domenica 30 settembre 2012

Dammi spazio, che non riesco a ballare

Mi chiedo perchè ci sono cose che non posso fare.
Io, l'emblema del volereèpotere.
Laurea, esame di Stato, radio, tv, carta stampata, web.
Mancata dipendente D&G, assicuratrice assunta fin dal primo colloquio, operaia, commessa, potenziale professoressa. Giornalaia buona per lo sberleffo.
Io, che mi ricordo di tutto e di tutti, tranne che di voler bene a me stessa.
Che scordo la gioia, per correre e correre. Con gli altri che mi lasciano scappare, per non disturbare.
Con gli altri che ringraziano e se ne vanno, perchè il dare per avere dev'essere una strategia economica che mal si applica a questo pazzo cuore. Del resto, ho sempre fatto pietà nelle materie scientifiche, più scritto di così si muore.
E così le mie passioni restano lì. Dietro quella vetrina che scintilla cui i bambini poggiano il naso, mentre al di qua ci sono solo passi frettolosi, chilometri da percorrere, orari da rispettare, freddo.
Sognavo una carriera nello sport, ma poi mi guardo allo specchio e i nuovi amici si meravigliano, quando parlo della mia atletica gioventù.
Sognavo di parlare, di sport, ma tutto è rimasto racchiuso nel libro foderato di raso rosso che discussi 8 anni fa, gesticolando davanti ad Aldo Grasso (e che non lesse neanche lui).
Sognavo di occuparmi di cultura, e posso ringraziare solo Pamela, che mi volle a moderare la sua prima opera letteraria. Una serata bellissima e unica.
Sognavo di viaggiare per lavoro. 
Nei primi post di questo blog c'è la spiegazione del soprannome che mi ha dato il mio migliore amico: Ansia.
Tanto, troppo, senza spazio per me. Baccano che non si può ballare, spettacolo che non si può godere, riconoscimento che non riesco nemmeno ad avvistare all'orizzonte. Motivazioni che girano a mulinello, come le foglie che, pure nel canale più snello e impetuoso, indugiano nervose all'imboccatura del sotto ponte. 
Flessuosa e impacciata, il doppio è nel mio DNA.
Ma, del resto, Saturno e Urano sono magnifici.

giovedì 27 settembre 2012

80 voglia di sapere

Oggi è il compleanno della nonna. 
Una donnina piccola, smilza, e cazzutissima che compie 80 anni. 
Pochi gesti d'affetto, tanto pragmatismo. Accentuati dal fatto che vive a 1350 km da me, oggi, come sempre. Niente pomeriggi insieme, niente passeggiate, niente merende, insomma. La nonna Rosa, a distanza, ha sempre avuto la sua vita fatta di lavoro nei campi, chiesa, mercato la domenica, spesa, sorelle, figli, il nonno, finchè non è volato via. Nessuno spazio alle frivolezze, direi quasi nessuno spazio alle carezze. La sua vita che diventava nostra nelle feste, affollatissime. Sempre affrontate con lo stesso, incrollabile, senso pratico.
Una Rosa d'acciaio, la nonna. Che vive da sola in un appartamento sempre pulito, mangia spesso fritto, coltiva e raccoglie e fa conserve, sale e scende un milione di scale, e legge.
Rosa ha sei figli. Tutti e sei le hanno fatto una sorpresa e hanno preso un aereo per festeggiarla. Stasera l'hanno portata fuori a cena, oggi hanno trascorso una caldissima giornata insieme, in abiti estivi e con il condizionatore acceso. 
Le ho mandato due libri e oggi, al telefono, mi ha ringraziato. La nonna adora leggere. Adora anche scrivere, a dir la verità. Qualche anno fa ha preso un quaderno e ha scritto la storia della sua vita. Lentamente, parola per parola in un corsivo a tratti incerto, a tratti più sicuro, in un italiano infarcito di...calabresismi, direi. Ma ha scritto tutto. Chi ha avuto il privilegio di leggere la sua versione dei fatti si è commosso. Perchè questa donna d'acciaio, a quella penna, ha affidato tutto. 
Prima o poi la leggerò anche io, quella storia, la storia che racconta una parte delle mie radici, una parte di me. Per il momento le fornisco io storie da assaporare. A 80 anni è un lezioso passatempo che la diverte e che si concede senza sentirsi in colpa, insieme al parrucchiere settimanale che le mette in piega i ricci neri.
Quindi, auguri, nonna. Altri 80 così è umanamente impossibile, ma quello che vorrei sempre per te è questa sana curiosità che ti anima.

