lunedì 27 giugno 2011

You are the Dancing Queen

Dovrebbe essere sempre così. Sposarsi quando si è certi che la persona che hai di fianco è La Persona. Ma non solo. Quando si è certi che non lo fai per metterti l'abito bianco, per far cassa, arredare casa, aver la scusa di un viaggio, o perchè se no mancano le motivazioni per andare avanti, o che magari si ha voglia di un figlio che però nasca in una "vera" famiglia. "Vera" quando poi a sfuggire è la motivazione di fondo. Farlo per celebrare davvero l'Amore.

Sabato ho avuto la fortuna e lo speciale privilegio di assistere alla celebrazione di questo vero Amore. Tra due persone che si conoscono da vent'anni. Judith è capitata in Italia con l'Erasmus e ha conosciuto Stefano, che allora la sapeva lunga. Ma avete idea di quante vicissitudini? No, e neanche io. Lontani e vicini, vacanze e fughe, pianti e gioie da vivere tutte d'un fiato, ripensamenti e ritorni, pause e inseguimenti. E poi basta: lui va a vivere a Barcellona. Fa un mestiere, poi lo cambia per lei. Tre figli, tre maschietti, una quarta sognata e inseguita.

E allora, e finalmente, e dopo tutto questo, e dopo la vita, dopo. Eccolo il matrimonio. Qui, perchè è giusto celebrare là dove tutto ha avuto inizio e fioritura. Con tanti invitati, tutti. Un centinaio dalla Spagna, fratelli e sorelle, compresa quella che ora abita in Germania e che in chiesa (in chiesa! piena di noi e di molte altre persone, venute ad assistere all'evento, a questo Amore) legge di calme e tempeste, e di fiori che ogni primavera tornano a sbocciare. Catalano e spagnolo e dialetti che si incrociano, e un'allegria autentica.
Un matrimonio perfetto, in un luogo da favola, che tutti dovrebbero almeno sognare una volta nella vita. Un marito assolutamente felice, una moglie che si incita da sola al bacio e ci guarda tutti negli occhi.

Sì, dovrebbe essere sempre così. Quando si può, e si può davvero goderne. Quando ti diverte tutto: l'entrata degli sposi sulle note di Bad Romance, il divieto assoluto per gli uomini di togliere la giacca prima che lo faccia lo sposo, la consegna - e non il lancio - del bouquet, il monovolume nuziale totalmente incellofanato. E scrutare le stelle, in quest'estate finalmente iniziata, e stupirsi di trovarle così brillanti.

venerdì 24 giugno 2011

Mi hanno detto

Mi hanno detto.
Quanto odio le frasi che iniziano così. Facile nascondersi dietro opinioni generiche altrui, o presunte altrui, facendo a meno di quello che ci distingue: il pensiero critico, quello che noi pensiamo.
Mi hanno detto, e mi dicono continuamente, che i giornalisti sono una categoria strana. Tse, questi giornalisti. Alla caccia della notiziabilità, a tutti i costi.
A volte ci credo, a questo "mi hanno detto". Tipo oggi, quando un quotidiano online ha usato come titolo un truculentissimo "Sesso e coltelli" su un fatto di cronaca nerissimo e vicinissimo. Rispondendo in pieno a quello che insegnano nelle scuole di giornalismo, e cioè che sesso e sangue, insieme ai soldi, costituiscono la perfetta allitterazione da prima pagina. Come ben sanno i giornali locali, che ne fanno ampio uso per sopravvivere.
Nella teoria, niente da dire. Nella pratica, moltissimo. Due ventenni, fratelli, uccisi in due modi diversi ed entrambi tremendi da un terzo ventenne, fidanzato di lei.
Venti anni. Spezzati. Come i cuori dei loro genitori. Gioventù stroncate all'alba e raccontate con dovizia di particolari nell'arco di tutto questo assolato 24 giugno.
In serata ho fatto un salto sul facebook della ragazza e ho scoperto un amico in comune. Ma più di tutto, ho scoperto due occhi azzurri e un viso bellissimo e tante foto, e tanti commenti, in una bacheca che nessuno ha provveduto a bloccare. E un mentecatto che non ha mancato di intasare, postando su ogni messaggio degli amici lo stesso, stupido pensiero delirante sui ragazzi che crescono a pane e Mediaset.
Anni fa, in una certa redazione, c'era una giornalista che credeva di fare il suo mestiere con la G maiuscola che si fregava le mani davanti a tragedie di questo genere. Una mosca bianca, per fortuna. Tutti la guardavano inorriditi, cercando di non ascoltare i compiaciuti commenti ad ogni aggiornamento di agenzia. C'era poi un'altra parte di redazione, quella con la r minuscola perchè faceva informazione di servizio, che quando parlava di blocchi ferroviari o di problemi alla metropolitana non si azzardava nemmeno di striscio a menzionarne il motivo, se questo era un suicidio.
E poi subisci. Mi hanno detto...cresciuti a pane e Mediaset...siete tutti uguali.
Tse, questi giornalisti.

