venerdì 17 febbraio 2023

Leggere e non scrivere (se non qui)

Ho finito M, Il Figlio del Secolo, dopo molto tempo. Troppo tempo. Sì, è un libro impegnativo, più di altri. La Storia e il Romanzo mi hanno affollato la mente di domande e hanno disseminato le risposte qua e là. Ma mi sono resa conto che sto cambiando e che sono anche io parte di un processo culturale. 

E' vero. Ho la tendenza, da anni, ad iniziare e portare avanti più letture in contemporanea. E, a differenza del passato, se proprio non funziona, non arrivo alla fine per forza. Il primo che ho piantato lì da sola (in gruppo, alle Medie, è stato Il Signore degli Anelli) senza più riaprirlo è Kerouac; per quel che mi riguarda resta on the road, di nome e di fatto. Da allora ho smesso di essere conclusiva per forza. Al momento, Ippolito Nievo mi rende la vita difficile, per il linguaggio e la distanza di queste confessioni di un Italiano. Così come Dave Eggers, anche se in questo caso mi spiace moltissimo, anche se - evidentemente - non sono un formidabile genio. Una volta ho piantato a metà Kitchen, ma solo perchè ho iniziato a leggerlo nel negozio-caffè di Gae Aulenti e poi non l'ho comprato. 

Insieme a M, insomma, nell'ultimo anno ne sono arrivati altri. Alcuni in corsa hanno superato il tomone, come il primo Garlando con Falcone e il secondo che sta per essere terminato con Che Guevara (perchè faccio sempre così, quando posso: leggo sempre un paio di opere per autore, perchè quello che mi cattura, esattamente come in amore, è la loro testa). Come Camilla Lackberg con il primo fuori saga, e un paio di Valeria Corciolani, della serie della colf e l'ispettore e anche nell'altra, sul filone dell'arte, bellissimo. Come la mia amica Linda Corno, che mi ha regalato il suo libro in un caffè di Inveruno e mi ha raccontato della sua mamma e di come, appunto, quel libro è nato. Di lei, però, scriverò con estrema calma. Come Elena Granata, che ha lasciato una piccola memoria di Elena Sachsel e che ho trovato su twitter. Anche con lei berrò un caffè. Anche di lei scriverò poi. E il mio grazie, in questo caso, va a Roberto che - mio malgrado - non riesco troppo a supportare in un progetto che mi sta a cuore. 

Altri invece si sono affiancati, sia in formato cartaceo, sia sul kindle, miei o prestati. La seconda Auci è molto meno avvincente del primo atto Florio e procede con grandissima lentezza, ma lo finirò e lo restituirò a Maria. Ci metto sempre accanto anche qualcosa che parla alla mia anima. L'ultimo che ho portato a termine è il Guerriero di Pace, dopo aver visto il film su Youtube, entrambi fortemente consigliati da uno dei miei angeli custodi sparsi nel mondo. Prima di riprendere da zero la Via della Leggerezza di Lumera e Berrino, però, inizio a breve Ikigai, che mi hanno regalato Elena e Mauro a Natale, perchè soprattutto Elena sa leggermi dentro. In coda ho un'altra Lackberg, Fight Club e soprattutto Colibrì. 

Ma la mia attenzione è cambiata, la mente si trova a vagare in fretta tra le righe stampate di una pagina e il pensiero spesso torna allo schermo del cellulare. Mi giustifico pensando che, forse, non ci sono state letture particolarmente appassionate, ma so che non è così. So benissimo che sono i mille rivoli delle distrazioni a portarmi altrove, ma - anche in questo campo - con gentilezza e determinazione non smetterò di rifocalizzarmi. Ne sono sicura. Ogni volta che entro in una libreria tutti i dubbi spariscono, ogni volta è un sospiro di sollievo, ogni volta mi rendo conto di quanta tranquillità economica mi deve questo tempo, ogni volta confermo a me stessa che il mio nome, là dentro, ci starebbe bene, ma non ne sono all'altezza.  

Una cosa non mi spiego ancora: non ho la tessera della Biblioteca. Sarebbe il caso di rimediare, in questo 2023. E acquistare un secondo Scurati.

lunedì 13 febbraio 2023

Perchè non hai figli?

Passo a prendere una mia amica, anche se non è proprio di strada, ma il destino di chi abita fuori Milano è un po' questo: già che ci sei, vieni a prendermi? 
E dai, passo. La serata è sul Naviglio, il ristorante è basco e la tavolata è bellissima. Quella paella ce la pregustiamo da un po'. Facciamo accoppiata con sangria, da classicone, per aggiungere ancora più gioia. 

Arriviamo, ci sediamo, ordiniamo. Tre delle donne al tavolo hanno lasciato i bimbi a casa, piccoli. Forse è una delle prime serate di libertà, forse la prima per due di loro. Una piccola parentesi qui fuori, per guardarsi in viso, per respirare, magari bere poco, ma non importa. 

