martedì 29 giugno 2010

Niente paura

Ho capito una cosa, ultimamente. Spesso siamo noi a crearci paure e nemici. Sono dentro di noi e forse, per esorcizzarle, le facciamo uscire all'esterno e le facciamo incarnare in qualcosa o in qualcuno. Per poi affrontarle, o fuggirci lontano, dipende. Magari lasciare che il tempo, benedetto tempo, le allontani da noi e le faccia sentire più piccole, più insignificanti.
Ci sono paure quasi oggettive, che fanno parte del "mal comune". Quella del buio, quella di volare, quella degli esami, del sangue, del dentista. La scelta è facile, qui: ti costringi a camminare in una strada senza illuminazione di notte e controlli i battiti, ti dici che non c'è motivo di allarmarsi. Prendi comunque l'aereo, perchè vuoi vedere il mondo, e quello che troverai, al di là del nuovo aeroporto, ti ripagherà assai di più di qualche ora di ansia. Vai e ti fai interrogare, ripetendo come un mantra che non sei la prima e non sarai neanche l'ultima, che quello che hai di fronte è un altro essere umano senza superpoteri, che a distanza di anni ne riderai, di quell'angoscia. E il sangue...magari diventi donatore Avis, magari vai a fare volontariato in Croce, e l'aiuto che darai ti farà capire che ci sono cose più grandi.
Ci sono paure, però, decisamente più soggettive. Il timore di essere giudicato, quello di non essere all'altezza, quello di non essere amato. Su queste cose, forse, uno ci mette un po' di più ad affrontarle, magari anni. Magari mai. Non sempre è facile ammettere le proprie debolezze. E quando succede, di non ammetterle, cerchi i nemici attorno a te. Quello che ti sembra ti abbia giudicato, e forse era solo una battuta. Quello che ha avuto successo nel campo professionale, o si è sposato felicemente, o ha un bambino meraviglioso, e la tua insicurezza ti impedisce di essere felice per lui, o per lei, quando è solo questo che dovresti sentire. Quando hai perso l'amore per strada e la vita inevitabilmente continua e, a tratti, anche solo a volte, ti sembra di essere uno spettatore fermo in una corrente di vite che procede per gli altri a velocità diverse, ma pur sempre avanti. Lì vedi nemici che non ci sono, e pur di non averli davanti agli occhi cambi abitudini, non vedi più gli amici con cui hai condiviso anni - e che magari metti in imbarazzo per questo - ti imponi un nuovo ritmo. Salvo poi capire che non c'è nessuno, là fuori, pronto a sfidarti a duello, nessuno.
Riconoscere le proprie paure è come svegliarsi, al mattino, con un senso nuovo di meraviglia per una soluzione che era lì, sotto il tuo naso, e incredibilmente non avevi visto prima. E' lasciare, una volta tanto o forse più spesso, che le cose accadano, con un senso di fiducia per quello che verrà. E ritrovarti, improvvisamente, a camminare nella corrente della vita.

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