mercoledì 29 gennaio 2020

La forza della condivisione


Abbiamo tutti il diritto di crollare, davanti qualcosa contro cui è impossibile lottare.
Lo sa bene Stefania che, in un anno, ha perso la madre Lella per colpa della SLA. Una malattia che è arrivata in estate come un semplicissimo difetto di pronuncia, improvviso. All’inizio questo inconsueto incespicare della parola era stato imputato a una cura dentale. Ma Stefania, infermiera di professione e per passione, ha drizzato le antenne e la realtà, dopo una serie di controlli, è stata durissima.
L’arrivo di una malattia degenerativa in una famiglia mette a dura prova. E’ un terremoto che scuote le fondamenta di tutti i rapporti e lascia completamente disorientati. E soli, come sottolinea Stefania nel libro che ha scritto, “Mi Manca la tua Voce” per spiegare come, in una società in cui la sanità pubblica è presente ma per una serie di tagli, direttive, lungaggini ed esigenze ha perduto completamente la dimensione umana della cura. Il libro è una cronaca dolorosa di silenzi, ritardi, liste di attesa, mancate risposte, soluzioni sbagliate. Allo stesso tempo, l’impotenza, il dolore e la mole enorme di documentazioni da produrre e da richiedere completano il senso di isolamento di una famiglia e di una donna, Lella, che ha osservato spesso i suoi cari con gli occhi spaventati.

Quando la disperazione sembrava già prendere il sopravvento, Stefania è riuscita ad avere un valido aiuto dalla AISLA, dall’Ospedale Maggiore di Novara e soprattutto dall’Hospice di Abbiategrasso che, con grandissima umanità, ha colmato l’anello mancante con terapie ad hoc, fisioterapia, supporto psicologico. Nel mezzo Stefania che ha organizzato la vita del padre e del fratello, e ha pensato a come non annegare nella burocrazia, ha riorganizzato la casa, la raccolta differenziata, il concetto di pulizia domestica. E ha ridato luce agli occhi della madre.

La figura del caregiver è al centro di un dibattito sempre attuale e riguarda tutti. Ogni volta che una persona si trova ad aver bisogno di assistenza sono tutti i famigliari ad essere coinvolti, spesso senza alcuna esperienza. Stefania, con “Mi Manca la tua Voce”, ha voluto e saputo condividere un percorso che può capitare a ognuno di noi. Tramite le presentazioni del volume, la donazione di parte del ricavato all’Hospice di Abbiategrasso e una straordinaria capacità comunicativa, l’autrice mette in contatto tra loro chi, come Atlante, si è visto recapitare il mondo sulle spalle. Senza averlo richiesto.

Oggi Lella non c’è più. Se n’è andata alla fine del 2019, con la gratitudine negli occhi verso chi le è stato accanto. E non senza un messaggio, potentissimo, per ognuno di noi, che abbiamo croci piccolissime e grandissime da portare: l’Amore è la risposta

lunedì 27 gennaio 2020

Anime d'artista

Sono stata a un concerto, venerdì, con un gruppo di amiche. Una di loro, all'uscita del piccolo circolo culturale che ha contenuto una quarantina di persone in piedi, ha fatto un'osservazione sul fatto che il cantante avesse portato il suo ultimo per la vendita, alla fine della sua esibizione.

In effetti, in certi ambiti, mescolare intellettuale e veniale sembra sempre un po' poco elegante. Ma forse perchè abbiamo un'idea un po' distorta dalla realtà. Ci immaginiamo artisti che vivono di royalties e che accettano club e piccoli posti solo per il piacere di suonare, pagati abbondantemente in trasferte e alloggi dai locali, con etichette prestigiose. A maggior ragione se hanno partecipato a un reality, a Sanremo Giovani. Perchè arrivare in tv è garanzia di successo. E oggi successo è uguale ricchezza.

