mercoledì 30 giugno 2010

Characters

Qualche giorno fa ho intervistato un ex arbitro. Abbiamo amabilmente parlato di come ci starebbero bene i sensori sulle porte di calcio, come succede per l'Hockey. Dal basket, invece, ruberebbe il tempo, inteso come stop del cronometro ad ogni pausa di gioco, anche se forse le partite diventerebbero infinite. Al termine della chiamata l'ho ringraziato, e lui mi ha fatto i complimenti sulla voce. Musicale, ha detto, spero di sentirla ancora, ha un non so che di soprano. E poi lo zampino del tacchino (come lo ha definito una mia collega): con una voce così bella non può essere che una bella donna. E vabbè, che devo dire: mi ha fatto sorridere. Un supercomplimento. Da un uomo. Di 80 anni. Il lupo perde il pelo...
Però mi ha colpito la spontaneità delle sue parole. ll bello di ognuno di noi è che certe caratteristiche non si perdono mai. Questo fine settimana c'è stata una bellissima festa in una villa di Corbetta. La musica e gli amici. Mi sono scatenata. Domenica ho cantato e saltato come un grillo. Sabato sera ho fermato un ragazzino che, insieme ad altri, saettava tra la folla con le scarpe a rotelle. Gliele ho rubate, lui si è messo le mie sabottine, e io... ehm...mi sono fatta trainare perchè di provare da sola, ad alzare le punte, manco per idea. I miei amici non ce la facevano più dal ridere, ma per fortuna a nessuno è venuto in mente di scattare foto.
Mia sorella, l'altra sera, mi ha chiesto, ridendo, come mi vengono in mente certe cose. Le ho chiesto io, di rimando, se il suo essere così posata, misurata, timida, fosse una reazione alla mia pazzia. Ma no, ha detto. Beh, meno male. Matta sì, ma senza essere oggetto di terapia altrui!

martedì 29 giugno 2010

Niente paura

Ho capito una cosa, ultimamente. Spesso siamo noi a crearci paure e nemici. Sono dentro di noi e forse, per esorcizzarle, le facciamo uscire all'esterno e le facciamo incarnare in qualcosa o in qualcuno. Per poi affrontarle, o fuggirci lontano, dipende. Magari lasciare che il tempo, benedetto tempo, le allontani da noi e le faccia sentire più piccole, più insignificanti.
Ci sono paure quasi oggettive, che fanno parte del "mal comune". Quella del buio, quella di volare, quella degli esami, del sangue, del dentista. La scelta è facile, qui: ti costringi a camminare in una strada senza illuminazione di notte e controlli i battiti, ti dici che non c'è motivo di allarmarsi. Prendi comunque l'aereo, perchè vuoi vedere il mondo, e quello che troverai, al di là del nuovo aeroporto, ti ripagherà assai di più di qualche ora di ansia. Vai e ti fai interrogare, ripetendo come un mantra che non sei la prima e non sarai neanche l'ultima, che quello che hai di fronte è un altro essere umano senza superpoteri, che a distanza di anni ne riderai, di quell'angoscia. E il sangue...magari diventi donatore Avis, magari vai a fare volontariato in Croce, e l'aiuto che darai ti farà capire che ci sono cose più grandi.
Ci sono paure, però, decisamente più soggettive. Il timore di essere giudicato, quello di non essere all'altezza, quello di non essere amato. Su queste cose, forse, uno ci mette un po' di più ad affrontarle, magari anni. Magari mai. Non sempre è facile ammettere le proprie debolezze. E quando succede, di non ammetterle, cerchi i nemici attorno a te. Quello che ti sembra ti abbia giudicato, e forse era solo una battuta. Quello che ha avuto successo nel campo professionale, o si è sposato felicemente, o ha un bambino meraviglioso, e la tua insicurezza ti impedisce di essere felice per lui, o per lei, quando è solo questo che dovresti sentire. Quando hai perso l'amore per strada e la vita inevitabilmente continua e, a tratti, anche solo a volte, ti sembra di essere uno spettatore fermo in una corrente di vite che procede per gli altri a velocità diverse, ma pur sempre avanti. Lì vedi nemici che non ci sono, e pur di non averli davanti agli occhi cambi abitudini, non vedi più gli amici con cui hai condiviso anni - e che magari metti in imbarazzo per questo - ti imponi un nuovo ritmo. Salvo poi capire che non c'è nessuno, là fuori, pronto a sfidarti a duello, nessuno.
Riconoscere le proprie paure è come svegliarsi, al mattino, con un senso nuovo di meraviglia per una soluzione che era lì, sotto il tuo naso, e incredibilmente non avevi visto prima. E' lasciare, una volta tanto o forse più spesso, che le cose accadano, con un senso di fiducia per quello che verrà. E ritrovarti, improvvisamente, a camminare nella corrente della vita.

lunedì 28 giugno 2010

TVUMDB!

