'originaria, che mi permise di attraversare il mondo dalla parte opposta e di passare il Millenium Eve in canottiera con la sorellina.
Allora la notizia del fantastico viaggio arrivò a novembre inoltrato, e la paura di non farcela per dicembre mi fece camminare per mezza Milano insieme a due compagni di bisogno, sudare freddo freddo e poi affidarmi alle salvifiche mani di una conoscente di un conoscente che lavorava nell'ufficio giusto. Brividi che in confronto all'arrivo in extremis dei biglietti per la terra dei canguri facevano quasi ridere.

Ma questa è un'altra storia.

martedì 29 settembre 2009

Obiettivo Ikea

Finalmente la mia casa ha i sottofondi. No, non i pavimenti. E nemmeno le finestre. E nemmeno, ovviamente, i sanitari (bellissimi, quelli di capitolato). I sottofondi hanno comunque il loro perchè. Coprono quei serpentoni di cemento che proteggono i tubi e ti permettono di girare lo sguardo su quelle quattro mura senza inciampare continuamente.

Il tempo passa, dunque. La primavera arriverà e, se non mi sbrigo, finirà che mi consegneranno la casa e che invece di godere della gioia, che cresce e che sto assaporando ogni giorno di più, avrò i pensieri occupati dal mutuo e dalle sistemazioni in extremis.

E allora...domani mi chiuderò all'Ikea. Giorno libero, di mercoledì, perfetto per istallarmi davanti ad uno dei loro computer e sognare, ancora di più. La cucina rossa e bianca. La cabina armadio che finalmente accoglierà le mie scarpe tutte in un solo luogo (e la cosa pare davvero incredibile). Il resto c'è o può aspettare. Il resto sarò io!

domenica 27 settembre 2009

Incontri straordinari

I supereroi esistono.
Io ho incontrato il mio Superman. Di giorno, al lavoro, lui è Clark Kent. In completo, camicia chiara, cravatta all'occorrenza, gli immancabili occhiali. Un lavoro importante, un incarico di responsabilità, pur essendo giovane. Perchè nel suo campo è uno squalo. Non delude mai, perchè il primo a non accontentarsi è proprio lui. Tutto deve essere perfetto. Già in questo traspare il suo alter ego.
L'alter, comunque, non ha bisogno del costume, per manifestarsi. Certo, fuori dall'ufficio cambia lo stile, si fa più rilassato, ma da qui in poi inizia una vera vita parallela. Amici, lo studio, la musica, il cibo, la palestra. Ottimo cuoco, ottimo conversatore, grande fascino. Ex professore universitario, quello che tutte avremmo voluto sul nostro iter scolastico.
Del supereoe ha anche la debolezza: quello di non accontentarsi mai, di correre da outsider, di cercare sempre il meglio. Fermo mai, forse a breve neanche più a Milano. Vola, dunque. Anche senza mantello.
Questi eroi. Invincibili, e fragili insieme. Impossibile non restarne affascinati.

giovedì 24 settembre 2009

Non scherziamo. O sì?

Non voglio credere che certi atteggiamenti si acquistano per contatto quotidiano, attraverso mille canali, con il velinismo, il machismo, la mercificazione...bla bla bla.
Non lo voglio credere, lo combatto con tutta me stessa.
Non è possibile che uomo e donna, per relazionarsi, debbano sempre tener ben a mente un modello, una tendenza, che oscilla pericolosamente tra il tabù della tradizione e la trasgressione estrema e direi gratuita. Tra quello che "non sta bene fare", e quello che va bene perchè ormai fanno tutti. Eppure...
Trovo che ci sia una perdita di spontaneità, nei rapporti. Tra donna e uomo, ma anche tra donna e donna. Una donna non può essere simpatica senza filtro, senza l'occhio gattone, il broncetto, senza fingere di cambiare umore o di scandalizzarsi se gli argomenti son leggeri. Non si può. Perchè, se lo fai, sei guardata come un animale raro. O comunque se sorridi troppo o sei stupida, o sei facile, o entrambe le cose. Se lo fai con una donna, scatta immediatamente la tagliola dell'invidia. Ne senti quasi il rumore secco. Stac! Ed è quasi peggio!
Per fortuna non è sempre così. Per fortuna ci sono gli amici (maliziosi comunque, ma amici), e ci sono soprattutto le amiche. Che ridono come te, che scendono sempre a patti con la propria autostima e che son sempre pronte ad ascoltarti. Sfogliano giornali e guardano, come te, machismi e velinismi. Ma li lasciano lì, in un angolino. E ritorni ad essere te stessa.