E poi una di loro attacca il discorso. E parla di lui, il bambino. Solo che il discorso non finisce più. Lei è un fiume impetuoso che probabilmente ha rotto gli argini. In quel ristorante basco, forse, con noi, le colleghe che hanno condiviso turni, occhiaie, orecchiette alla salentina d'asporto o improbabili schiscette, difficoltà, successi e cazziatoni, viste in tutti i modi possibili, ecco, forse lei ci ha ritenute uno sfogatoio. E il discorso è cresciuto, includendo tutti i particolari della maternità, tutti. E gli unici interventi ammessi sono stati di conferma. 

E sì, dentro esplode qualcosa. Ad un tratto ho desiderato di scappare. Di inventarmi un malore, di fuggire via lontano da quel tavolo dove solo la maternità sembrava ammessa. Solo la condivisione di un pensiero unico aveva il permesso di manifestarsi. C'è questo qualcosa che non conosci e di cui non puoi parlare che si pianta lì, in mezzo al petto. E fa male. E sì, male ho iniziato a sentirmi davvero. Guardavo il piatto e spostavo quello che era contenuto, senza appeal e senza davvero vederlo. E sì, volevo scappare da queste ragazze cui voglio bene come sorelle, ma non potevo. Avevo lei da portare a casa. E il pensiero di riattraversare Milano in due mi faceva stare anche peggio. 

Non mi ricordo come ho fatto, ma quel magone me lo ricordo bene. Quelle lacrime amarissime me le ricordo bene. Quella è stata la prova peggiore, ma poi è arrivato anche un pranzo, a Rho, in una di quelle trattorie a prezzo fisso e un altro aperitivo, ancora sui Navigli, con altre donne. In questo caso un'altra lei si sente di consigliarti un figlio, senza se e senza ma.

Non sono madre. 
Ci sono stati due momenti nella mia vita da potenziale portatrice di vita in cui ci ho pensato davvero. 
Il primo è stato con la persona giusta, ma ero giovane, appena laureata e con un lavoro immediato e, in quel momento, carico di promesse. Dall'altra parte c'era un mio coetaneo che no, non ci pensava nemmeno lui davvero. 
Il secondo è stato una decina di anni dopo, in quella seconda età che rappresenta un po' la soglia dell'ultima chiamata, almeno nelle mie idee. La persona era sbagliatissima, in questo caso.

Nel mezzo è come se fossi stata scagliata contro un muro ad alta velocità, fuori da una navetta che contiene tutte le altre, tranne te. E nessuno che venga a raccoglierti. 

Nella vita di ogni donna ci sono tanti ingombri invisibili. 
Il più grande è culturale e non finisce mai di occupare tempo, spazio, coscienza. 
Un formidabile produttore di sensi di colpa.
Il tempo ti insegna a non sentire più quel dolore fisico. 
La consapevolezza, quando arriva, ti aiuta a vedere il resto, il cambio di prospettiva, quello che sei. Ma l'ingombro occupa sempre la metà del letto, si fa spazio nell'armadio, in bagno. Reclama quella sofferenza che non vuoi provare più, ma che tutti si sentono in dovere di sottolineare. Hai meno valore al lavoro, nel condominio, in consiglio comunale; persino il prete dal pulpito ti ha dedicato un pensiero prelettorale. Peccato non sia epoca di Inquisizione.

lunedì 6 febbraio 2023

L'Associazione Nerina cerca VET!


Hai presente quando ti trovi a invidiare chi cambia vita? 

Stai chiedendo all'universo qualcosa, e questa richiesta, prima o poi, arriverà da te. Però sta a te coglierla, poi. Riconoscerla. Darle il giusto valore. Metterla davanti a un milione di cose futili che ti fanno perdere la capacità di capire cosa vuoi davvero, anche se l'hai chiesto tu. 

Due anni fa, nel mio periodo sabbatico a Capo Verde, ho conosciuto Spartaco e Nathalie e la loro clinica veterinaria, Nerina. Prima di loro, anni, prima, avevo conosciuto una loro grande amica, Roberta, in escursione. Svizzeri italiani che, come me, hanno avvertito il magnetismo di Boa Vista e che hanno costruito qualcosa per sé e per gli altri. 

Ho raccontato la storia di questa clinica in un post sul blog di Trueboavista. Nell'ultimo periodo della mia permanenza, loro mi sono stati molto vicini a seguito di una brutta storta a un piede in diversi modi. E in questi mesi ho sempre pensato ad un modo adeguato per far conoscere la loro azione e sostenerli. Ho proposto ad alcuni periodici la loro storia, ma - anche quando scrivi - il tempismo è tutto, ancora più del come. 

Oggi Spartaco e Nathalie e il loro entourage cercano un veterinario. Offrono un alloggio, tutte le spese pagate, tutte le tasse pagate, internet e ovviamente uno stipendio. Si parte da tre mesi. 
No, il vet non ho imparato a farlo. Ma credo nelle connessioni e penso che questo post possa essere condiviso. Possa dare l'opportunità a qualcuno di vivere al Tropico per un po'. 

Una piccola domanda e una riposta, insomma. 

Vuoi saperne di più? 
www.associazionenerina.ch