Ti voglio bene.
Quanto mi piace sentirmelo dire! Quanto mi spiazza quando è inaspettato?! Tantissimo.
Sono fortunata, questa settimana me lo sono sentita dire spesso. Non richiesto, è arrivato, in situazioni diverse, da persone diverse. Un ti voglio bene scoccato così, al telefono e dal vivo. E subito è spuntato il sole. Il sorriso, ma anche un certo teporino al cuore...bello...
E allora mi sono chiesta quante volte lo dico io, ti voglio bene. Non tantissime, per la verità.
Perchè non è mica facile. Non è mica una cosa che si dice così, come il "ciao come stai". Uno se lo deve sentire, mica c'è da fare gli ipocriti, con i sentimenti. E' più facile scriverlo, questo sì. Ma guardare negli occhi una persona e dichiarare il proprio affetto senza sentirsi stupidi o esagerati beh, quella è un'altra cosa. Deve spuntare così, all'improvviso. Esattamene come succede con l'amore.

venerdì 25 giugno 2010

Adeste fideles? No, felices.

Un po' labile, questo concetto di fedeltà. Mi sta venendo in mente che forse non esiste nemmeno, che è tutta un'invenzione, perchè si confonde troppo, troppo spesso con qualcos'altro.
Per esempio con la devozione. In certi rapporti l'una o l'altra parte, senza distinzioni, dimentica sè stesso per donarsi completamente all'altro. Si annulla, in pratica. Perde di personalità. Esclude dalla sua vita tutto in nome dell'amore. Disastrose le conseguenze di quando questo non basta più. Poi si deve recuperare il terreno perso nei confronti del resto dell'universo, terreno vasto, vastissimo, lungo come i campi di calcio di Holly e Benji.
Per esempio la fede. Che è come quella religiosa, e quando esce da un ambito puramente spirituale diventa pericolosissima. Si perde il contatto con la realtà, e qui il rischio di gesti inconsulti diventa troppo alto, ci si arriva senza accorgersene. Mi vengono in mente certi occhi allucinati di killer che si discolpano dicendo "ma non l'ho fatto apposta".
Per esempio la fiducia. Che però è condivisione, complicità, dialogo, il passo di fianco al tuo passo. Sincerità e onestà. L'onestà esclude l'essere fedeli a tutti i costi. Quello esiste solo nelle favole.
Quindi, sarò anche un po' sofista oggi, ma la fedeltà non esiste. Ci sono altri valori più importanti, c'è una vita da vivere e da cogliere nella sua essenza sempre, attimo per attimo, giorno per giorno. Perchè se non è così, quello che esiste, grande, gigante, quasi tangibile...è solo il rimpianto.

martedì 22 giugno 2010

Vecchi luoghi

E invece, e per fortuna, ci sono anche i luoghi-luoghi.
Per me che abito in un piccolo paese, il luogo per eccellenza è proprio "lui", Santo Stefano Ticino.
Un posto in cui ci cammino, ci vado in bici o in auto, ci sono andata a scuola, all'oratorio, al bar (ai bar) eccetera eccetera. Di giorno e di notte. Un posto in cui se perdi un attimo di vista la borsa non succede niente. Un posto in cui ci si conosce tutti.
E' un luogo, quindi, che fa stare bene, perchè se esci da sola sai già che incontrerai qualcuno che conosci piuttosto a lungo già a pochi passi di distanza. Perchè durante le feste ci si vede tutti, e ci si saluta con vera gioia. Perchè si mangia insieme, o si beve insieme, e difficilmente una delle due cose non è mai successa. Il Natale, la festa del paese, ma anche la partita del Mondiale, sono occasioni che diventano uniche. Gli amici si fidanzano, si sposano, portano altri amici, oppure semplicemente...si riscoprono, o li senti più vicino di quanto non pensassi. O più lontano, certo.
Perchè non sempre tutto è così bello e sicuro. A volte il conoscersi così bene, così da lungo tempo, può avere come rovescio della medaglia l'amplificazione delle conseguenze delle tue azioni. Non importa se in buona o cattiva fede, ma è come gettare il sasso in uno specchio d'acqua. In quei momenti, magari, vorresti essere uno straniero, uno sconosciuto, cambiare giro e ricominciare da capo. Poi ti accorgi, però, che chi ti vuole veramente bene è lì e non ti molla. E allora il luogo, il vecchio luogo, torna ad avere la magia che ha sempre avuto.

