venerdì 29 gennaio 2010

Della generazione del flipper

La prima cosa che ho comprato con la mia paghetta è stata la Barbie Dolci Baci. La vendevano da sola o con il Ken, e lei aveva un vestito rosso con le maniche bianche e i cuoricini rossi. La volevo perchè aveva un rossettino a forma di cuore ed era castana. La curavo dalla cartolaia tutti i giorni dopo la scuola, e poi, piano piano, lira dopo lira, fu mia. Quando la scartai non trovai nessun rossetto, ma non importava, in fondo. Me l'ero "guadagnata".
Dopo qualche tempo la paghetta arrivò per le domeniche all'oratorio, nel sottotetto dell'asilo. Per comprare le caramelle. 500 lire a domenica: le goleador costavano 20 centesimi, poi due 50 centesimi, quando le prime sparirono. Poi ho chiesto un "aumento" (sotto pressione della Manu, che li spendeva tutti). Arrivammo a 600.
Con la paghetta dei figli delle star mi comprerei la cucina dell'Ikea. Quella che ho già visto un paio di volte, che sto curando. E non solo. Ma me la guadagnerò. In fondo, fino ad ora, non sono venuta su così male.

mercoledì 27 gennaio 2010

Il taglio dell'opera

Ci sono delle cose che mi infastidiscono assai. Chi fuma sulla tua macchina e riempie di cenere il sedile posteriore, chi fuma sulla sua macchina e ti gela perchè lascia il finestrino aperto, chi ti sorpassa e poi va a 30 all'ora... lasciando perdere le strade, mi indigna la maleducazione gratuita; e più di tutto la mancanza di rispetto per le cose altrui.
Queste "cose", mi son resa conto con il tempo, possono essere pubbliche o private, perchè il "patrimonio", personale o meno, è un bene che prima che materiale ha valore perchè è sempre frutto di un percorso che qualcuno ha fortemente voluto.
C'è, su tutto, un ambito verso cui le suddette "mancanze" mi scatenano una specie di intolleranza incontrollabile, un prurito inspiegabile, un'indignazione digrignante. E' l'ambito artistico.
Questo fine settimana un tizio - e non voglio spendere una parola di più su questo individuo - è caduto addosso a un quadro di Picasso. 15 cm di taglio. Mani di forbice? Naso affilato? Spalla a punta? Macchina fotografica in selce? Mistero.
Mi è subito venuta in mente una scena che vidi al Louvre nel 2000. Io ero in piena estasi artistica, trascinavo in preda a una vera sindrome di Stendhal il mio compagno di viaggio da un corridoio all'altro, finchè non mi trovai davanti ad Amore e Psiche. Una meraviglia, un'opera stupefacente, così pura e semplice e sensuale insieme. Ma più mi avvicinavo, più il mio senso di beatitudine sfumava. Quel marmo, liscio e bianco, era pieno di macchie nere. Erano DITATE! Ovunque...e come inorridii a vedere una turista passare un dito su La Vergine delle Rocce...
In quel momento ho odiato, ma tanto, ma tanto, la Francia tutta. Incompetenti!
Su molte cose, ancora e per fortuna....Italians do it better.

mercoledì 20 gennaio 2010

La forza del silenzio

Domenica ho assistito alla partita Villa Cortese - Bergamo.
Le ragazze erano cariche, molte le nazionali per parte, la Piccinini spiccava su tutte, tra le "bergamasche", con grande gioia dei miei compagni di partita.
E' straordinario scoprire come lo sport sia vissuto diversamente dal calcio. In modo quasi epidermico. Quel palazzetto è un'esplosione di gioia. E le atlete sono senza filtro, vicine ai loro scatenatissimi tifosi. Lo speaker è un dj che intervalla cronaca, sparate a tutto volume e musica.
Poi la partita sta per iniziare ed ecco la trasformazione: Haiti è lì nei cuori di tutti e scatta il minuto di silenzio. Un azzeramento di volume immediato. Non si muove nessuno. Si sentono il ronzio dei condizionatori, il motorino che passa sulla strada accanto, qualche colpo di tosse isolato.
Sembra quasi di sentirli, quei cuori.

domenica 17 gennaio 2010

Forza Brunetta, scrivi!

