lunedì 23 gennaio 2017

Non sono anziana per niente

Qualche giorno fa ho scritto un post definendomi anziana.
Ultimamente trovo rilassante, come colorare un mandala coi pennarelli, sfogliare i volantino del supermercato senza fargli necessariamente prendere subito la via del cestino. Mi diverte trovare le offerte e commentarle a voce alta. Diverte me e i miei, è un piccolo passatempo buffo.
Certo, a vent'anni non ci avrei pensato nemmeno. E per questo mi sono definita così.

Poi però nel fine settimana le compere le ho fatte sul serio.
Sabato a spasso tra mercato e negozi, domenica al supermercato.
E gli anziani li ho incontrati davvero, stupendomi di una certa sfacciata maleducazione.
Quella di interromperti quando stai chiacchierando con tua zia, troncando di netto la nostra felice conversazione anche fisicamente, mettendosi nel mezzo, improvvisamente. Per iniziare a parlare di grandissime inutilità, ingarbugliate, pettegole, che riguardano altre persone.
Quella, alla cassa del supermercato, di guardarti di traverso perchè aprono la cassa davanti a te e tu sei lì per puro caso; di delimitare già la tua area di carico ammonticchiando merce ai limiti del nastro pronta a ridurti alla fretta, sempre con sguardo carico di disprezzo. Di domenica mattina. Alle 10. In un punto piccolo e tranquillo, fuori dalla città. Trasformato in esasperazione quando il giovane cassiere mi ha lasciato il tempo di riempire freneticamente tre fragili borse cambiando provvidenzialmente (e forse intenzionalmente) il nastro dopo avermi dato il resto.

Mi chiedo, di fronte a questo piccolo confronto generazionale, come in realtà in modo molto più universale siamo arrivati alla totale aggressività verso il prossimo. Che cosa non ci permette di interagire senza corrugare la fronte, con che ragione sappiamo a priori che il comportamento degli altri e pure l'opinione, sarà sicuramente sbagliata, soprattutto da aggredire. Dove è finito l'ascolto delle parole degli altri, il rispetto dei tempi di un dialogo, la pazienza di aspettare. Come si finisce a credere a tutto fuorchè la verità, come si abdica ad un ragionamento.

No, non sono anziana per niente. Conservo una sana freschezza positiva che infastidisce. Qualcuno lo chiama buonismo, coltivando parole a casaccio nel proprio piccolo orto. Consiglio di guardare gli ortaggi sul pieghevole dell'Iper, aiuta tantissimo.

martedì 17 gennaio 2017

Violenza di genere. Umano.

Il Questore di Milano denuncia la mancanza di una cultura della denuncia più forte.
A Milano. La città più internazionale d'Italia.

Allora vi racconto una storia.
C'era una volta un paese di una bella Regione, ad un'ora dalla città più grande.
Nel paese, grande ma in parte abbandonato dall'emigrazione interna, ci sono diverse parrocchie e diverse parrucchiere. Gli uomini lavorano, le donne in gran parte no, perchè siamo in un luogo in qui culturalmente va benissimo fare la casalinga. Quelle che lavorano, paradossalmente, non sono viste di buon occhio, a parte qualche categoria per cui non si capisce che invece va benissimo (come le parrucchiere, ad esempio; le pasticcere e le panettiere; le bariste ma solo se anziane; le bidelle ma non tanto le maestre e le professoresse). Il lavoro nobilita l'uomo ma rende zoccola la donna, a prescindere.

Vicino a questo paese, di campanili e campanilismi, di riti giornalieri e di pettegolezzi come si usa in una comunità comunque unita, ci sono altri paesi simili. Il parroco è più o meno lascivo, le perpetue sono più o meno cattive, il monte delle chiacchiere alto allo stesso modo. La donna che lavora è zoccola in ugual misura. Anche l'universitaria, a dire la verità, non è vista benissimo: sarà per questo che, a parità di qualità di istruzione, molte tagliano la corda.

Tutti sanno tutto di tutti. E di tutte. Ma nessuna aiuta nessun'altra quando il marito beve, picchia, maltratta figli, fa scenate. Ognuna abbassa lo sguardo e pensa ai suoi panni sporchi. Non c'è solidarietà. E se qualcuna decide di reagire, si prendono subito le distanze. Quindi, o la ribelle fa retromarcia e rientra nei ranghi della consuetudine, o viene isolata immediatamente.
In un paese di questi paesi una donna, un giorno, mette in dubbio il suo rapporto famigliare. Un rapporto normale, fatto di alti e di bassi, di routine che probabilmente ha logorato certi meccanismi un po' troppo, senza drammi aggiunti. Si tratta di una famiglia normale, che non rientra nelle casistiche di violenza. La donna vuole solo riflettere un po'. La donna chiede di tornare per un breve periodo dalla madre.

In questo paese e nei paesi vicini la notizia corre veloce. Nella sua normalità è una bomba: il sistema è stato manomesso, il sistema è saltato. La donna ha osato percorrere una strada nuova. E la strada nuova non è accettabile.
La donna cammina per strada e tutti la fissano. Accompagna i figli a scuola, e nessuno parla con lei. I figli non vengono più invitati ai compleanni dei suoi compagni. I parenti del marito le tolgono il saluto e intraprendono una fortissima campagna denigratoria nei suoi confronti. Lei è una zoccola, il marito un debole che viene subito isolato dai suoi stessi fratelli. Non si salutano i parenti di lei. Non si permette a nessun componente della famiglia di avere contatti con la famiglia di lei. Le parole sono sconsideratamente cattive, grosse, grevi.

La donna è marchiata a fuoco, è diventata fosforescente, è esposta. Nessuno la aiuta. Eppure riflette. Eppure, raccogliendo la sua razionalità, capisce che vuole continuare la sua vita accanto all'uomo che ha sposato. Lo incontra, gliene parla. E anche lui, fosforescente allo stesso modo, comprende quali sono i punti difficili, i meccanismi da rimettere in moto, cosa c'è da correggere. Decidono insieme di essere di nuovo una famiglia. Ma cambiano paese, cercano una nuova serenità anche per i figli, imparano di chi fidarsi. Quasi nessuno in realtà.

C'era una volta una famiglia normale, come tante. La famiglia non vive a Milano e non è a rischio violenza, nè ignoranza. Questa storia, con variabili degradanti, potrebbe avere esiti diversi, ma raccoglie comunque le pesanti conseguenze del pregiudizio, della paura, dell'isolamento sociale.

Quel "C'era una volta" non si riferisce al secolo scorso, nè a cinquant'anni fa. E' una volta recentissima. E' una volta che si ripete anche oggi, si ripeterà anche domani.
Ho una domanda. Su quale cultura si innesta la cultura della denuncia?
Come si frenano la lingua, la cattiveria, il pregiudizio?
C'è tutto. Ma quello che non c'è di sicuro è il troppo amore.