domenica 25 settembre 2011

A ognuno i propri Demoni

Io sono la "profana". Che è esattamente quello che sono la maggior parte delle persone che, come me, sanno cos'è il football americano perchè...lo sanno, ma niente di più. Forse, parlare da digiuna di football a chi non lo conosce può essere una buona idea.
Io mi sento un'iniziata. Lo sono come i ragazzi che quest'anno sono entrati a far parte dei Daemons, senza però i loro goliardici riti di battesimo.
I Daemons, società che si allena a Cernusco sul Naviglio, che ha una prima squadra, ma non solo. Sabato 24 settembre, infatti, il mio battesimo è avvenuto con l'Under 18 e in terra svizzera.
Ecco quindi com'è andata.


Metti il primo sabato di questo autunno, in un pomeriggio che sa tutto di estate, in viaggio verso Lugano. Non per una mostra, non per il quartiere a luci rosse, non per una gita di piacere sul lago.
Qui si parla di trasferta. La prima, in amichevole, ma pur sempre gara. Con una squadra che si chiama Lakers. No, non è basket. E' football americano.
La nostra squadra si chiama Daemons. I Demoni. Quella che gioca oggi alle 19.30 è l'Under 18.
Arrivo, vestizione e allenamento di un'oretta con i coach Dario, Alessio, Peter e, su tutti, l'head coach Luca, il boss dell'allenamento. I ragazzi si proteggono con adeguate protezioni alle gambe e soprattutto alle spalle, cambiando forma, aiutandosi l'un l'altro. Cammello, Fatina, Alcool...sono solo alcuni dei soprannomi di questi ragazzi, dalla maglia bianca con il numero rosso sulle spalle, e un diavolo per ogni lato del casco.
I primi due quarti durano circa tre quarti d'ora e danno vincenti i padroni di casa per 19 a zero. I secondi due quarti sono andati di conseguenza, con risultato finale di 37 a zero. Dopo il saluto con la squadra vincente, subito il confronto in campo.
"Almeno tutto quello che non andava lo abbiamo visto", è il commento del coach Dario, fatto con un sorriso. Un sorriso, sì, perchè non è andata poi così male davvero. Questa gara può essere considerata il numero zero del nuovo corso dei Daemons. Un'amichevole con una squadra che in Italia giocherà con gli Under 21 e che ha un organico collaudato da almeno tre anni, mentre il nostro gruppo conta numerose new entry.
Alcuni dei ragazzi hanno quindi masticato schemi e tattiche per la prima volta. Per loro, l'ascolto delle indicazioni dei coach è stato quindi decisamente importante.


Un po' come me, insomma. Ho ascoltato i coach cercando di capire come si avvicendano nel gioco attacco e difesa, come in 4 tentativi debbano superare uno spazio, misurato in yarde, ben segnalato a bordo campo per poter progredire e cercare di far punti, come ci si incoraggia, come si prendano subito le statistiche e si porti l'acqua ai footballers. L'estate, nella freschissima serata svizzera, se n'era andata, ma solo il pubblico se n'è accorto. I ragazzi correvano e placcavano e i coach li incitavano, esortandoli a mantenere le loro posizioni e a mettere in atto le strategie, come in una partita a scacchi decisamente movimentata.

venerdì 23 settembre 2011

Professionastri

Essere giornalisti, contrariamente al sentore comune, non significa raccontare sempre e solo di tragedie e di brutte notizie. Tutt'altro. Ma la crisi, che si e' abbattuta pesantemente su questa categoria riducendo a stracci i collaboratori (stagisti, o sottopagati, o ampiamente sfruttati), ha tagliato proprio su quella parte di informazione che rende il giornalismo completo, interessante, degno di ammirazione. Curato. Originale. Sempre diverso.
Invece basta seguire due telegiornali, o due radiogiornali, per accorgersi che si somigliano in modo imbarazzante. Nelle parole, nelle pause.
Una volta quel giornalismo "originale" si chiamava inchiesta. Che di snello e fresco non aveva proprio niente, anzi. Era un lungo procedimento di ricerca, in cui il giornalista si informava davvero, senza fare copia e incolla. Le "grandi firme" erano questo. Persone che sapevano. Adesso siamo tanti scribacchini cinesi che producono e dimenticano, e se non fossi una di loro forse mi disprezzerei anche io.
Ho parlato con un amico, ultimamente, che mi ha raccontato di una sua sostituzione estiva in un quotidiano in cui è sempre stato un semplice collaboratore. Mi ha detto come si fosse sentito completamente diverso. Nella sostanza, ovviamente.
Nella sostanza, odio constatare ogni giorno quanto il mio lavoro venga deprezzato. Chiedendo il mio "aiuto" solo gratuitamente, per esempio. Forse perchè nel famoso sentore comune tutti sanno scrivere. Che ci vuole? Effettivamente, con queste condizioni di fondo...non ci vuole proprio nulla.

