sabato 18 gennaio 2020

A Luciano e a Lisa

Ho perso circa un anno e mezzo di questo blog, che avevo trasferito su un'altra piattaforma gestita da un gruppo di giovanissimi che poi hanno fatto fallire un progetto bellissimo.
Per fortuna non avevo eliminato quanto avevo scritto fino a quel momento.
Purtroppo ho perso molto. Anche se a volte scopro che qualcuno ha conservato qualcosa. Questo mi riempie di vera gioia. Lisa mi ha contattato qualche tempo fa perchè non trovava la dedica che avevo fatto al suo papà. Ma poi lo ha trovato lei, e me lo ha rimandato. Grazie, davvero.

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Ieri sera ero in turno fino a mezzanotte. L’ho vista, era in mezzo alle altre notizie. Incidente mortale, muore un uomo di Arluno. Penso, senza alcuna tesi a sostegno, che si tratti di qualcosa successo in autostrada. Ma quella notizia resta lì, nello stomaco.

Questa mattina accendo il pc e leggo un pensiero del Tommy. Parla di Luciano, lo saluta. Il pensiero fa un balzo nello stomaco. Scrivo questo nome, e Arluno, in Google, e trovo la notizia senza tesi fantasiose a supporto. Luciano, 54 anni, meccanico, cric che non tiene, Mercedes-Benz. Il pensiero risale verso la gola, ma ancora c’è qualcosa che ignoro. Quel cognome.

Poi chiama la mamma. Chiama, e il pensiero si annoda. Luciano. Quel Luciano. Ignoravo il cognome perchè non ce n’è stato mai bisogno.

Luciano è presente nella mia vita da quando ho aperto gli occhi per la prima volta, probabilmente. Amico dello zio Giuàn, me lo sono sempre ricordato coi capelli chiari e un po’ lunghi, con il naso largo, con il sorriso largo, con la tuta. Della Mercedes-Benz. O la maglietta. O i pantaloni. Perchè lui lavorava sempre, e gli piaceva. Quelle mani erano graffiate ma sempre pulite. Quel sorriso sempre largo anche a fine giornata. Una moglie leggera come una farfalla con i capelli vaporosi, una figlia e poi, a distanza di anni, due gemelli. Che oggi son adolescenti.

Luciano non è mai stato di tante parole. Gli piaceva la compagnia, gli piaceva stare in giro con gli amici di sempre, portare la fidanzata a spasso, la famiglia, i due appena nati in piscina d’estate. Ascolta. Le sue parole son misurate, e come sempre son quelle che si depositano. Son preziose. Luciano parlava a me, ai miei cugini, a noi bambini, non come si parla ai deficienti. Niente vocette camuffate, nessuna parola travisata. Contenuti schietti. Parole tra persone, solo di diversa statura.

L’ultima volta l’ho visto a scuola. Andava a prendere i suoi piccoli. Un bacio, e quel sorriso largo, quella maglietta della Mercedes-Benz. Quell’ascolto vero. A papà aveva detto che gli mancavano due anni, alla pensione. Per lui che ha sempre lavorato come un matto.


Quel pensiero è nella mia testa, è nel mio cuore. Grazie, Luciano. Però, in mezzo a tante cattiverie gratuite, avrei preferito che non te ne fossi andato così presto.

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