giovedì 28 giugno 2018

Swappiamoci tutti

Lunedì, dopo quattro fine settimana fuori, il detersivo per il bucato ricomprato e le prime 4 lavatrici, sono riuscita a riconoscere la bellezza della mia casa. Non che prima non ci fosse, era solo nascosta nella confusione.

Mi chiedo spesso se riuscirei a sopportare il peso di una famiglia sulle mie spalle. Attualmente (e per tutti gli anni precedenti di questa vita) la risposta è un NOOO sonoro, vista la difficoltà a governare anche solo me stessa. Non sono propriamente la portatrice sana del concetto di routine, questo è vero. Ma i periodi di caos come quello appena trascorso ritornano all'ordine solo dopo atti di forza supremi. Se dovessi occuparmi anche di altri esseri umani, poveri loro. Meglio essere causa del mio singolo mal.

Eppure l'ordine è bellissimo. Quando accade, quando mi prende il raptus, riesco pure a congratularmi con me stessa e a giurarmi che da quel momento in poi sarà diverso, sì sì. Faccio la spesa, riempio tre sacchi di spazzatura, e poi...ricomincio da capo. E allora?

E allora il libro della mia amica Daniela è bellissimo. Una persona che scrive, raccogliendo varie fonti e integrando con interviste personali chi ha l'ordine nell'animo, non può che essere la luce.
Credo che diventerà materia di studio; il mio senza dubbio. Perchè avrei intenzione di applicare molti dei suoi principi per vivere decisamente meglio. Avrei davvero, lo desidererei tantissimo.

Anche perchè mi ha fatto riflettere su un altro pensiero solo leggermente laterale: non mi ero mai fatta nessuna domanda su quando spazio ognuno di noi occupa effettivamente. Il pensiero corre alle mie smemo delle medie in cantina, a quello ho messo in tre scatoloni e che sicuramente mi servono in casa e che invece sono ancora là, chiusi, dormienti. Ai molti oggetti che possiedo senza nemmeno toccarli per mesi. Nessun essere vivente oltre all'uomo costruisce tane così grandi.

E allora, swappiamoci tutti. Le giungle in cui mi tutto abitualmente sono di solito due: il bagno e l'armadio. Per il primo, ho già adottato il motto "fai fuori tutto quello che c'è". Per il secondo sto pensando di applicare il primo principio del Tutto-a-posto pensiero: lo swap.
E allora ho già messo da parte tutto quello che non mi va più. E' vero che la forma fisica potrebbe tornare. Potrebbe. Vorrebbe. Ma nell'attesa che questo accada, ci sono abiti che potrebbero ora, nel presente, essere utili a qualcun'altra.
Ho scritto una mail a due amiche, ma sarebbe bello organizzare una festa più grande. Con un tavolo con rinfresco, perchè ogni momento è buono per festeggiare (questo invece è un motto tutto mio).

Quindi, amiche, tremate: ci swapperemo in tante. Sai mai che riusciste nel miracolo di farmi fare realmente ordine!

giovedì 21 giugno 2018

Apparenze

L'ho incontrata mentre scappavo fuori di casa per andare a pilates.
Ci ero entrata 20 minuti prima, dopo un'ora e mezza di coda, le lenti a contatto sciolte nelle borse degli occhi e dopo aver scalciato via i tacchi, che sono rimasti sotto il tavolo. Avevo resistito alla tentazione di starmene stesa sul pavimento per tutto il tempo.

Lei mi ha distolto dal vortice dei pensieri. La mia vicina piccolina e magrissima che incontro anche in palestra. La palestra a lei non servirebbe nemmeno: ha una forma invidiabilissima.
Tornava dal lavoro anche lei. Ormai sono un paio d'anni, ha detto. Da quanto non ci parlo?, mi sono chiesta. Ricordo che l'ultima volta ci eravamo confrontate proprio su questo, mi aveva chiesto se mai potessi trovare qualcosa per lei.

- Ti trovo molto bene, le ho detto. Lo penso davvero.
- Dici? Grazie, ma ormai sfioro la cinquantina.
- No, davvero. Guarda me: sono bonzissima, le ho detto ridendo. Arrivo da un periodo non molto positivo, mi sono curata. Adesso sto molto bene, ma devo fare qualcosa per questa forma tondissima!

Davanti alla sua scala, si ferma e mi guarda. Sono arrivata a pesare 36 chili, dopo che mio marito mi ha lasciata. Me lo dice così, senza filtro. Guardandomi negli occhi senza cercare nè approvazione, nè pietà. Me lo dice e basta. Me lo dice come aveva fatto quando successe. Abitiamo in questo piccolo condominio da otto anni entrambe, dall'inizio. E dopo poco questo tizio l'ha lasciata senza una parola, dopo anni di matrimonio e due figli. Lo sapevamo tutti.
Sorride. Per fortuna ora peso una dozzina di chili in più!, aggiunge.

Mi sento un po' stupida. Ma più di tutto sento la stupidità in cui siamo immersi tutti.
Sento il dispiacere di aver perso per strada persone cui tenevo molto, io. Che invece badano molto all'apparenza, loro. Che dunque si accompagnano solo a chi rientra in certe misure. E non parlo di valori.

Botticelli può mischiarsi con Botero? Non in questa vita e non in questo tempo, forse. O forse basta fingere di non accorgersene, fare i conti con lo specchio solo quando nessuno ci vede e poi adottare del sano (e finto) menefreghismo. Perchè la cultura è sempre un elefante invisibile, sempre lui, sempre grandissimo, sempre ingombrante. Ogni occasione è buona per ricordarci che nella fattoria degli animali non siamo poi così uguali.