lunedì 19 settembre 2011

Che ti prende anche quando non vuoi

Nella mia cassetta della posta oggi c'era il questionario per il censimento.
Perfetto. Ci mancava solo questo.
Oggi, la giornata della Nostalgia Canaglia.
Per fortuna non succede spesso, ma quando succede ogni piccolo gesto, ogni strada, ogni canzone, ogni alito di vento mi parla del passato.
E' bastato aprire quel fascicolo tutto da compilare per ritrovarmi catapultata a 10 anni fa, quando ero io a fare la rilevatrice.
22 anni. Universitaria. L'anno prima, un viaggio fortunatissimo in Australia. Al ritorno, l'Amore, quello con la A maiuscola. E gli esami, un'ansia da combattere voto per voto, una prova alla volta. L'anno in corso, le prime colleghe, e poi - appunto - il censimento. Casa per casa, con i primi freddi, con il buio e la pioggia, ad affrontare maleducati e desiderosi di raccontare la propria storia. Quelle storie che arrivavano, vinte le prime diffidenze, con intensità crescente, con particolari vividi. Bastava una domanda sulla scuola o sul lavoro, e il tappo saltava. Quanto ho amato quei 4 mesi...

Oggi. Mi sono chiesta decine di volte, decine, che vita è stata in questo decennio. Vorrei sapere, a parte il desiderio di tornare ad avere 22 anni, perchè oggi vedo solo un lento declino. Vorrei sapere dov'è quell'orizzonte che non vedo più. Vorrei sapere dove sono i sogni, se esiste, esisterà mai, una realizzazione. Vorrei sapere quando ha iniziato ad essere "troppo tardi", quando ho iniziato ad essere "vecchia", quando per il mondo del lavoro sono diventata difficilmente ricollocabile, contemporaneamente troppo e poco referenziata. Quando ho iniziato a fare paura agli uomini. Perchè.

Quando lo saprò, smetterò di scoprire i fili che mi uniscono al passato senza perdere il sorriso. Smetterò di piangere, ascoltando una canzone triste. Tornerò a camminare per strada e guardarmi intorno, e non per terra. E magari alzare di nuovo lo sguardo fino all'orizzonte.

Mi aspetto molto da questi anni '10.

Auguriiiii

Il 17 il blog ha compiuto 3 anni. TRE ANNI!!!!!
E non me ne sono accorta.
Semplicemente...non mi sembra vero!

Auguri terapia!