lunedì 21 giugno 2010

Nuovi Luoghi/2

Ci sono dei non-luoghi che sono diventati luoghi, soprattutto per quelli della mia generazione.
I centri commerciali, per esempio. Io li considero dei non-luoghi, non ci andrei mai a passarci le giornate, a meno che non debba comprare qualche cosa, o non ci debba lavorare dentro.
La prima volta in cui ho lavorato, in un centro commerciale, ero universitaria. E allora chiudermi in un posto tutto neon mi faceva una certa impressione. Mi mancavano le vetrine, quelle che però fanno entrare il sole, non quelle che si affacciano su finti corridoi. Poi, ovviamente, la sensazione strana si è modificata sempre più, ma non riesco comunque a passarci troppo tempo, neanche quando c'è il cinema annesso, o il ristorante.
Invece molti lo fanno. Ma c'è di più. Molti ci vivono, dentro. Perchè lì hanno il lavoro regolare, o un bar, o fanno servizio sicurezza, o solo per puro piacere di vedere la merce via via diversa. C'è proprio un microcosmo. E quindi vanno a farci colazione, al centro commerciale. Incontrano i colleghi, anche quando non sono in turno. Pranzano e cenano. E si innamorano.
Per Gianpiero è stato così. Lui fa sicurezza alle Gru di Grugliasco, un posto che non ho mai visto e che non è in cima ai miei pensieri, ma resta un po' avvolto nel mito, perchè è stato uno dei pù grandi centri piemontesi e uno dei primi. Lì ha conosciuto la fidanzata, che lavora al banco gastronomia di uno dei punti vendita. Che si è fatta avanti perchè era gelosa che lui parlasse e scherzasse un po' troppo con la panettiera. La loro vita è ruotata per molto tempo su turni, pause, orari, sguardi ed equilibri - lo diciamo agli altri sì o no? - e poi, piano piano, si è costruita uno spazio anche fuori. Che sta crescendo di importanza, ridimensionando il microcosmo del centro commerciale. Con una casa insieme, i viaggi, i parenti...
Ma vallo a dire a loro, che il centro commerciale è un non-luogo.

giovedì 17 giugno 2010

Nuovi luoghi/1

Ho trasformato il twitter nel mio diario del cuore.
Ho avuto il mio bravo diario segreto, alle medie.
Il difficile era nascondere la chiave, la mamma aveva occhi in ogni dove. O meglio, mi sembrava che fosse così. Quella chiave, che chiudeva una serratura che in realtà si apriva con qualsiasi cosa, è finita incastrata in un portagioie. Nascondere poi cosa...un flusso di pensieri del tutto innocenti, quasi poco spontanei, perchè comunque il timore di essere letti, di venire scoperti, operava un sacco di censura.
Oggi, invece, il twitter è diventato il mio diario. Pubblico all'ennesima potenza ma, ed è questo il segreto, la brevità dei tweets me lo rende innocuo. La volta in cui li ho letti tutti di fila, quei pensieri, mi sono spaventata. Mi hanno colpito perchè...sono proprio io. Senza censure. Senza chiavi e senza serrature. E' solo il cuore che resta in gabbia.
Ho capito che, inevitabilmente, per stare bene devo comunicare. Questo mi ha procurato, soprattutto in passato, un bel po' di problemi. Ai tempi dell'oratorio ero la pettegola (e per questo ho ricevuto il più terribile regalo che una persona possa mai ricevere. Peccato che per i miei amici fosse divertente), anche quando non ero io a parlare. Poi, con gli amici, sono sempre stata...high confident. Mi piace condividere le mie emozioni, perchè, per come la vedo io, la confidenza cementifica il legame. E spesso questo mi ha portato male, malissimo, perchè incularti quando mostri il tuo intimo è più facile. Con grande pena di chi mi vuole bene veramente.
Poi è arrivato il grande amore, che è stato subito il grande amico, contemporaneamente. E quando tutto è finito, il dolore è stato doppio.
Tuttavia, nonostante tutto, nonostante gli insegnamenti che ho raccolto, il tesoro che ho messo da parte, e gli amici veri, e quelli che sono scomparsi...resterò quella che sono.
In altri luoghi, strani o nuovi, con altre persone o con gli stessi...non smetterò di comunicare. Questa sono io.