mercoledì 26 settembre 2012

La deriva dell'informazione

Ho pranzato con papà, oggi.
E, come sempre, abbiamo visto Studio Aperto, perchè ci divertiamo a massacrarlo, seppur orfani ormai da tempo di Silvia Vada. Solo che il gioco, oggi, non mi ha divertito per niente.
Sono state tre le cose che mi hanno davvero infastidito, più del solito, più di tutto, che non mi hanno strappato nemmeno un sorriso.
La prima riguarda una rettifica: scusate, ieri nell'ambito di una notizia di cronaca abbiamo mostrato la foto di quest'uomo, ma non era lui l'indagato. Corretto: applicato il dovere di rettifica, come da codice deontologico. Quello che mi ha infastidito è stato il modo: una leggerezza incredibile. Ah no guardate, l'indagato non è lui, voltiamo pagina. E chissene che cosa è successo, nel frattempo, al malcapitato che è apparso in un notiziario con una bella accusa addosso. Ma chi ha cercato quella foto? Ha usato Google immagini e ne ha pescata una a caso?
La seconda è un insulto alle donne. Un servizio sulla moda milanese che ha puntato l'attenzione di come il bilancio della Fashion Week sia stato estremamente positivo grazie alla presenza di Canalis, Fico, Minetti, tutte in costume. Non una parola sulle tendenze, la ricerca, l'innovazione, la moda, insomma. No: il successo è tutto racchiuso nella partecipazione di queste bellissime stelle, a maggior ragione perchè svestitissime. Sempre un passo avanti verso le pari opportunità e contro la mercificazione del corpo, eh.
La terza riguarda la professione. Perchè visto che non sono figa come la Canalis, la Fico e la Minetti, ho capito che posso solo essere estremamente brava. Almeno ci provo, e ci riprovo. Ma poi vedo un servizio su Belen Rodriguez e anche questa convinzione vacilla. Non per Belen, forse (l'ennesima donna spaziale, inserita in mezz'ora di notiziario perchè sarebbe incinta, o no? Un dubbio che merita un minuto di riflessione), ma per il fatto che il servizio inizia con le immagini di uno spot di cui lei è protagonista e che è in onda in questi giorni. Pubblicità in una notizia, in barba a tutte le regole possibili e immaginabili.
E allora mi chiedo: possono tre servizi pseudogiornalistici servirsi di immagini ad minchiam, pretesti seminudi e sbagliati per giustificare un servizio su tutt'altro argomento e pubblicità invece di una serie qualsiasi di immagini di copertura?
Oppure sarebbe il caso di chiedersi perchè c'è anche un esame di Stato.
Silvia Vada, mi manchi.

martedì 25 settembre 2012

Lo spettacolo dopo il week end?

