venerdì 26 ottobre 2018

Restauratrice di nome e di fatto

Manuela è una Restauratrice.
Lo è da quando uscì dall'Istituto Santa Chiara di Mantova, in realtà. 

Quella Scuola (due classi, 40 posti. Il suo accesso al 12esimo posto) lei la frequentò dopo i 4 anni canonici di Liceo Artistico. Due anni più uno. Specializzazione in tele e tavole lignee.
Quella Scuola oggi non esiste più: era nata grazie ai Fondi Europei. Poi arrivò il ministro Sandro Bondi che la eliminò, e anzi cercò pure di revocare i diplomi ottenuti da quegli studenti. Un povero di spirito alla guida dei Beni Culturali. Sarebbe stato in grado di toccare Amore e Psiche con le mani unte di sugo o grattare via un grumo di pittura da un Van Gogh.

Poi arrivò subito un laboratorio, ma - dopo un anno - lei pensò di non aver fatto abbastanza. Quindi? Università, integrazione di esami, nuovi libri e nuove materie. E lavoro, trasferte, nuove collaborazioni, corsi di aggiornamento. Freddo, tantissimo. E caldo, tantissimo. Su è giù dai ponteggi, scarpe antinfortunistiche, 3 maglioni, mani e dita sempre scoperti. Ok, congeliamo gli esami oltre alle dita, meglio imparare sul campo. Tanti campi, tanta bellezza, tanta ricchezza da curare e pochissima nelle tasche.

Dal 22 Ottobre, lo Stato Italiano l'ha riconosciuta, Restauratrice, non assistente addetta, portatrice sana di bisturi e carta cinese. Il Mibac, dopo vent'anni, ha "uscito" un albo. E lei ha più specializzazioni, tutte medaglie guadagnate nella sua carriera. Lei, che dopo aver gettato uno sguardo a un'opera, ti dice di chi è, dove si trova, cosa significa.

Non cambierà niente. Sempre sottopagate, poco occupate, non tutelate. Sempre preda di grandi committenti, grandi commissari, clero da sclero. Sempre pronta al recupero crediti, operazione estenuante e #mainagioia. E ora, incinta, senza alcuna rete. Ma lei è il welfare di se stessa. La sua ricchezza non è pari a quella di nessuno.

Brava, Manu. Brava la nostra Restauratrice da sempre, e non solo da 4 giorni.

mercoledì 3 ottobre 2018

Lavorare per non vivere

Oggi volevo andare ad un funerale.

Immagino che no, non sia esattamente il desiderio quotidiano di una persona.
Ovviamente, non lo è per niente.
Ma le persone muoiono, e lo fanno una volta sola. Una la vita, una la morte.
E no, non vorrei andare a tutti i funerali. Perchè sì, questo sì che sarebbe strano.

Ma oggi il saluto era ad una persona che per 25 anni ha potuto prendersi il merito della mia intelligenza. Non quella innata, no. Ma quella che da questa è cresciuta, da questa è fiorita.
Per farmi vedere? Per apparire? Per dovere? No, niente di tutto questo.

Ci sono dei valori in ognuno di noi. Come dice un caro amico, con cui converso un paio d'ore ogni settimana, il nostro hardware nasce con alcuni elementi installati, ma poi arriva tutto fin da subito, fin dalla tenera età. Tutto quello che ci succede costruisce un mattoncino di noi. Ecco, io li chiamo valori, perchè sono una persona molto fortunata.
Questa persona è stata un valore, per me.

Oggi volevo andare ad un funerale, ma non ci sono andata. Ci ho pensato: un paio d'ore di permesso, salto il pranzo, riattacco il pc a casa e vado avanti a oltranza.
Ma non è stato possibile. Perchè queste giornate sono dei buchi neri che inghiottono tutto. Sono peggio di una droga, perchè mi lasciano stordita, la sera. Sono ubriacanti tanto da spezzettare la mia parlantina, interrompere il filo dei pensieri. Sono faticosi come una montagna che scali e vedi sempre alta davanti, una montagna senza fine.

Volevo andare al funerale per concedermi un momento al ricordo, per guardarmi dentro e vedere cosa ho costruito. Invece non vedo nulla. Invece sono arrivata al punto che altro sovverte i miei valori. E questo altro non è nulla che riguarda la vita, ma solo lavoro. Solo lavoro. E solo molto faticoso. Senza poi poter raccoglierne il bello, partecipare alla realizzazione, dare un senso a questa fatica.
Un mulino senza vento.

Oggi quello che ho perso è stato un po' di me. Io non ho tempo per nessuno, e probabilmente arriverà, arriva, è già arrivato, il momento in cui nessuno avrà tempo per me.
Forse è meglio mettere un punto.