lunedì 24 giugno 2019

Più snelli a teatro

Colazione da re, pranzo da principe, cena da povero”. Che cosa c’è all'origine di un detto che si tramanda dalla notte dei tempi? Ci sono tante verità, che poi si condensano in un proverbio come questo, ma che ha conferme in vari ambiti del nostro sapere, anche meno popolare.

Gianluca Macario, medico e nutrizionista, lo sa bene e lo applica nel suo quotidiano studio della salute dei suoi pazienti. Perché questo il punto fondamentale delle sue continue ricerche: una buona pratica da seguire come un filo rosso per tutta la vita per prevenire l’insorgenza di malattie legate alle cattive abitudini alimentari.
Come scoprire i suoi segreti, che in realtà fanno parte della storia dell’uomo fin dagli albori? Con uno spettacolo teatrale sorprendente.Lunedì 1 Luglio, alle 20.45, andrà in scena “Colazione da Re. La storia della piramide calorica: come ci siamo inventati l’obesità”. All’Auditorium Padre Reina di via Filippo Meda 20, a Rho, Giovanni Gorla e Ilaria Macario della Compagnia Teatrale “Le Schegge”, metteranno in scena uno spettacolo, scritto e diretto dalla stessa Ilaria Macario, in cui ci si immergerà in situazioni in cui il pubblico porrà trarre insegnamento.
All’interno di questa pièce, vero e proprio teatro terapeutico, si innesterà uno straordinario monologo del dott. Gianluca Macario che, attraverso la Storia, l’Antropologia, la Fisiologia umana, l’Arte e la Filosofia porterà gli spettatori a ragionare sulla natura dell’essere umano e dei suoi bisogni. Uno spettacolo nello spettacolo, introdotto da Marco Tizzoni del network civico “Gente Dì” e presentato dallo speaker di Radio Reporter Emilio Bianchi. Una radio che il dottor Macario conosce bene, in cui conduce una rubrica seguita e amata, a contatto con i radioascoltatori.
Un’occasione unica, a entrata libera, per ripensare alle proprie abitudini alimentari senza privazioni e senza eccessi, ma riscoprendo una pratica millenaria, scritta nel nostro DNA. Per informazioni, segreteria@dottormacario.it

martedì 11 giugno 2019

Sport come unicorni

Mi incuriosisce questo entusiasmo per il calcio femminile, come se fosse un animale raro improvvisamente sbucato in città. Come se prima non fosse esistito. Anzi, come un animale mitologico.

Abbiamo ormai questa tendenza a vivere di impressioni momentanee, lasciando che questi lampi nel rumore assordante di tutte le azioni che compiamo ogni giorno in modo discontinuo, ingarbugliate, lasciate e riprese, intersecate, su più fronti reali e virtuali, ci colpiscano senza pensare più che sono frutto di un lavoro prima e dopo. Abbiamo la tendenza a credere che certe cose esistano solo in quel momento e siano proprio così come ce le dicano, senza troppo ragionarci su. Dimenticando la storia.

La storia è fatta di tutto quello che non c'è sotto i riflettori. Ho conosciuto Giulia, domenica, che mi ha parlato di un tempo ritrovato per sè dopo sei anni. Sei anni in cui Silvia, la figlia, ha fatto pattinaggio su ghiaccio sincronizzato a livello agonistico. Bellissimo, ho sospirato.

Sì: proprio bellissimo.
Sei allenamenti a settimana, dalle 19 alle 23. Scuola, lavoro, pranzo alle 18.00, macchina fino all'Agorà. Lunghe attese fuori, in auto, in via dei Ciclamini. Fuori al freddo, o dentro al freddo, perchè non è mai disponibile la sala che c'è sotto la pista, al massimo c'è il bar, coi vetri incrostati di ghiaccio.
E le gare, in Italia e in Europa, che quando sono fuori sono trasferte di più giorni, anche di una settimana.

E un Liceo che non accoglie i calendari della Federazione circa l'impegno di Silvia, e che non fa nulla per venire incontro alla giovane atleta. Per dirla di dritto: nessun favoritismo. Per dirla di rovescio: poca attenzione a una ragazza che investe così tanto sulla propria formazione agonistica. Poca attenzione a una famiglia che cerca di assicurare una buona base culturale a una figlia che vuole anche impegnarsi nello sport.

Perchè le scuole speciali, quelle belle dei film, non sono la normalità, da noi.
In quello stesso Liceo, 20 anni fa, c'era una ragazza che giocava a Basket nel Vittuone. Lei era di Venezia e per poter giocare ed allenarsi era stata costretta a trasferirsi come ragazza alla pari da una signora anziana, lontana da tutto e da tutti. Me la ricordo bene, quella ragazza altissima. Non parlava mai. Seguiva docilmente su e giù dal treno le sue compagne di classe di quell'anno senza aprire mai bocca.

Non ci sono unicorni, nella vita reale. Solo sacrifici. Paolo, il mio amico scrittore, lo ha ben inquadrato in un libro in cui racconta di quelli che, per varie ragioni, non emergono. Questi "999" non sono i perdenti, rispetto all'uno su mille. Non farcela non è sinonimo di sconfitta. Non far parlare di sè non significa non esistere.
E dunque, brave, ragazze del calcio. Continuate così, come sapete fare da molto tempo.
E brava anche Silvia, che presto andrà a studiare in Bielorussia e ci starà un paio d'anni. A 10 minuti da un palazzetto del ghiaccio rinomatissimo. E, per non sbagliare, ha ricominciato a fare tutti i suoi esercizi di stretching quotidiano...