mercoledì 16 giugno 2010

Non esente da tasse e curiosità

Ce l'ho fatta. Anche quest'anno il fisco non mi arresterà. Mi sono districata da CUD vari, ritenute, diritti d'autore (??) con l'aiuto di un fortissimo commercialista, in un ufficietto di Milano che dà su una scuola, anche abbastanza in fretta, nonostante i gridolini allegri degli scolaretti.
Anche per quest'anno mi sono riconfermata la disordinata di sempre, ma tanto si sa che i disordinati trovano sempre tutto, perchè sanno, più o meno, dove hanno..."archiviato" delle cose, che di solito sono cose di qualsiasi genere. E infatti ho trovato tutto tra fotografie, testimonianze di viaggi vari, sottobicchieri, inutili ricevute bancarie, numeri e numeri di contatti che prima o poi scriverò tutti in un posto (quale, non è dato sapere).
In ogni caso, il punto è che ho sistemato tutto. E adesso, anche se il tempo non è il massimo, attendo la pausa pranzo di Silvia per due chiacchiere. Il lavoro mi attende più tardi e fino a mezzanotte.
Stavo girovagando così, per via della Moscova cercando di capire come evitare il più possibile di guardare vetrine, quando ho scoperto questo luogo. La Mediateca di Santa Teresa. La sezione della Biblioteca Nazionale Braidense dedicata ai nuovi media. Posso forse non cacciare dentro il naso a questo ex convento? Ma certo che no. E allora curioso un po', prendo un opuscolo, mi registro, ed eccomi qui, attaccata gratuitamente alla rete. In una ex chiesa dalla pianta greca, bianca con la cupola centrale, le postazioni a cerchio e sui lati e al piano superiore. Perchè di tempo ne ho pochino, ma le teche Rai, le opere del Piccolo Teatro, film e documentari sono qui, oltre ad una monumentale emeroteca digitale. A due passi dal Corriere della Sera. E io non ne sapevo proprio nulla.
Sono proprio una giornalaia da strapazzo.

domenica 13 giugno 2010

It's time. Un tempo di gioia


Ho aspettato qualche giorno, lo ammetto, prima di azzardarmi a scrivere qualcosa su questi Mondiali. Ho atteso le prime partite per vedere cosa offrivano. Mica troppo.
C'è stato l'allenatore dimissionario del più grande club italiano che nella sua ultima conferenza stampa in un ameno centro sportivo della provincia di Como ha detto che le nazionali non danno mai il meglio di sè, perchè lo spirito di squadra non c'è, è difficile da costruire, a differenza di quello che succede nelle singole squadre dei campionati nazionali. Tutti si sono stupiti per l'ardire di queste dichiarazioni (anche se il soggetto ci ha abituati a ben altro), ma devo ammettere che anche su questo il mio amato mister aveva ragione.
Non discuto lo spirito e la serietà dei giocatori e la loro devozione per una competizione del genere, ma a tre giorni dall'inizio delle gare il pollice è verso. Vedremo nei prossimi, vincerà che riuscirà a costruirlo, questo spirito di gruppo, come successe esattamente per l'Italia 4 anni fa.
Già da subito è chiaro che il Mondiale 2010 sarà ricordato per ben altro. Stanno a zero le conferenze stampa dei più titolati, le velleità di Capello, i capricci di Maradona, gli addii anticipati di Gattuso, Maicon che vuole il sesto titolo. Zero, azzerate dal ronzio da vesponi dei vuvuzuelas.
E' il continente africano il vero protagonista, il valore semantico di questa manifestazione.
Il colore, il rumore, la velocità in campo dei suoi rappresentanti, ma soprattutto la gioia.
Non ci sono schemi, non ci sono tattiche dialettiche fuori dal campo, sembra inesistente la tensione agonistica (che a loro non taglia le gambe). C'è la raggiante felicità di essere protagonisti nei confronti del mondo, con tante squadre che non risolvono tutti i problemi delle nazioni che rappresentano, per carità, ma che sono lì, e anche se non avanzeranno nel torneo insegnano moltissimo alle altre.
Quella danza nel tunnel dei Sudafricani, prima della partita inaugurale. Non solo dei giocatori, ma anche dello staff tecnico, di una mami con le treccine e di sorridenti dirigenti. Quella è la gioia. Da pelle d'oca, la stessa di Zuma, nell'annuncio dell'apertura della manifestazione. E la pelle d'oca non ha colore.

sabato 12 giugno 2010

Coito intercettum

Certo che sorvolare su una cosa come il disegno di legge sulle intercettazioni, per una che vorrebbe, o parrebbe, essere una giornalista, è come guidare a fari spenti nella notte per vedere, se poi, è tanto difficile...
Ora, prima di tutto, la scemata. Se uno non ha niente da nascondere, che gli frega di essere intercettato? Uno, due scheletri nell'armadio ce l'abbiamo tutti. Anni fa, molti anni fa, quando nacquero i primi telefonini (il Giurassico, ma ho una notizia per alcuni di voi: non c'è stato un cellulare nella mia adolescenza!! Incredibile, eh?) arrivò nel giro di poco nelle edicole un libretto tremendo: "Italia ti ascolto". Non so come fece a capitarea casa mia. Raccoglieva intercettazioni telefoniche random, ma l'autore aveva selezionato minuziosamente le più schifose, oscene, sciatte e maleducate telefonate, che scritte erano anche più brutte. Un libro inutile, da voyeristi.