mercoledì 23 settembre 2009

Consigli (non richiesti) dalla regia

Lavorare in un ambiente informale non sempre porta solo vantaggi.
Di solito va tutto bene e questo contribuisce, in fretta, alla cosituzione di un clima sereno, allegro, sempre un po' scherzoso. Il problema è che quando ci sono dei problemi non si sa bene come affrontarli, e il clima cambia repentinamente, diventando glaciale. E quelle battute che prima erano così leggere e scherzose suonano davvero di cattivo gusto.
Mercoledì scorso non è suonata la sveglia. Capita, se non fosse che avevo il turno del mattino in radio, che sarei dovuta essere al lavoro per le 5.45 e che alle 6.22 mi avesse chiamato il collega che non mi aveva trovato, dopo il buco del primo appuntamento. Se non fosse che pioveva, che avessi una corsa pazza in autostrada da fare, che non mi fossi lavata neanche la faccia per non perdere mezzo minuto. Mortificazione a mille. Colpa assolutamente mia.
E qui scattano i consigli, dai responsabili informali. Un "metti due sveglie" che potrebbe anche passare. Ma la considerazione per cui "se ho l'alba al mattino, alla sera non esco a bere" ha leggermente stonato. Va bene che sono bellissima e piena di corteggiatori (sicuro), ma certe insinuazioni alla mia vita non professionale sanno sempre un po' di maschilismo spicciolo.

martedì 22 settembre 2009

Guida pericolosa

Ci sono momenti in cui si arriva a pensare di essere diventati un bel po' cinici. Un sacco, cinici. Io pensavo di essere diventata simpatica come Miranda Hobbes, quando nacque Brady e lei allontanò l'infermiera che continuava a squittire. Una single abbastanza caratterizzata, simpatica, ma evasiva e poco incline al romanticismo. Un bel diesel che pensa al lavoro, avviato sul viale dei trent'anni.
Pensavo. Non che il diesel non abbia avuto degli sbandamenti. Certo che ci sono stati, ma non tanto da uscir di carreggiata.
Ma ci sono curve improvvise, su questa strada. Curve che vedi all'ultimo momento, perchè sei così sicura della tua andatura da crociera che quasi ti distrai a regolare il volume della radio, a guardare il paesaggio, a vedere i tuoi amici che si sposano, hanno figli, che vivono in una società di coppie. Mentre tu guidi da sola, e te la godi, la solitudine. Solo a tratti ti pesa un po'.
Ed ecco la curva. Un curvone. A gomito, che ad un certo punto cambia angolazione e non la tieni più.
Che succede allora? Dipende. Se stavi andando piano, se rispettavi il limite, si prende al limite un guard rail, ci si ammacca un po', ma poi...basta un po' di tempo, un buon carozziere e via di nuovo sulla strada. Qualcuno, fatalista, potrebbe pensare che se è il tuo momento, il momento giusto, non c'è molto da fare. Forse la velocità eccessiva con cui la prendi, questa curva, ti fa ribaltare e ti fa ricordare l'episodio per molto, molto tempo, ma non ti farà desistere dal tornare alla guida, dolorante, ma pian piano come prima; forse solo un po' delusa dalla tua incapacità di mantenere la strada, forse indispettita per come sei finita.
Magari non è il momento. Ma il cuore fa un balzo lo stesso. E si ha paura. Una paura che annoda le parole prima così fluide, anche importanti. Che smarrisce. Che ti lascia lì, sul ciglio della strada, a non sapere cosa fare.

