venerdì 30 giugno 2017

La Luigia è la mia eroina

Ho dedicato del tempo alla mia piccola casa, il mio rene aggiunto.
Ho realizzato che, a Ottobre, saranno ufficialmente otto anni. Ma ufficiosamente ci sono già tutti.
Adesso, dopo un biblico periodo di vacche magre, queste due stanze più servizio meritano un po' di amore, un po' di considerazione. Abitare da soli non sempre lo concede, ma adesso è il momento. Il momento migliore, quello che serve alla parte più testarda di me che non è mai troppo tardi per essere egoisti.

Così, domenica, ho liberato la camera da letto per far spazio al nuovo. Mi sono resa conto che una camera può contenere una quantità enorme di oggetti. Impensabile. Ho strappato biglietti d'auguri giganti per il mio diciottesimo, della mia laurea. Ho buttato via collane mai messe. Stivali, scarpe. Maglioni. Ho portato un paio di scatoloni in cantina (con la promessa di metterci mano...) salvando cimeli dell'Inter, un Game Boy, molte altre cose che in questa sudatissima giornata non ho avuto cuore di eliminare.

In una pausa, ad aperitivo perso inoltrato, mi sono affacciata al balcone, per dare da bere ai gerani, per cercare un refolo. E ho trovato la mia aria fresca: la Luigia, affacciata al balcone di fianco. Così, combattendo gli attacchi delle zanzare, abbiamo parlato per quasi un'ora. E questa donna di 88 anni è riuscita, ancora una volta, a darmi una bella lezione.

A 13 mesi lei ha preso la poliomielite. Camminava già, ma dopo una notte di febbre altissima ha perso ogni mobilità. La madre se n'è accorta il giorno dopo: l'avevano presa in tre, nella sua zona. Gli altri due, maschi, una volta adulti hanno fatto i conti con la vita in modo diverso. Uno si è suicidato; l'altro ha avuto seri problemi.

E anche lei. Ha subito tre operazioni nei primi anni per recuperare soprattutto l'uso di una gamba. E' stata ricoverata a lungo, una volta per un anno intero, all'ospedale dei bimbi rachitici (probabilmente, scopro oggi, il Gaetano Pini). Ha perso due anni di elementari.

La madre, a Corbetta, si era fatta costruire dai fratelli una piccola carriola di legno, che riempiva di cuscini, e con quella la portava a scuola. Poi la prendeva in braccio e la metteva a sedere al suo posto, tornando a lezioni terminate. Poi sono arrivate le scuole medie, dalle Canossiane a Magenta, una decisione presa insieme alla famiglia, data la retta (certe cose non cambiano mai).
Prendeva il tram per andarci, cercava in tutto i modi l'autonomia. E quelli - ha esclamato con un sorriso grandissimo - sono stati gli anni più belli della sua vita.

Perchè lei non si dava per vinta. Perchè lei, dopo il bullismo delle elementari, li ha conquistati tutti. Perchè non ha mai smesso di essere gioiosa, positiva, brillante e spiritosa. Perchè era - lo è - irresistibile. E anche dopo, studiando per qualche tempo da geometra, è questo spirito che l'ha guidata fino all'ottenimento un un lavoro che ha conservato con grazia per tutta la vita.

Questa vita che ama in tutto e per tutto. Nonostante 88 anni di convivenza perenne con il dolore fisico, lo spirito è questo: quello di un fuoco che non si spegne. Me le ha suonate per bene, ma sempre con quel suo sorriso dolcissimo, e sempre incitandomi ad alzare la testa. Alla gioia. Alla gratitudine per ogni giornata.

Ci sono insegnamenti straordinari in chi ci sta vicino. Spesso non riusciamo a vederli. Spesso non vogliamo, non ce la facciamo. Lei mi sta letteralmente vicino, ed è straordinaria. Spero, un giorno, di poterle somigliare un po'. di poter guardare negli occhi una persona in difficoltà e dirle, con tutta la sincerità del mondo, che le ore del giorno non bastano mai e che la vita è meravigliosa.

mercoledì 28 giugno 2017

Due anni di me

Linkedin dice che oggi festeggio due anni di Adecco.

Adesso che non fa più male, mi rendo conto qual è il mio "problema": sono affezionata ai miei sogni, resto ancorata a quello che mi ha reso felice, mitizzando momenti e persone. E lavori. 
Il giornalismo è stato il sogno della mia vita. Probabilmente quello sbagliato, visto che in questi due anni è rimasta solo quella passione.
 
Sono molto brava a rialzarmi. Me lo dicono gli altri, perchè per quel che riguarda il mio profondo, invece, la mia parte emotiva è piena di tagli e di cicatrici. Una Emo emotiva: il massimo, non non plus ultra, una ridondanza unica. Ho cambiato tutto due anni fa, ho ricostruito e il giornalismo ha pensato che non avessi più bisogno di lui. Io ho dimostrato di poter fare altro, uscendo anche da una povertà materiale e una considerazione pari a zero che il giornalismo mi ha lasciato, come un amante decisamente poco riconoscente. E tale è rimasto. Ma l'ho perdonato.