Questo fine settimana sono successe una miriade di cose.
Belle e brutte, ma quello che mi ha colpito più di tutto è che le ho osservate tutte da fuori. Come se gli attori fossero in un mondo acquatico artificiale e io fossi lì, a due passi da questo insieme di pesci variopinti, all'asciutto e dall'altra parte del vetro dell'acquario.
Sono andata a vedere lo spettacolo di teatro di un amico, per la seconda volta. Solo che io e mia sorella sapevamo già che cosa Fabrizio sarebbe andato a fare e le nostre risate arrivavano puntalmente 20 secondi prima, come se gli altri fossero via satellite.
Sono uscita a ballare, e mi sono ritrovata a osservare una marea umana di belle persone tirate pettinate truccate atteggiate in uno spazio troppo piccolo per contenerle tutte prima, e ad osservare la tristezza negli occhi di due giovani donne poi, riservandomi il ruolo di taxi driver, che una sigaretta storta tra le labbra avrebbe reso più cinematografico.
Sono stata ad un matrimonio, per la torta. Ancora mi chiedo perchè è arrivato l'invito, ma questa è un'altra storia. Ho osservato i miei amici travolti dalla giornata, satolli di cibo, beatamente brilli e spiegazzati e ho assistito alle promesse future di altre felicità. Poi mi sono guardata di fianco e non c'era nessuno, come sempre da qualche anno a questa parte. E allora con il fratello dello sposo mi sono inventata il classico gioco del tra-qualche-anno-ci-sposiamo-io-e-te. Con il termine ultimo spostato a 50 anni, quando i miei fianchi somiglieranno senza possibilità di errore ad un materasso (Marco, è meglio che tu lo sappia sin d'ora).
E ho tifato la mia Inter allo stadio. E anche lì sembrava di essere fuori dai giochi. Perchè non si capisce come una squadra che sbaglia, crea, risbaglia, ricrea si perda le vere occasioni e ne esca sconfitta.
Niente malinconie autunnali, avverte il mio oroscopo, quello che una persona saggia mi ha consigliato di non guardare più. Lo stesso oroscopo che per tutto l'anno mi ha rivelato che sono in trasformazione, in positiva metamorfosi. Una "forma" che cambia "attraverso", lo dice la parola stessa. Attraverso questo vetro che mi separa dal resto della vita vissuta, forse? Non saprei. Per il momento osservare mi riesce proprio bene. 

mercoledì 12 settembre 2012

Un venerdì da leoni


Sono diventata nuovamente zia.
Lo sono diventata dallo scorso 7 settembre e non posso non condividere la gioia per questa nuova vita. Non posso non raccontare la forza di volontà della sua mamma, un'amica, una donna.
Di un nome che trasmette questa forza, che è un suggerimento della nonna. Il nome della protagonista femminile di un libro che lei stava leggendo, una donna che si confronta con due amiche che - concidenza - portano i nomi di altre donne della famiglia.
Lèonié è nata a Magenta, non in Francia, d'accordo. E' e sarà quindi un nome che susciterà sempre dell'interesse, la renderà notabile, importante. E' un nome che esprime forza, intenzionalmente. Quella forza leonina che sta tutta nel suo significato e nella sua radice. Un'ostinazione linguistica che non è mai cambiata fin dal greco, e poi al latino, e poi alle neolatine. Come a dire: il leone è leone. Maschietti, siete tutti avvisati.
Non poteva essere altrimenti, del resto. Con una mamma che di chiama Naika e una nonna che di quel nome porta la versione italiana (Vittoria). E un nonno, quello paterno, che si chiama Leonzio, che quanto meno può sentirsi omaggiato.
Lèonié, come ha scritto qualcuno, è entrata nel giro. Una vasta rete di zii che ci sono e che sono tutti legati da un filo rosso di affetto, seppur con un'enorme dose di discrezione. Zii che magari non chiamano per non disturbare, che magari aspetteranno un pochino per farle visita, ma che l'hanno quasi tutta già vista nel video girato dal suo papà o dal tam tam di foto passate via whatsapp. Se pensava di passare inosservata, la piccola, ha capito male, insomma. Nel giro del cuore e nel chip dei nostri dispositivi mobili.
Ben arrivata, allora. Hai forse scelto un percorso insolito per affacciarti nelle nostre vite, ma sapevo già da molto tempo che questo, presto, sarebbe stato solo un piccolo particolare. La tua casa era piena di te già da diverso tempo, ora anche quei preparativi e quegli spazi non sono niente a confronto della tua sola presenza.
Ben arrivata, piccola stella.