Brunetta vuole scrivere una legge per far uscire di casa i ragazzi a 18 anni.
Molto bene.
Vorrei proprio leggerla. Vorrei proprio vedere cosa conterrà.
A 18 anni io ero tra la seconda e la terza liceo, tutta concentrata alla maturità, ne avevo già abbastanza del classico, avevo già avuto la mia bella gastrite psicosomatica, ero tutta presa dal mio futuro universitario. A 19, finito il liceo e da matricola mi son trovata un lavoro part time, che mi ha permesso di acquistare il mio primo cellulare. Un cellulare: non un affitto, non la bolletta del gas, non la spesa.
A 18 anni mia sorella era a Mantova alla scuola di restauro, perchè aveva guadagnato un anno al liceo artistico tradizionale. Totalmente dipendente dalla famiglia. D'altronde la scuola le prendeva tutta la giornata. Deplorevole, vero, aver superato un esame a numero chiuso? Ah, una sua coinquilina insegnava aerobica. Si manteneva i vizi.
A 18 anni il mio amico Stefano lavorava già. Dava 200 mila lire, se non qualcosa in più, alla famiglia, e per il resto si manteneva. Si è comprato la macchina, prima che lo facessimo io e mia sorella.
Voglio dire al Ministro come pensa di caricare sulle spalle altre spese. Togliendo loro la leggerezza della loro età, una birra con gli amici, la discoteca, o il cinema, o un paio di jeans nuovi, senza esagerare. Che lavoro pensa di garantire loro, se esiste lo stage gratuito delle superiori, se esiste lo stage gratuito universitario, se esiste, per certe categorie, un apprendistato che dura anche sei anni. E tutto questo quando il lavoro c'è.
Vorrei chiedere ai figli di Brunetta se devono preoccuparsi di pagare le rate della macchina, o l'affitto, o se devono correre a prendere il treno e rimanere schiacciati in un angolo nelle ore di punta. Credo che la risposta più ovvia sarà una bella risata sulla mia faccia da trentenne precaria.

giovedì 14 gennaio 2010

Un altro mondo

Non riesco a togliermi dalla mente il ricordo che ho io della Piana di Gioia Tauro.
Di me bambina, ospite di amici degli zii, in questa casa in mezzo alla campagna con il pianoforte bianco appoggiato al muro, i muri bianchi, le stanze ampie e squadrate, i fiori e gli aranceti.
Il caldo, e questa jeep con qui guadavamo la fiumara, dentro e fuori le buche d'acqua, che a tratti ci arrivava alla caviglia, a tratti a metà polpaccio, con loro che ridevano e fingevano di restarci dentro, in mezzo a questo basso fiume.
E poi la notte, la quiete silenziosa, la luce arancio nel corridoio e la sete, soddisfatta tra svolazzi di camicia da notte bianca e passi muti.
E questa curiosa usanza, diffusa in quella zona della Calabria, di curare molto gli interni delle case e di lasciare rustici, molto rustici gli esterni. Curiosa e abusiva, per la maggior parte dei casi. Allora mi sembrava solo molto molto strana.

lunedì 11 gennaio 2010

Allibita

Chissà perchè noi Italiani, detentori di cotanta Storia, ci dimentichiamo facilmente ciò che è successo l'altroieri. Non abbiamo memoria per la storia contemporanea. Ai soliti bilanci giornalisti di fine anno, spesso cartacei, si risponde con un'alzata di spalle, un "ah già", e basta. Pesa di più la generale constatazione di come passi velocemente il tempo, piuttosto che una seria riflessione sugli eventi.
Le reazioni agli eventi di Rosarno mi hanno fatto rabbrividire, per richiamare il nome del mio blog, ma è solo un eufemismo.
Ma come, miei cari politici.opinionisti-esperti-giornalisti...intellighenzia tutta: ve lo ricordate un certo Saviano? Ve lo ricordate un certo Gomorra? Un certo film? O facciamo tutti finta di aver letto e visto, o certe immagini restano scolpite solo nella memoria dei..non-italiani.
Certe realtà non son racchiuse solo nella zona di Napoli e di Casal di Principe, purtroppo. Sarebbe idiota crederlo. Un capitolo di "quel" libro parlava dei mille laboratori sartoriali, ma il concetto non cambia. Lo sfruttamento della manovalanza esiste da decenni e decenni. Un mercato troppo redditizio per non essere controllato, a dovere...
Se però vogliamo continuare a non scavare appena sotto la superficie, prego. Avanti con la caccia al negro.