lunedì 21 settembre 2009

Costretti allo spreco

Arriva il digitale terrestre.
Ah, ma signora, lei non sa quanti vantaggi ci saranno in più: più canali, più infomazione, più musica, insomma, non si sentirà mai sola. E poi, vuole mettere la qualità di queste immagini? Decisamente migliore. Le sembrerà di stare dentro il televisore.
Peccato che la signora, occhi azzurri, capelli candidi elegantemente pettinati all'indietro, vecchia a suo dire e con un grande senso dell'umorismo, abbia uno splendido televisore da vent'anni, che funziona molto bene, ha dei bellissimi colori e un audio cristallino. Peccato che il suddetto televisore non abbia una presa scart o qualcosa che lo possa collegare ad un decoder digitale (che non viene regalato, anzi), e che l'unica soluzione, per lei, sarà comunque quella di gettarlo via.
Quanti come lei? Moltissimi. Che si dovranno rassegnare a far rientrare nelle spese, e nel bilancio fatto di una, o due pensioni, una nuova tv. Che dovranno pagare, per farsela portare a casa, pagare, per farsela installare, pagare, per farsi portar via il vecchio tubone catodico. O che forse potranno comprarsi solo il decoder e imparare ad usare due telecomandi, o a districarsi con i fili del decoder, del lettore dvd, delle scart che si incrociano tra l'uno e l'altro apparecchio.
Come complicare la vita a persone che passano parte del loro tempo davanti alla tv. Salve, se hanno nipoti o figli a correre loro in soccorso. Sicuramente un pochino più povere. Guarda caso.

giovedì 17 settembre 2009

Supercafone

Da trentenne in continuo equilibrio professionale e personale, leggo i giornali, mi guardo intorno, mi scontro con la realtà delle cose, che spesso è declinata al maschile, è vero. Ma, orgogliosa forse, cerco di non farci caso. O meglio, voglio continuare a credere alle mie potenzialità, voglio continuare a contare sulle mie forze, voglio che questi pensieri non siano nè una scusa, nè un eccessivo motivo di lamentele. E sono in buona compagnia, in compagnia di donne che vivono come me, la pensano come me. Belle trentenni che cercano in tutti i modi di godersi quello che hanno.
Ci sono circostanze, però, in cui il genio femminile quasi ci gode a farsi calpestare, a rendersi ridicole. Allo stadio, per esempio. A parte qualche magnifica creatura che strapperebbe un apprezzamento anche dalla più invidiosa delle vipere, esiste una strana fauna che in maniera plateale non è affatto interessata a ciò che accade dentro il rettangolo di gioco. Donne bellissime ma maleducatissime, che masticano la loro gomma a mascella spalancata (forse qualcuno avrà raccontato loro che potrebbe far dimagrire), che schiamazzano al telefono o si gettano al collo di una serie di damerini. Donne plastificate, e anche molto, che diventano orribili e si coprono pochissimo, suscitando più pena che invidia. Donne taccatissime che faticano a scendere e salire la scala che porta alla tribuna, o svestitissime anche in inverno. Donne, insomma, che fanno di tutto per trasformarsi in oggetti.
La Pavone, di questi tempi, non si sarebbe domandata neanche perchè. Non solo la domenica, alla partita di pallone.

lunedì 14 settembre 2009

L'Amor maiuscolo

Avvertenza per chi vuole avventurarsi nella lettura di questo post: è un pensiero da vecchia zitella. Siete avvisati!