Lasciare andare. Per il lavoro funziona benissimo, nonostante questo ancoraggio primitivo, viscerale, irrazionale. Per il resto mi sembra impossibile riuscirci. Per il resto, la parte migliore di me (il mio cervello) è ancora irreperibile.

lunedì 26 giugno 2017

Tu sei un pezzo di me (Levante)

Le domeniche non mi hanno mai fatto niente di male.
Certo, spesso la casa di famiglia era - ed è - invasa di gente.
Certo, magari dovevo studiare.
Certo, per 11 anni è stato un giorno come un altro, spesso di turno lavorativo.

Ma non mi avevano mai fatto del male, anzi. Andare controcorrente, non frequentare centri commerciali e chiudersi in studi semideserti, assaporare quel silenzio, spesso non era male.
Anche lavorare in uno dei suddetti centri commerciali non era male. Dall'altra parte, quando sei tu a renderti utile, sei strattonata nelle vite degli altri, nei bisogni superficiali o in quelli profondi mascherati da superficiali. Anche quando piegavo maglioni in un paio di negozi di abbigliamento la domenica era comunque la migliore: era un moto perpetuo, un momentaneo ordine in un'onda continua, inarrestabile.

Poi c'è stato lo stadio: anni lunghissimi di slalom tra questi lavori, un ritorno da Cuba, sonni brevissimi e altro lavoro. E amici, o persone che vuoi frequentare, per convenienza, per prestigio, per sentirti parte di un gruppo. E poi di nuovo stima vera, e poi di nuovo affetto, e poi di nuovo il gioco delle parti, il giochino della donna che deve far finta di non capire in quanto donna.

Le domeniche sono bellissime.
Poi è arrivato lui, che le odiava, per tanti motivi. Ma ha detto che ero io a fargliele amare.
Ha detto tante cose, poi tutte false. Tutte, dalla prima all'ultima, solo che l'ho scoperto piano piano.
Però da quel momento in poi le domeniche sono diventati i giorni peggiori. Visto che ha scelto pure una domenica per lasciarmi.

L'ultima è di oggi e parla di un tradimento iniziato mesi fa. In sordina, sul cellulare. Banale, scontato, persino noioso: non fa nemmeno notizia. Tra l'altro sgamato, respinto in modo offeso e offensivo. Perchè sono io quella intelligente, dai. Però insopportabile, che alza troppo la voce e poi i vicini sentono, eccessiva, non mi modero in nulla, neanche nel cibo e nell'alcol, soprattutto. Tutta sbagliata.

Fino a oggi. Che belli i lunedì. Che domeniche bellissime torneranno ad essere.

giovedì 8 giugno 2017

Terremoti di pancetta

Non scrivo da un po' perchè c'era dell'ordine da fare. Dentro.
Però adesso lo faccio anche fuori, in casa, così a fine Giugno potrò finalmente dire di aver ricominciato a ricostruire dopo il terremoto emotivo che mi ha coinvolto.

Odio i terremoti emotivi. Li odio perchè non ho filtri, e offuscano l'unica dote che mi si riconosca un pochino. Tornare lucidi, ogni volta, è faticoso e come tutti cerco capri espiatori. L'ultima a farne le spese è stata un'amica di sempre, un'amica per sempre. Che per fortuna me lo ha buttato sul tavolo così, semplicemente, in una mezzanotte calda di Trento.

Combatto i territori emotivi con la condivisione. Però ultimamente è diventato difficile, nel senso che per molti è un esercizio disdicevole. A 38 anni compiuti mi sento come un'equilibrista che deve cercare di allargare le braccia il più possibile e tenere entrambi i piedi su una corda, nonostante i terremoti e nonostante i consigli non richiesti.

Però la condivisione serve, perchè chi mi vuole bene veramente sa che me ne vuole più di quanto io ne voglia a me stessa. Mi ama per le scelte giuste e sbagliate. Non mi giudica, perchè io non giudico loro. E' qualcosa che mi ha salvato.

Mi ha salvato anche in questi mesi in cui ho perso il senso di parecchie cose. Non ci sono state pause in cui rifugiarmi lasciando fuori il mondo, stavolta. Anzi, forse ancora di più ho affrontato tutto nonostante la perdita di identità che sto piano piano ritrovando.
Per mesi mi sono guardata allo specchio della camera senza sapere cosa stavo guardando: una ragazza o una donna non così tanto giovane? Una grassa o una normale? Una bassa? Una che va bene così per l'ufficio? Una bella o una brutta? Una perchè così tanto arrabbiata?

La condivisione mi ha dato delle risposte. Mi ha mostrato come e dove chiedere aiuto. Nella mia vita di tutti i giorni ho deciso di fare tante piccole cose per la prima volta, per poi scoprire in vacanza (anche questa fatta per me sola) e grazie a Valeria che esiste un libro apposta per me, che parla di me. Lo ha scritto Chiara Gamberale.
Lei, Valeria, ha passato con me quella settimana. Dormendo sul divano, dandomi il suo letto, e ribattendo ad ogni mia lamentela. Lei, Valeria, mi ha raccontato la prospettiva del suo nuovo luogo del cuore. Quando sono tornata e ho visto ancora tutte quelle macerie ho iniziato a ricostruire.

Oggi ho letto un articolo sul corpo delle donne. Ho scritto un commento su facebook, quello che è successo a me in quasi metà - ormai, ahimè - della mia vita. Lo penso veramente, l'ho condiviso, a qualcuno non piacerà. Me ne farò una ragione: ho un terremoto da rigovernare, con una costanza che ho imparato a scoprire.