Che si dovrebbe fare oggi a quel furbo raccoglitore di affari altrui? Perchè quelle erano agghiaccianti scemenze, da gesso scricchiolante sulla lavagna. Adesso che si fa? Ancora impossibile saperlo con certezza, il testo era alla Camera, è stato modificato profondamente al Senato, ritornerà alla Camera e chissà. Luglio, o settembre, e sapremo. Sapremo se le cose utili, e non quelle inutili, ci saranno precluse. Potremmo sempre ripiegare sulle oscenità.

Nel mio servizio di stewarding (anche se sarebbe meglio dire...hostessing) allo stadio quest'anno ho conosciuto un bel ragazzone originario di Martinica. Da sei mesi in Italia, per amore, un italiano invidiabile e una gran voglia di scappare in Francia. Voi qui siete dei creduloni, mi ha detto. Un popolo così intelligente, e sveglio, e aperto, che si beve delle storie incredibili. Ma perchè? Non ho saputo rispondere. Ero scioccata. Per la prima volta un non italiano non è innamorato dell'italianità. Nessun violino, nessuna ovvietà alla pizza&mandolino, ma una fotografia estremamente precisa di quello che siamo. Diventati. Narcotizzati.

giovedì 10 giugno 2010

Ai bis-genitori

Qualche tempo fa avevo scritto dell'Amore, quello con la A maiuscola.
Era settembre, l'occasione era un matrimonio. Giovani gli sposi, ma con già un bel percorso insieme alle spalle. Una giornata volata in un soffio perchè perfetta, e io, e noi famiglia, rapiti da questo sentimento, così forte.

Tanto forte che ha subito fatto loro il dono della maternità e della paternità. Tanto speciale che il regalo è stato doppio, e completo.
Sono nati due gemellini, la scorsa settimana. Un maschio e una femmina, simili ma diversi tra loro. Ci hanno messo poco ad adattarsi al vasto mondo esterno, rispetto allo spazio angusto cui erano abituati, anche se non hanno perso l'abitudine di tenersi con le manine il mento, o di accarezzarsi la tempia, delizioso modo di coccolarsi che spero non perderanno mai. Dormono e mangiano, la piccola scalcia e il pupo è una rockstar con la crestina bionda, ma quando spalancano quegli occhi, sorprendentemente grandi, non si capisce più se siamo noi ad ammirare loro o il contrario.

Lui, l'Amore, non s'è mai allontanato, nel frattempo. Impossibile che lo faccia, d'altra parte. Ha creato una coppia perfetta, e attraverso loro un'altra piccola coppia perfetta. In loro alberga. Intorno, le chiacchiere e i sorrisi e la felicità. Le solite "cose", se così si può dire. Di nuovo e diverso c'è l'incanto, il privilegio, di essere testimoni della perfezione di questo sentimento.
Auguri, bis-genitori.

lunedì 7 giugno 2010

Tutt'uno con lo scotch di carta

Son due giorni che lo applico ovunque. Lo zoccolino, le finestre, le piastrelle, le piastrine degli interruttori....Tutto quello che sporge dal muro. Che presto sarà imbiancato.

La casa prende sempre più forma. Se Enel smette di prendermi per i fondelli e attiva i miei contratti di luce e gas posso cominciare a riempire la nuovissima cabina armadio, comprare lo specchio e la luce per il bagno, andare a prendere i mobili della cucina.
Per ora, però, è solo scotch di carta. E polvere, e teli per terra, e pezzi di intonaco molle.
Ma l'altro ieri papà ha tirato su la leva del lavandino e l'acqua ha iniziato a sgorgare, così, tranquillamente. Ero a bocca aperta. Come se avessi visto la Madonna. E lui è scoppiato a ridere. Il lavandino, il mio lavandino, che fino a due giorni prima non c'era...funziona. E quella cabina armadio ha già ritrasfomato la fisionomia della stanza da letto che ancora tanto da letto non è.

Insomma, sono tutta un'emozione, e conscia che il lavoro è ancora tanto e la strada ancora lunga. Eppure è lì. Con il mio nome sul citofono.