venerdì 7 settembre 2012

Friendship, may you be blessed

Ho rubato il titolo da un aggiornamento di stato di un amico, di qualche tempo fa. Perchè diciamocelo chiaramente: come titolista faccio pietà. Fin dai tempi della mia piccola collaborazione con il settimanale di zona evitavo il più possibile e lasciavo che fosse la redazione a provvedere. Perchè sarò brava e sintetica, spesso tagliente, a volte pertinente, ma i titoli proprio no.
Mi sono resa conto che il concetto di "ridefinizione" dovrebbe essere ben stampato nella mente di tutti.
Ridefinizione delle aspettative, dico.
Non è mai troppo tardi scoprire che non puoi fare affidamento su nessuno. O meglio, capire definitivamente (?) che le tue gambette devono andare avanti, un passo alla volta, o indietro, si spera il meno possibile, senza tener le braccia in alto per cercare quel paio di mani che ti sorregga. No, non ci sono più. No, non sei più alto meno di un metro. Le scarpe son tue e con quelle, e solo unicamente in quelle, devi camminare.
E' una considerazione generale, però. Ieri sera io, i due Paolo, Stefano e Davide eravamo seduti al bar e il gioco era leggero, quello di far le domande più cretine a Cristina e Claudia, di qualche anno di meno. Ma tra queste domande ne è spuntata una tutt'altro che banale. E' stato Paolo a chiedere d'improvviso a Claudia: ma tu sei felice? E lei, semplicemente, immediatamente e con un sorriso ha risposto sì.
Disarmante. Noi, gruppo di trentenni ognuno con casa propria e con storie differenti, tutte che sembrano una quotidiana corsa ad ostacoli, siamo rimasti un attimo senza parole, prima di ricominciare il gioco-delle-domande-cretine. Noi, isole dai ponti fragili e dalle funi di salvataggio continuamente tese. Noi che spesso misuriamo le parole e spesso no, anzi, spessissimo no.
Non è mai troppo tardi. Anche per scoprire che non sono quelle che pensi le persone che davvero ti stanno vicine. Non fisicamente. Si tratta di una prossemica diversa, meno fisica, più spirituale, quelle del ti voglio bene davvero che però spesso corre nell'etere, in un sms, una chat, una mail. I tempi in cui le ore insieme anche senza far niente si affastellavano giorno dopo giorno continuano a mancarmi molto.

giovedì 6 settembre 2012

L'erba del vicino

Hai voglia ad ammirare i Paesi nordici. E star lì a guardare classifiche, in cui occupiamo posti sempre più bassi. A consultare rilevazioni Istat, sondaggi demoscopici, dai di associazioni di industriali ecc.
Quello che manca è la cultura di base, quella che, senza bisogno di suggerimenti nè di forzature, dovrebbe dettarci automaticamente il senso civico, l'amore per il bene pubblico, il rispetto delle istituzioni e il contributo consapevole alla spesa pubblica.
Ho letto l'ultimo Gramellini di oggi che mi ha battuto sul tempo: non ramanzine, dice, ma l'esempio.
Ecco: allora, se in questo caso dovessimo cercare l'esempio, siamo (non saremmo, siamo) spacciati. Perchè quello che si chiede ad ogni singolo Italiano è una cosa, mostrandogli contemporaneamente, da decenni, tutta una serie di scappatoie alternative per non farlo. Paga, ma guarda come non lo faccio io. Non rubare, lo faccio io già alla grande. Ti rabbonisco parlandoti delle generazioni future, e mi lavo la coscienza chiedendo scusa se la mia generazione non ha fatto nulla, e ciao.
Siamo un popolo di sanzionatori a convenienza. Ognuno di noi lo diventa, a seconda delle situazioni, a seconda del momento.
E' un po' come funziona per i limiti di velocità. Invece di studiare le dinamiche del flusso del traffico, che si autoregola a seconda dei momenti della giornata, ti piazzano un limite che, nella maggior parte dei casi, se rispettato causa o un forte intralcio alla circolazione, o un vero e proprio pericolo. Poi arriva il giorno dell'autovelox e tac! Tutti fregati. Non importa poi se il limite di velocità è segnalato in perfetta corrispondenza dell'autovelox in questione e mai prima, e non importa se nel senso opposto lo stesso limite è ben segnalato ed è di 20 km/h in più. In un Comune, magari, che anni fa aveva un semaforo controllato con un tempo di giallo di mezzo secondo.
Ma siamo in Italia. Sì, eccolo, il luogo comune. Che ci sta tutto.