Sono scappata a pilates e Gabriella ha avuto il magico potere di regalarmi un'ora senza dover reindossare la maschera del menefreghismo. Mi ha rimesso in asse e, in quella piccola classe di donne, l'elefante è rimasto fuori.

giovedì 7 giugno 2018

Primi giorni di lavoro: nuovi uffici, nuova vita

In un mondo ideale, sarebbe bellissimo cambiare lavoro ogni tre, quattro anni. Per non perdere mai il gusto di imparare cose nuove, per divertirsi lavorando, al momento privilegio per pochissimi. In un mondo ideale, le conoscenze lavorative si moltiplicherebbero e tornerebbero utile per collaborazioni, per stimoli nuovi, per aventi extra. In realtà, questo succede anche nel mondo reale, dove è solo più difficile mantenere alto il divertimento...

Dopo tre anni e mezzo, ho cambiato ufficio.
Il destino (che torna, torna sempre, una sottotraccia musicale) mi riporta dalla parte opposta di Milano, appena sopra Lambrate. Il destino, che comunque si diverte a complicare anche le cose belle, questa mattina mi ha regalato un paio di orette nette per arrivare qui da casa. C'è da elaborare una serie di piano alternativi efficaci.

Ho cambiato ufficio e questo è bellissimo. C'è spazio, la climatizzazione è perfetta, momenti di assoluto silenzio, armadietti lucchettati e spazi per l'archivio. Il magazzino è un po' ridotto, ma forse - dopo tre anni - riuscirò a riprendere possesso del mio garage, ora invaso da pettorine, cappotti, abiti e giacche. L'inscatolamento dal vecchio open space mi ha costretto a buttare il superfluo, ma il bello deve ancora venire.

Il bello arriverà perchè non abbiamo una postazione assegnata. Sulle scrivanie non deve esserci nulla, e nessuno di noi può lasciare effetti personali. Ognuno di noi, potenzialmente, deve poter lavorare qui e altrove, da casa o dalle trasferte o dai clienti, e avere il necessario con sè.
Ma cosa è il necessario?

Fare ordine è un esercizio che andrebbe fatto ogni settimana. Un dovere. Obbligatorio.
E' un aiuto alla nostra mente, così bombardata da informazioni da soffrire di accumulo, che si riflette su ciò che abbiamo intorno. Sarebbe bellissimo, allora, mantenere l'ordine che adesso vedo. E magari limare per perfezionarlo, tenendo solo un'agenda, poco più.

Quello che mi aspetta a casa (soprattutto nell'armadio e nella scarpiera) è tutta un'altra storia!

lunedì 4 giugno 2018

Imparare dallo Sport

Come si fa a mantenere la calma quando la tensione è alle stelle?
Come si mantiene, quando la avverti come una corrente che corre tra tutti i presenti?

Non lo so. Ma proprio perchè è qualcosa che si impara, basta mettere in atto due contromisure che aiutano a evitare il contagio. Mettere a bada l'isterismo, quello che in un uomo è considerato un atteggiamento prevaricatore ma autoritario, in una donna invece solo un atteggiamento dettato dalle proprie ovaie. Ma tant'è.

Ci sono diverse situazioni professionali che si presentano come eventi in cui sembra si stia decidendo il destino di una guerra nucleare. Senza esserle, ovviamente. Sono più che altro un susseguirsi di azioni molto ravvicinate che vanno fatte tutte contemporaneamente perchè l'evento si realizzi senza intoppi per nessuno. Il primo segreto è la conoscenza di questa sequenza nel modo più preciso possibile, prevedendo anche una percentuale di imprevisto. Questo aiuta a restare concentrati sui passi da seguire senza farsi prendere dal panico da prestazione. Se si pensa alla check list, non si lascia spazio allo sgomento. Un passo alla volta e non la meta.

Il secondo segreto è ridimensionare. Posto che non siamo Trump e non abbiamo bottoni rossi da premere, l'atteggiamento migliore è quello di considerare la bellezza dell'evento che stiamo contribuendo a creare. Per affrontarlo con la fronte distesa. Per guardare in faccia le persone che lavorano con te. Per dare loro la fiducia di un ruolo, per delegare. Per fare gruppo, senza per forza latrare ordini.

Poi c'è sempre chi mi stupisce positivamente. Il mio mito del momento si chiama Alessandro e lavora a Trento al Palazzetto per me, quando c'è il basket. Da tre anni, quando c'è, si occupa degli ospiti, che non sono sempre tranquilli, che non sono sempre sobri, che spesso non brillano per intelligenza.
Ma lui è lì da tre anni e ha capito che il muso duro e lo sguardo minaccioso non servono. Anche nel mezzo di una carica, anche quando le menti non sono lucide, con una pacca sulla spalla e il sorriso riesce a stemperare tutto. Anche se circondato da poliziotti in tenuta antisommossa.
Alessandro applica i due segreti precedenti, ma aggiunge una dote innata, difficile da acquisire con l'esperienza: la comprensione del momento e l'ascolto.
Da tre anni i tifosi ospiti che tornano a Trento lo cercano e lo salutano. E intorno a lui il tifo cambia clima.

Un cambiamento climatico che riporta lo sport là dove dovrebbe stare.