venerdì 16 settembre 2011

Single malati/1

Io scrivo un post sui single e gli amici si scatenano.
Potrei quasi scrivere un blog solo di storie che, quasi istantaneamente, mi sono piovute da più parti. E, a dire la verità, ne ho parecchie da pescare anche dalla mia esperienza, come però spesso ho fatto, a partire dalla frecciatine dei parenti.
Sono arrivate "amici che si sono sposati con donne chiaramente insopportabili" e che quindi scompaiono, a questa meravigliosa considerazione: "la cosa peggiore è quando i parenti o gli amici si mettono in testa di presentarti qualcuno o qualcuna...non so se a te fa lo stesso effetto, ma io ho come l'impressione che ci scambino per cagnolini al guinzaglio". Altrochè se succede.
Anche se io resto sempre, troppo (come ho già scritto) sbalordita dal fenomeno delle coppie che escludono ogni altra forma di vita sociale. E non sono solo io, visto che un altro amico me lo intitola, anche: "40enni che cucinano perchè gli accoppiati si accoppiano tra di loro e così sono nati i privè". Perfetto. Il sottotitolo, un altro classico: "beh ma non ti fai mai sentire".
Cosa posso aggiungere io? Ho un'immagine fissa nella mia mente. Quando io e il mio fidanzato storico ci siamo lasciati (ebbene sì!!! Sono stata fidanzata anche io!!!! Da non credere...) una sera un amico suo che era diventato anche mio mi ha pianto addosso tutto il suo "dispiacere" per la nostra storia finita e mi ha incolpato di tutto, e mi ha supplicato di "ripensarci". Al suo fianco, allacciata e aggrappata come se dovesse cadere, la fidanzata che nel mezzo del piagnisteo del suo tesorino non ha mancato di schiaffarmi a tre centrimetri dal naso l'anello d'oro a tre colori che lui le aveva regalato nell'appena trascorso week-end a Parigi. Di solito perdo la pazienza alla velocità della luce...e invece quella sera sono rimasta stranamente calma. All'"amico" ho chiesto se, per caso, si fosse degnato di chiamare il mio ex, con il quale è cresciuto, per chiedere a lui come stava, per parlare un po', per ascoltarlo.
Silenzio.
A tutti piace il pulpito.

lunedì 12 settembre 2011

Per non dimenticare

Di ieri non ho scritto nulla, ero al Macef e ci sono rimasta tutto il pomeriggio e poi, la sera, ho fatto in tempo a vedermi il secondo tempo della partita, in qualche modo, prima di tornare a casa.
Ero stanca, distrutta, ma ho acceso la tv. E sono andata a dormire tardissimo.
United 93 su Rete4. E poi, 9/11 sul La7.
E ho pianto.
Dieci anni fa. Me lo ricordo come se fosse ieri. Giornata di caldo, di sole, limpida solo come una giornata di settembre può esserlo. Ero stata in università, ma ero già tornata. Avevo mangiato, ero buttata lunga lunga sul divano. La mamma era in cucina. La Manu in cantina, stava pulendo un quadro.
Ho iniziato ad urlare, quasi senza rendermene conto. Era impossibile, non poteva essere vero. Poi è arrivato il secondo aereo, in diretta. E poi i fazzoletti sventolati dalle finestre, le persone che ci si buttavano, dalle finestre. E i crolli. Non mi sono mai mossa da lì, se non per fare una telefonata. Una sola. A Paola. I suoi genitori avevano vissuto per anni a New York. Mi ha risposto in lacrime. Lo zio, lo zio che ci lavora al WTC...era rimasto bloccato nel traffico ed era scampato.
In questi dieci anni è cambiato lo sguardo del mondo, a quella tragedia. I libri, la Storia, le analisi. Ma ieri il tempo è tornato indietro. Ieri c'erano di nuovo le persone, e le loro storie.

sabato 10 settembre 2011

La malattia del single

Ne resto sempre colpita. Troppo. Inutilmente ed eccessivamente colpita.
Di come le persone che ti hanno dichiarato affetto incondizionato improvvisamente si dimentichino di te.
Ma forse non è neanche questo. Nella vita di ognuno succedono talmente tante cose, e il tempo scorre via spesso talmente in fretta, che è quasi uno scandalo pretendere le stesse attenzioni che si sono verificate, sono accadute, in momenti particolarmente favorevoli.
Quello che mi lascia davvero di pietra è l'emarginazione sociale del single.
Ogni single, presto o tardi, perde pezzi importanti di amicizie semplicemente perchè non è accompagnato. Ci sono tutta una serie di cene, compleanni, feste, persino matrimoni, in cui esser da soli imbarazza talmente tanto la fonte dell'invito che, forse forse, è meglio lasciar perdere.
Quando le coppie si formano, prolificano, sono evidentemente in crisi fino al punto di scoppiare, in qualsiasi caso non c'è posto per il single. Un accompagnatore, please, qualsiasi. Che tu sia maltrattata o cornuta, chissene. Ma non da sola.
Perchè, se una ragazza non ha il fidanzato, è perchè necessariamente c'è qualcosa che non va in lei. Impossibile. Qualcosa di strano lo deve avere... è pazza? E' lesbica? E' acida? E' frigida? E' puttana? Una causa ci deve essere, per questa malattia sociale misteriosa.
Perchè, diciamocelo, tutte le coppie ne temono il contagio. Le donne ti guardano come se la loro felicità fosse in pericolo, gli uomini fanno allusioni continue alla tua libertà, e se sei fortunata si fermano lì. Ma la colpa è comunque sempre del single: il diavolo tentatore, la mina vagante. Meglio una bella facciata bianca, non importa quanti cadaveri siano murati dentro.
E poi ci sono i consigli, quelli non richiesti. Tutti belli e perfetti, tutti da pubblicità del dentifricio Durban's. Spesso, fatti palesemente da persone che hanno fatto scelte opposte. A volte, da persone che hanno creduto di aver questa malattia e sono corsi sotto il primo riparo che è capitato, ma almeno così la loro condizione e sanità sociale sono salve.
Eppure, ogni volta, mi vien da pensare che nessuno, ma proprio nessuno, si avvicini neanche lontanamente all'idea di normalità.

