venerdì 23 settembre 2011

Professionastri

Essere giornalisti, contrariamente al sentore comune, non significa raccontare sempre e solo di tragedie e di brutte notizie. Tutt'altro. Ma la crisi, che si e' abbattuta pesantemente su questa categoria riducendo a stracci i collaboratori (stagisti, o sottopagati, o ampiamente sfruttati), ha tagliato proprio su quella parte di informazione che rende il giornalismo completo, interessante, degno di ammirazione. Curato. Originale. Sempre diverso.
Invece basta seguire due telegiornali, o due radiogiornali, per accorgersi che si somigliano in modo imbarazzante. Nelle parole, nelle pause.
Una volta quel giornalismo "originale" si chiamava inchiesta. Che di snello e fresco non aveva proprio niente, anzi. Era un lungo procedimento di ricerca, in cui il giornalista si informava davvero, senza fare copia e incolla. Le "grandi firme" erano questo. Persone che sapevano. Adesso siamo tanti scribacchini cinesi che producono e dimenticano, e se non fossi una di loro forse mi disprezzerei anche io.
Ho parlato con un amico, ultimamente, che mi ha raccontato di una sua sostituzione estiva in un quotidiano in cui è sempre stato un semplice collaboratore. Mi ha detto come si fosse sentito completamente diverso. Nella sostanza, ovviamente.
Nella sostanza, odio constatare ogni giorno quanto il mio lavoro venga deprezzato. Chiedendo il mio "aiuto" solo gratuitamente, per esempio. Forse perchè nel famoso sentore comune tutti sanno scrivere. Che ci vuole? Effettivamente, con queste condizioni di fondo...non ci vuole proprio nulla.

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