domenica 10 gennaio 2010

Una storia infinita che dura una vita

C'è una cosa senza la quale non so stare, anche se la febbre - parlando di stasera - è ancora lì dietro l'angolo. E' una passione non proprio femminile, e lo dimostra il fatto che i miei colleghi sono al 98% uomini. E' la passione per il calcio.
Posso con sicurezza affermare che a San Siro ci sono stata centinaia di volte, ma l'emozione si rinnova sempre; così come lo stupore nel constatare come allo stadio le "classi sociali" (se ancora se ne può parlare, ma credo proprio di sì) si annullino e diventino indistinte, almeno per un paio d'ore. Nella sala executive come al terzo anello, e come quelle voci si indignino o goiscano all'unisono, o come quelle mani applaudano o vadano a finire sulla testa, in segno di disperazione.
C'è una squadra senza la quale questa passione non avrebbe senso di esistere: è una formazione che parla lingue diverse e che da molto tempo, in quello stadio, non vedo battuta.
E' un gruppo di ragazzi che iniziano ad essere per la maggior parte più giovani di me, che non vincono quasi mai in maniera canonica, se mai una maniera canonica esista, ma lo fanno sempre nel modo più pazzo possibile. Ascrivendo i loro tifosi tra gli immuni alle malattie di cuore, avendolo così spesso stimolato. Maltrattarlo per fortificarlo, maltrattarlo per legarlo sempre di più a quella squadra.
Del resto, sta tutto in quella canzone. Pazza Inter amala.

venerdì 8 gennaio 2010

La maledizione della Val Vigezzo

Ho la febbre, e tutto il tempo che voglio per scrivere delle mie vacanze di inizio d'anno, fantastiche e insieme tragiche. Nel complesso, dunque, decisamente comiche.
Passo la sera dell'ultimo dall'amica del mio cuore, e il giorno dopo parto per la montagna. Destinazione, Santa Maria Maggiore. Compagnia di 15 elementi, stipati allegramente in una casa per 6, ma, a parte qualche difficoltà oggettiva di manovra, è stato molto divertente. La stanza al piano superiore era interamente coperta da materassi, sacchi a pelo, cuscini e coperte, esattamente come quando, da bambina, sognavo una cameretta tutta foderata, per saltarci dentro tutto il giorno. Io però ho avuto la fortuna di dividere la stanzetta al piano inferiore con un compagno...il primo colpito dalla maledizione.
Essì. Perchè la vacanza, breve, divertente, chiassosa, ha avuto un comun denominatore non altrettanto simpatico...da qui il ribattesimo della valle in "Rigetto".
Il primo colpito, eroicamente, il giorno successivo ha guidato una delle tre auto verso Leukerbad: terme mirabolanti che ci hanno visto protagonisti di mille avventure, tutte ben documentate. Una manica di dodicenni che hanno dato il meglio di loro stessi nelle vasche esterne, ovviamente, tra salti nelle pozze gelate, percorsi "di guerra" Kneipp e rapide reimmersioni nelle aquae calidae per levare i ghiaccioli dalla testa. Fin qui tutto abbastanza bene. Lessi e felici, a parte qualche naso chiuso esibitosi in concerto nella notte successiva.
Domenica sono iniziati i problemi. Complice un pranzo al ristorante, con assaggio incrociato di grappe, forse. Metà della compagnia è tornata a casa nel pomeriggio, metà il giorno successivo, ma a parte due fortunati siamo stati tutti colpiti dalla maledizione. La peggio l'hanno avuta i sei che hanno trasformato il ritorno in autostrada in una via crucis. Un ritorno a tappe lunghissimo.

Eppure...dire che siam stati bene suonerebbe stonato, ma è così. E poi, mal comune...