domenica 4 settembre 2011

Il nostro Big Tree

Il funerale di Stefano è martedì. 6 settembre 2011. Il suo funerale. Anche vederlo scritto non mi aiuta a prenderne coscienza. Specie se penso che, fino a qualche mese fa, lui e Martina avevano fissato la prima data del loro matrimonio al 6 agosto, 2011. E quindi sarebbe stato solo il loro primo mesiversario.
Stasera, mentre guidavo verso la mia piccola casa, mi ha sfiorato un'idea terribile. Ma non è che siamo tutti così sconvolti, e io per prima ovviamente, perchè possiamo immedesimarci alla perfezione nel dolore di chi lo circonda? Insomma...stessa età, stessa formazione, stessi desideri, stesse difficoltà...molto in comune. Il nostro dolore non avrà un che di egoistico?
Può essere. Qui potremmo innescare tutto un ragionamento che coinvolge però ogni singolo sentimento, amore (quello nobile) compreso.

Poi però entro in casa, accendo il computer e trovo la risposta di Vale e Milli a una mail che avevo inoltrato io. La mail di Stefano, la mail che ha scritto quando la Paola ha annunciato la sua maternità. E allora...no. Il nostro dolore non è immedesimazione. Il senso di perdita che stiamo provando è decisamente profondo, come le radici della Grande Pianta che lui ha mitizzato e che ha trasformato in luogo-simbolo del nostro incontro. 10 anni fa ormai. Questa è recente, rispetto alle svariate migliaia che hanno riempito questo decennio. E come dice la Vale, sarà difficile non riceverne più.




Che meraviglia.
Davanti a questa notizia anche il mio cuore ricoperto da formaggio svizzero si è sciolto.
Sono una raclette.

La Paola è incinta.
Geppo e Marco, ho vinto la scommessa.
Nel 2002, da bravo prete svizzero, avevo scommesso che tu avresti avuto un figlio all'interno del matrimonio.
Marco sosteneva che avresti avuto un figlio all'interno di un autolavaggio.
Geppo diceva che non potevi rimanere incinta perchè a Cardano non ci sono le calaie. A Podenzano si fa l'amore solo nei viottoli di campagna.
Quando Geppo e Chiara sono andati a Roma, Chiara sarebbe voluta tornare nel loro albergo con vista sulla Fontana di Trevi, dopo una cenetta romantica.
Ma Geppo le ha fatto 75km in macchina per appartarsi in una stradina campestre.

Se l'obiettivo è quello di incontrarci prima che diventi una balenottera spiaggiata dobbiamo aspettare che inventino la macchina del tempo.
E tornare ai tempi del liceo...

Perdonatemi.
Faccio battute da coglione quando ricevo notizie meravigliose.

Non sono nostalgico ma per festeggiare domani mattina andrei a una lezione di Teoria e Tecniche delle Comunicazioni di Massa. Andrei a pranzo al Litta. Guarderei King Kong alle ore 14 nella sala al terzo piano. Per poi tornare al Litta per concludere la giornata.

Oggi è un gran bel giovedì.
Buona giornata

Stewe