Sabato si è sposato il cugino più prossimo a me e mia sorella. Per la prima volta, forse, io e lei non eravamo la generazione più giovane, e la cosa ci ha fatto uno strano effetto, ma non ci ha impedito di divertirci come delle matte. Tanto è vero che la giornata è passata come un lampo e non abbiamo avuto neanche il timore di addormentarci tra una portata e l'altra del ristorante. E' volata in allegria.
Sono una coppia davvero giovane, per i nostri tempi. Si conoscono da molto, e ci siamo rese conto, io e la Manu, che questi due sono proprio complementari.
Sabato, quindi, l'ho visto. Era lì, è rimasto con noi per tutta la giornata. Parlo dell'Amore. Quello che ti lascia lì, appoggiato ad un tavolo, a bordo della scena, a osservare e sorridere. Quello che ammiri, di cui non puoi essere geloso, perchè è splendente, allegro, coinvolgente. Lo vedi nei loro occhi, come si guardano, come posano la mano l'uno sulla spalla dell'altro, come confermano la loro scelta di vita. Come non è possessivo, perchè non ne ha bisogno. E' di una sincerità disarmante, anzi.
Un'altra volta lo avevo visto, poco tempo fa. Il giorno della nascita di Camilla. Era lì, in quella stanza di ospedale, negli occhi dei suoi genitori. Era a brezza leggera, in quel giorno caldissimo. Sono rimasta lì a guardare, anche quella volta, forse rubando un po' di intimità alla piccola famiglia appena formata, ma non ne potevo fare a meno. L'Amore. Maiuscolo. Esiste, ne ho le prove. Non mi posso accontentare.

venerdì 11 settembre 2009

Racconto dal treno

E' un peccato che, ultimamente, prenda poco il treno. Ci sono sempre storie interessanti da raccogliere. Meno la sera, quando si torna stanchi da una giornata lavorativa, nei propri abiti da ufficio un po' sgualciti e lo sguardo appannato, languido, mezzo chiuso e tutto concentrato su una lettura. Più al mattino, perchè se il treno ritarda si sa di che parlare, se è in orario si spazia sugli argomenti più vari. Questa mattina c'era un gruppo di donne. Una sarta che lavora per un famoso programma tv, una giornalista che lavora in redazione, un'impegata.
La sarta parlava della pesante macchina che sta dietro ogni puntata, di prove, ballerine, ospiti e tessuti, di come la testa sia già partita, nonostante la stagione televisiva sia solo all'inizio, come nei peggiori dei logoramenti nervosi da lavoro prolungato.
La giornalista parlava della sua redazione sempre più a ranghi ridotti, e dell'ultima riunione in cui i "responsabili" hanno intimato a tutti di scordarsi del concetto di contratto a tempo indeterminato.
L'impiegata ascoltava. Equilibrava. Chiedeva.
La prima diceva che forse la testa era ancora in vacanza, la seconda parlava del caos, dell'incertezza lavorativa, la terza obiettava che, tutto sommato, un contratto corto poteva anche essere uno stimolo. Potrei essere d'accordo con lei, se il mondo del lavoro li offrisse, questi stimoli. Ma le altre due, l'una elegantissima e con cane al seguito, l'altra più pratica e pronta a scattare fuori alla fermata, si sono dette stanche.
Stanche, loro. Figuriamoci chi ci naviga, nel mare dell'incertezza.

mercoledì 9 settembre 2009

Il mio 9 settembre (con prequel)