La realtà è leggermente diversa e altre arti non vivono di quello, come se fosse nettare degli dei. Chi dipinge, anche al giorno d'oggi, prima di arrivare a esporre ed essere quotato illustra, dipinge murali casalinghi, fa ritratti; cercando uno stile personale che può portarlo al riconoscimento, oltre a costose accademie spesso private deve per forza trovare un lavoro "vero". Così per chi recita, che, se non nasce in ambienti privilegiati, può iniziare a farlo la sera, o frequenta scuole a sue spese, diverse. E magari partecipa a teatrini per bambini, feste private. Magari presenta sagre, o serate ce raramente coprono spese. Ho degli amici che fanno televendite, ad esempio.

Chi presenta libri, spesso lo fa in librerie in cui il volume si vende. E se lo fa in altri luoghi, pubblici o meno, ne porta con sè un certo numero di copie e li vende direttamente o tramite la casa editrice. E sapere che in Italia si pubblica con grandissimi nomi o con case editrici microscopiche è noto.

Cantare, suonare, recitare e scrivere, dipingere o accordare comunque la propria anima all'universo, sono colore a una vita che necessariamente deve correre all'interno di certi binari con tempi e modi che non vorremmo ma che dobbiamo accettare. In fortunate circostanze, in cui il qui ed ora si incontrano, possono diventare sostanza. Una possibilità su un milione. Eppure sono le relazioni che si intessono, i contatti che si creano, la conoscenza che si amplia e altre infinite possibilità che si spalancano a rendere uniche le arti.

sabato 18 gennaio 2020

A Luciano e a Lisa

Ho perso circa un anno e mezzo di questo blog, che avevo trasferito su un'altra piattaforma gestita da un gruppo di giovanissimi che poi hanno fatto fallire un progetto bellissimo.
Per fortuna non avevo eliminato quanto avevo scritto fino a quel momento.
Purtroppo ho perso molto. Anche se a volte scopro che qualcuno ha conservato qualcosa. Questo mi riempie di vera gioia. Lisa mi ha contattato qualche tempo fa perchè non trovava la dedica che avevo fatto al suo papà. Ma poi lo ha trovato lei, e me lo ha rimandato. Grazie, davvero.

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Ieri sera ero in turno fino a mezzanotte. L’ho vista, era in mezzo alle altre notizie. Incidente mortale, muore un uomo di Arluno. Penso, senza alcuna tesi a sostegno, che si tratti di qualcosa successo in autostrada. Ma quella notizia resta lì, nello stomaco.

Questa mattina accendo il pc e leggo un pensiero del Tommy. Parla di Luciano, lo saluta. Il pensiero fa un balzo nello stomaco. Scrivo questo nome, e Arluno, in Google, e trovo la notizia senza tesi fantasiose a supporto. Luciano, 54 anni, meccanico, cric che non tiene, Mercedes-Benz. Il pensiero risale verso la gola, ma ancora c’è qualcosa che ignoro. Quel cognome.

Poi chiama la mamma. Chiama, e il pensiero si annoda. Luciano. Quel Luciano. Ignoravo il cognome perchè non ce n’è stato mai bisogno.

Luciano è presente nella mia vita da quando ho aperto gli occhi per la prima volta, probabilmente. Amico dello zio Giuàn, me lo sono sempre ricordato coi capelli chiari e un po’ lunghi, con il naso largo, con il sorriso largo, con la tuta. Della Mercedes-Benz. O la maglietta. O i pantaloni. Perchè lui lavorava sempre, e gli piaceva. Quelle mani erano graffiate ma sempre pulite. Quel sorriso sempre largo anche a fine giornata. Una moglie leggera come una farfalla con i capelli vaporosi, una figlia e poi, a distanza di anni, due gemelli. Che oggi son adolescenti.

Luciano non è mai stato di tante parole. Gli piaceva la compagnia, gli piaceva stare in giro con gli amici di sempre, portare la fidanzata a spasso, la famiglia, i due appena nati in piscina d’estate. Ascolta. Le sue parole son misurate, e come sempre son quelle che si depositano. Son preziose. Luciano parlava a me, ai miei cugini, a noi bambini, non come si parla ai deficienti. Niente vocette camuffate, nessuna parola travisata. Contenuti schietti. Parole tra persone, solo di diversa statura.