giovedì 16 giugno 2011

Mici che abbaiano

Tu pensi di avere dei gatti, in casa. Uno, poi, vive con te dal 2000, e quindi dovresti conoscerlo in tutta la sua gattità. L'altra è arrivata dopo, molto dopo, ed è tutta pepe, crea scompiglio ma poi con una coccola ti scioglie.
Gatti, comunque, GATTI. Indipendenti, ruffiani, solitari, addormentati, pelosi socievoli a tratti e a tratti no.
Pensavo di averne due alla casa madre, dunque.
Ma mi sbagliavo.
L'altra sera i miei sono usciti per un gelato. Vicino casa, sì e no 150 metri più in là del cancelletto. E hanno incontrato degli amici, che hanno accompagnato a casa, passeggiando e chiacchierando, 200 metri oltre casa, ma dalla parte opposta. Ci sono passati davanti, dunque.
E questi due hanno pensato bene di seguirli. Un passo loro, un passo i quadrupedi. Fermi loro, statuette di sale i due. Mamma se n'è accorta e li ha sgridati, come si fa con i bambini: non state in mezzo alla strada! Tornate a casa! Ma loro niente, passeggiatina con "i nonni".
No, non come si fa con i bambini. Come si fa con i cani.
Già mi era venuto qualche dubbio quando avevo insegnato a Ciccio (l'anziano) a bere dal rubinetto. O quando mi risponde, quando gli parlo.
Quando si dice: aver delle certezze e vederle crollare...

sabato 11 giugno 2011

Fama

Stasera ero in un locale all'aperto che il buon Alberto apre e chiude in giro con una facilità funambolica. Le facce son le stesse, ma questo, invece di infastidire, ha un che di rassicurante. Un ambiente bello, leggermente patinato, ma familiare al tempo stesso. Non facile da ottenere, e riuscitissimo.
Ad ogni modo, ero lì con amici, e ho incontrato altri amici, e altre amiche, con alcune ci sono anche cresciuta. E stasera, tra le altre cose, mi è arrivata all'orecchio una considerazione che è emersa anche in altre occasioni e che mi riguarda, e che ultimamente ho sentito spesso.
Insomma, la reputazione mi precede. Quella di essere una facile.
Ancora una volta, ho riso di gusto.
Ancora una volta mi sono detta: ma magari, visto che questo pare debba essere.
Non riesco a non riderne, perchè so come appaio. Una ragazza allegra, sempre sorridente, con lo sguardo furbo. Peccato che la realtà sia spesso diversa. Ma la mia espansività non aiuta, per niente. "Troppa confidenza fa perdere la riverenza". Ho imparato a mie spese che il detto ha solide basi di verità. Non può essere che così.
Peccato. Perchè ci si lamenta delle inutili barriere che spesso si ergono tra i sessi, quelle che fanno gridare, insomma, alla "figa-di-legno". Contenti voi, insomma, contenti tutti. Tenetevi le vostre belle mascherine. E certo che siete ben strani...
Mi faccio beffe di certe opinioni. Perchè tali sono. Doxa, come dicevano i greci. Libere di essere espresse e di mutare. Che durano il tempo di un soffio.

martedì 7 giugno 2011

Mal di cuore

L'ho incontrata questa mattina a Milano. Lei è arrivata e mi ha aspettato, poi abbiamo preso l'ombrello e abbiamo passeggiato tanto, a lungo, strette sotto la pioggia. Ci mancavamo, io e lei, ed è stato logico vederci in città.
E, forse, per la prima volta nella nostra vita, non siamo riuscite a vedere altro che la pioggia.

Noi due amiamo questa città, tantissimo. L'abbiamo amata da subito, fin dai nostri anni di università. Ci è sempre piaciuta in maniera viscerale, ci abbiamo macinato i chilometri dentro, sopra e sotto, in tanti modi diversi.

Ma oggi no. O forse ci siamo sentite così "a casa", una casa davvero adeguata per parlare di noi, che l'altra lei, la città, se n'è rimasta zitta sullo sfondo, dietro quel velo di pioggia.
Era troppo rumoroso quello che avevamo dentro. Lo abbiamo espresso con un milione di parole, lo conosciamo bene entrambe, lo condividiamo per farci forza a vicenda.

Eppure lo sappiamo benissimo. Siamo state sempre allegre, simpatiche, positive, spontanee. Fiduciose. Affamate di sapere, consapevoli di un valore da raggiungere, di competenze. Decisamente responsabili.
Tutta fatica sprecata. Tutto rimpianto, tutta ansia, tutta rabbia.
Siamo state derubate. Nessuno ci risarcirà. Ci siamo chieste chi ci renderà indietro questo tempo agitato. Ma forse non è neanche il caso di chiederselo, meglio ignorarlo, come si ignorano i "buoni consigli" di chi pensa di saperla più lunga di te.

Sarà questione di culo, forse. O di Karma, come mi ha poi detto Francesca. Lo stesso che ci spinge comunque avanti, a provare e riprovare, e a ritrovarci a passare ore tra un milione di parole, in questa città che adoriamo. Dove non può piovere per sempre.

domenica 5 giugno 2011

Draghi

C'è sempre un drago contro cui combattere.
Il mio ha le sembianze della solitudine. Eppure dovrei esserci abituata, ormai. Sono anni che faccio i conti con me.

Ma forse non è nemmeno quello il punto.
Il punto è essere sempre fuori posto, in un altro tempo e in un altro spazio, in una dimensione diversa, con una marcia diversa, senza credibilità.