Ieri sera ho bucato.
Pensavo fosse dovuto alla mia bella abitudine di trovare parcheggi impossibili, anche su marciapiedi altissimi, esattamente come ieri, in serata, quando sono andata a trovare l'amica Fede due traverse più in là del lavoro. Un parcheggio in retro centrando perfettamente lo scivolo, una discesa che...non ha avuto la stessa precisione. E mentre guidavo verso Lampugnano e il mio prossimo appuntamento serale con Silvia e un'altra manciata di amici, con un occhio al trucco e un orecchio ai rumori della mia autovettura, ho avuto anche il tempo di vergognarmi dell'uso...un po' troppo utilitaristico che faccio dell'auto. In questo non arriverò mai a capire la dediziosa cura, il rapporto quasi umanizzato che un uomo ha con la sua quattroruote, pardon gioiello, pardon pezzo unico. C'è sempre subito altro a occupare la mia mente, quando mi rendo conto che ci sarebbe bisogno di una bella lavata.
Tornando a ieri sera, comunque, arrivo, parcheggio e la guardo, entro alla festa ma poi esco e torno a guardare dubbiosa la gomma, la sposto fuori dal parcheggio, rientro alla festa. E quando ci riesco definitivamente eccola là, la gomma, desolatamente a terra. Che fare, se non chiamare un angelo salvatore (uomo), che arriva, sfodera un compressorino portatile e pian piano mi scorta fino a casa? Sto già sospirando di sollievo, quando "Domattina le dai un'altra gonfiata e vai dal gommista"...mi gela.
Ed eccomi stamani, pantaloni bianchi e camicia azzurra, cimentarmi nel gonfiaggio di emergenza e arrivare trionfante dal gommista, che mentre toglie la vite assassina e mi parla di calcio giovanile, non bada alla patina grigia che ricopre la macchina e me la restituisce velocemente. E io torno alla guida, fiera della mia impresa mattutina e dei miei parcheggi, con la testa già piena di altre mille cose. E...sì, non la laverò neanche oggi. D'altronde, la visita alla casa nuova, il rifornimento di carburante, il bancomat e il cappuccino al bar, un'ora a stirare, l'aspirapolvere, l'estetista, il ritiro dalla camiciaia e lo shampoo, e infine il lavoro, sarebbero impensabili, per un uomo.
...

martedì 8 settembre 2009

Donne, nemiche delle donne

A tratti rifletto sulla facilità delle persone di emettere giudizi, spesso trancianti, spesso definitivi, per cui non vale il "fino a prova contraria". Rifletto sulla pigrizia di usare il cervello, sulla ritenuta inutilità di pensare che, forse, esiste il rovescio della medaglia. E ancora una volta - e mi rendo conto di essere ripetitiva - il fatto di essere donna, in certi campi, fa sì che il senso unico sia la sola direzione obbligatoria.
La ministra Carfagna parla in questi giorni di machismo, eppure io penso che sia la mancanza di solidarietà femminile il vero male. Quella che, di fronte al pettegolezzo, fa cadere anche l'amicizia (va bene, fragile), quella che fa dubitare le madri (va bene, è il loro ruolo), quella che ti rende pietra di paragone con vite giuste e perfette (va bene, più facile vedere la pagliuzza nell'occhio altrui).
Ieri sera ero tra donne di diverse generazioni: una nonna, una madre e una figlia. La nonna ci ha raccontato di una sua compaesana che, anni fa, sospettò del tradimento del marito e cercò di indagare. Lo fece nella sua piccola comunità lacustre, cui il marito, scoperto ma combattivo, raccontò che la moglie stava impazzendo, anzi, che lo era, matta da legare. Che notiziola succulenta, devono aver pensato i compari, e soprattutto le comari, lì intente a parlarsi all'orecchio a bordo stradina, con la mano a coprire la bocca e lo sguardo puntato sull'ammattita.
Che peso hanno avuto quegli sguardi, e quelle passeggiate deviate al suo passaggio? Moltissimo, tanto da indurla a tagliarsi le vene. Soccorsa dal premuroso marito, la donna ottenne quello che si meritava: la reclusione all'allora manicomio di Novara.
C'è lieto fine, in questa storia? Dopo qualche tempo le suore capirono che la donna non era affatto matta e la rimandarono a casa. Il marito, non avendo altre vie di scampo, la ricoprì d'oro, comprando la coscienza di entrambi.
Non credo che da allora vissero felici e contenti, non credo che la storia fu dimenticata facilmente, non credo che le comari smisero di bisbigliare negli angoli. Di diverso da ora c'è solo la chiusura dei manicomi.