L’ultima volta l’ho visto a scuola. Andava a prendere i suoi piccoli. Un bacio, e quel sorriso largo, quella maglietta della Mercedes-Benz. Quell’ascolto vero. A papà aveva detto che gli mancavano due anni, alla pensione. Per lui che ha sempre lavorato come un matto.


Quel pensiero è nella mia testa, è nel mio cuore. Grazie, Luciano. Però, in mezzo a tante cattiverie gratuite, avrei preferito che non te ne fossi andato così presto.

lunedì 13 gennaio 2020

Le giuste raccomandazioni

Stamattina la nonna Rosa è tornata in Calabria.
Si è alzata intorno alle 5 e ha preso un volo tre ore dopo.
Stavolta, anche per il ritorno, è stata accompagnata dalla zia. A 86 anni, visto che era passato qualche tempo dall'ultimo volo, abbiamo preferito così. Senza accompagnatore, ma con figlia. Non che ce ne fosse bisogno; non che, nel frattempo, fossero nate necessità differenti da prima. Sempre Rosa d'Acciaio è.

Sono stata brava, mi ha detto ieri sera, a cena. Sono rimasta un mese intero, questa volta.
Ha ragione: nei viaggi precedenti la smania di tornare a casa e alle sue mille attività si era manifestata molto prima e aveva sempre reso più breve la permanenza. Ma ora l'orto non c'è più: dopo una vita intera nell'agricoltura e un impegno a coltivare la terra anche dopo, da qualche anno non infila più gli stivali per farsi chilometri in vallata e poi aspettare l'altra zia, o i nipoti, carica di borse.

Sei stata brava, le ho risposto. Ma potevi aspettare almeno fino a fine Gennaio per tornare nel tuo appartamento al terzo piano senza ascensore. E senza riscaldamento. Perchè non lo ha mai avuto, non per altro. Ha una cosiddetta cucina economica in sala, sul cui piano in ghisa può anche cucinare; niente caloriferi nelle altre stanze. E quindi sì, stavolta potevi rimanere e lasciar trascorrere questo mese qui, perchè il clima è cambiato e le gelate arrivano anche lì, a 450 metri sul livello del mare. Mi ha guardato un po' di traverso: forse, ho pensato, meglio non esagerare...

Mi raccomando, sii forte. Mi ha detto questo, quando l'ho salutata. A lei è difficile spiegare come vivo io, da sola, a quarant'anni, con ancora molti cerchi di fuoco da attraversare. Eppure no. Lo penso io, perchè lei sa esattamente cosa dire e che gesti fare. A me, la nipote più grande di tutti, ma anche a tutti gli altri. E mi ritrovo sempre a pensare che il calibro adottato nei confronti degli altri avrebbe bisogno di una sistematina.

Poche parole, da una donna che ha attraversato i decenni crescendo in un'epoca in cui si parla poco e si usa un doppio registro, quello imposto dal suo mondo, dalla sua condizione di bracciante agricola, da donna del Sud e madre di sei figli, e quello che effettivamente si fa, veicolando nel modo giusto le decisioni. Molte lette e molte scritte, dagli incarti dei giornali, i libri, le riviste, e quel diario della sua vita che ancora non ho letto, ma so che c'è. Di quella scrittura imparata da bambina e utilizzata immutata sempre allo stesso modo, quel misto di Italiano e dialetto (ATTENZIONE! PERICOLO DI MORTE, CERASI POMPIATI; così recitava molti anni fa un cartello appeso al ciliegio vicino alla casetta dell'orto, in Calabria, perchè aveva passato il disinfestante. Non era epoca di smartphone, non è stato mai fotografato), usata anche questo Natale per il mio biglietto di auguri. A me. La nipote particolare.

Va bene, nonna. Sono forte. Sarò forte.