domenica 10 gennaio 2010

Una storia infinita che dura una vita

C'è una cosa senza la quale non so stare, anche se la febbre - parlando di stasera - è ancora lì dietro l'angolo. E' una passione non proprio femminile, e lo dimostra il fatto che i miei colleghi sono al 98% uomini. E' la passione per il calcio.
Posso con sicurezza affermare che a San Siro ci sono stata centinaia di volte, ma l'emozione si rinnova sempre; così come lo stupore nel constatare come allo stadio le "classi sociali" (se ancora se ne può parlare, ma credo proprio di sì) si annullino e diventino indistinte, almeno per un paio d'ore. Nella sala executive come al terzo anello, e come quelle voci si indignino o goiscano all'unisono, o come quelle mani applaudano o vadano a finire sulla testa, in segno di disperazione.
C'è una squadra senza la quale questa passione non avrebbe senso di esistere: è una formazione che parla lingue diverse e che da molto tempo, in quello stadio, non vedo battuta.
E' un gruppo di ragazzi che iniziano ad essere per la maggior parte più giovani di me, che non vincono quasi mai in maniera canonica, se mai una maniera canonica esista, ma lo fanno sempre nel modo più pazzo possibile. Ascrivendo i loro tifosi tra gli immuni alle malattie di cuore, avendolo così spesso stimolato. Maltrattarlo per fortificarlo, maltrattarlo per legarlo sempre di più a quella squadra.
Del resto, sta tutto in quella canzone. Pazza Inter amala.

1 commento:

Cristiano ha detto...

Guarda che non basta lavorare allo stadio "Meazza" per considerarsi una vera appassionata. Per quanto ne so io (che non è molto, è vero, ma comunque quanto basta) tu fai parte della stragrande maggioranza di donne che durante le partite dell'Inter dovrebbero stare in cucina a lavare i piatti.