mercoledì 26 ottobre 2022

Natalità, t'avessi preso prima

Chissà se mai nel corso della mia vita sentirò parlare di fondi di sostegno ai single. Là dove non avere accanto compagni di genere vario ma con un legame certificato per Decreto Regio Albertino, meglio se ereditato dalla dinastia Borbonica, non sia un sinonimo più prosaico, ma solo di poco, di "sò zzi tua".

La famiglia. Io so cosa ci rovina: il Mulino Bianco, sempre quello. Niente ci salva dall'immagine a tinte pastello di una famiglia con un figlio (ma è meglio due, eccezionale se tre) bellissima sempre, senza un capello fuori posto e dall'alito impeccabile. Questa luce che si irradia da quel luogo dalla pala rotante che illumina tutte le esistenze delle famiglie, che noi single guardiamo dai bordi, contro il muro, braccia dietro la schiena e capo leggermente chino e cosparso di cenere. 

Che oltre all'osservazione silente di una condivisione famigliare non possiamo fare, se non guadagnare quanto più possibile per permetterci questa onta di zitellare. Vergogna da lavare con il lusso non richiesto di non rientrare in nessun sgravio. Nessun assegno famigliare, nessuno a carico, nessun incentivo, nessun bonus, neanche un caffè. Che se poi hai comprato la casa e te la stai pagando tutta intera, o una macchina, il tuo ISEE è fuori da qualsiasi discussione. E' come avere lo scudo magnetico: nessun aiuto può esser d'aiuto. 

E allora, scemo di single, pedala. Se poi ti rifiuti di dipendere come una sede distaccata da mangiare e lavare i panni da mammà, pedala anche più velocemente. O sei quadro o ti trasformi per giornate intere in un suppellettile da appartamento per spendere il meno possibile. Anche se, se il pedalare fosse fisico e non mentale, metterebbe a tacere e a riposo quell'ammasso di preoccupazioni che non perdono di vista la cifra del conto corrente in nessun giorno dell'anno. Altro che non aver una mazza a cui pensare, come mi ha detto un'amica: non, è una giungla che non le auguro. 

E neanche non aver niente da fare. Perchè, potendolo nel lecito, il single farebbe un paio di lavori in contemporanea sempre. Ma non si può. E quindi si resta sempre lì, "da definire", come la dicitura ormai standard di tutti gli annunci di lavoro che decantano tra gli skills flessibilità e risoluzione dei problemi per poi classificarti sempre come un junior. Soli ed eterni adolescenti, quindi. Se ci fosse la versione mono del Mulino Bianco, insomma, da quell'irradiamento perfetto a tinte pastello non si scamperebbe neanche così. 

E allora le cose sono due: ingoiare l'orgoglio come se fosse olio di ricino (che di questi tempi) e tornare a farsi coccolare dai genitori, a tutte le età. Salvo poi avere gli incubi su chi penserà a chi verrà dopo di me. Anche se per fortuna inizio ad essere fuori tempo, così da non aver sulla coscienza nessuna giovinezza futura sotto i ponti. Sempre che riesca comunque a vedere quella dei nipoti e non finire sul rogo prima, da paria non categorizzabile in nulla. 

L'altra opzione sarebbe quella di fare il mestiere che permette di vivere e punto. Senza ambizioni, senza sogni, da ritagliare come stelle e attaccare in un firmamento parallelo, piccolo e limitato, senza reddito e senza dolore. Poche ore da isolare dal resto della vita. Ma che vita è, questo patchwork senza sentimento? Chissà. E pensare che c'è chi pensa che un figlio (a qualsiasi condizione) distragga dalla propria idea di felicità. "Fidate", per dirla come sopra: il pupo mica è stupido.