domenica 30 luglio 2023

Sei sempre tu

Il tempo ha la capacità di rallentare fino a fermarsi. Nel momento in cui ti scorgo tra la folla e ti riconosco, il cuore accelera tanto da stravolgere quell'attimo, che si dilata, e che quello che sento nel cuore, nello stomaco e nelle viscere rende - forse - il migliore di tutti. È questa la felicità? È l'attimo in cui ti riconosco tra tanti e capisco che sei sempre tu? 

Il tempo ha la capacità di riavvolgersi. Agisce su me e su te allo stesso modo, aggiunge segni e un po' di bianco, ma siamo sempre noi. Quelli delle foto che ho raccolto e che guardo poco, perché fanno male, anche quelle che fanno ridere fanno male, chissà perché.

Ti trovo nella folla e decido di salutarti. Potrei starmene distante, come fai tu. Come riesci a fare tu, anche se so che è solo un modo per difenderti, senza riaprire quel passato che già una canzone, questa settimana, ha spalancato. Ma io mi avvicino, e tu mi vedi. Ho messo quel vestito che mi hai regalato tu. Non mi scivola addosso come una volta, no. Mi sta come un guanto, quasi al limite ora, ma l'ho messo perché, anche se non sono più in vacanza, l'estate mi ha già colorato, l'estate mi ha già reso più leggera, mi ha già tolto tutti i carichi del quotidiano. E con quel vestito mi avvicino, e mi vedi. 

Il tempo ha la capacità di fermarsi. Quando le mie labbra toccano la tua guancia e i miei occhi si chiudono, in un gesto ripetuto centinaia di volte, tempo fa, quando era così scontato. Ma ora, in questo momento, sopraffatti da quello che ci circonda, da chi ci sta intorno e un pudore che mette barriere, è quasi un contatto proibito, è quasi un gesto sconveniente, e ancora più carico di emozione. Veloce. Fugace.

Il tempo. Passa. E anche veloce. Nel mezzo ci sono stati fatti che ci hanno cambiato. Eppure, quello che sento non muta mai. E continua a spingere la punta della lama nel cuore per dirmi quanto ho sbagliato. E ti guardo poi da lontano, quel tuo profilo che conosco a memoria, con le tue mani da stringere e il tuo profumo.

Il tempo non cancella niente.

venerdì 21 luglio 2023

In un cielo senza bombe

A volte le associazioni sono come fiori, come le canzoni, per fare una citazione. 
Sono come i soli: la riforma del terzo settore ha complicato la vita a quelle con uno statuto, un direttivo e spesso nessun aiuto dai Comuni, se non a rimborso. E con le spese del commercialista da sostenere. 

E allora, spesso, alcuni gruppi di persone si trovano virtualmente e dal vivo saltando questo passaggio "giuridico", ma dando vita a piccole società di mutuo soccorso che aiutano chi ha più bisogno, sorgendo a Est come tanti piccoli soli di speranza. E' il caso di "Tendi una mano". All'idea aveva contribuito un'amica, che mi spiegava la necessità di aiutare davvero il tuo vicino di casa, la persona che vive nel paese di fianco al tuo. Riconoscere un bisogno ed esaudirlo, semplicemente. Con un gruppo su Facebook. 

Certo, le cose non sono sempre facili. A volte, i sacchetti preparati fuori dal cancello delle persone più attive, quando si passa da un minimo di smistamento, vengono portati via dal furbetto che pattuglia più gruppi del genere e fa razzia anche di cose che non servono davvero. A volte, qualcuno si fa avanti e si propone da intermediario, rendendo sospetta la destinazione finale. Ma la maggior parte delle volte no. Anzi: tutto funziona benissimo. 

Semplicemente, una persona mette una foto dell'oggetto da donare. Può essere un divano, una cucina da smontare, un passeggino; oppure indumenti per adulti e bambini, o ancora generi alimentari, prodotti per la casa e l'igiene intatti. Si crea una coda, si cercano soluzioni per incontrarsi o trasportare. Altre volte si fanno domande dirette, per sè o per altre persone. E infine, è il caso delle coordinatrici, arriva del materiale a casa loro e viene diviso. 

Alla base c'è la fiducia, come per ogni donazione che decidiamo di fare nella nostra vita. 
Ed è così che ho incontrato Dima. 
Avevo degli stivaletti di pelle, usati ma ancora in buono stato, e mi sono chiesta se potessero essere utili a qualcuno. Mi risponde lui, alfabeto cirillico, non riesco nemmeno a capire qual è il suo nome, ma ci diamo appuntamento per la sera successiva in un parcheggio con un piccolo parco giochi e la casetta dell'acqua. Nel dubbio, prendo anche un altro paio di scarpe: deciderà lui se sono utili o meno, mi dico. 

E lui arriva: su un monopattino, dal paese di fianco, controllando la posizione che gli ho inviato. E' ucraino, Dima è il suo soprannome. Gli mostro entrambe le paia di scarpe, lui dice che vanno benissimo. Sono per sua madre, che è in Ucraina. Rimango lì senza dire molto, come succede spesso quando vengo presa in contropiede. Ci separiamo, lui risale sul monopattino con un piccolo cestino sul retro, come quello delle bici. 

A distanza di qualche giorno gli scrivo: senti, ma che ne dici se ti porto anche dei vestiti? Lui ringrazia, accetta. E io riempio due borse di tela di quegli indumenti che abbiamo tutti nel nostro armadio, che resistono ai cambi di stagione con la promessa che è l'ultima. La casetta dell'acqua è sempre la stessa, lui adesso sa dove trovarmi e arriva subito. Dima, ti ho messo un po' di tutto, ma controllate se c'è qualcosa che non vi piace. Sorride: mamma forse arriva presto qui in Italia, dice. Non può aver più di trent'anni. Gli dico che per questo clima forse non vanno bene, lui dice che prima o poi saranno utili, che sono in tanti e che niente andrà buttato. 

E io resto sempre lì, un po' impalata. Ragiono a stagione, nell'immediatezza, perché noi viviamo così, al consumo a breve termine. Lui sistema una borsa nel cestino sul retro e l'altra al timone del monopattino, sorride, ringrazia e se ne va. E io torno a casa, con l'acqua frizzante del sindaco come bottino di questo secondo giro e la sensazione di aver fatto pochissimo, di aver fatto un favore a me stessa. E con quel pensiero laterale che mi porta sempre a ringraziare la fatica di arrivare a fine mese, in una casa mia, con la corrente, l'acqua e la dispensa sempre piena. Con quel sole che splende, in un cielo senza bombe. 

https://www.corriere.it/futura/21-07-2023/facciamo-pace-d8c7fe66-23eb-11ee-bc92-6da2f0d0f6ef.shtml#item-2