martedì 27 febbraio 2018

OPS! Grazie a te ho abbandonato il divano!

A volte mi chiedo a cosa serva, scrivere.
Un amico, qualche sera fa, mi ha confessato di farlo da anni, ma di buttare via tutto, puntualmente. Al momento ho pensato: che spreco!, eppure, ripensandoci, credo sia la forma più alta di indagine su se stessi. Senza narcisismo.
In effetti, scrivere per essere letti è proprio questo: lasciarsi leggere e provare un sottile piacere nel constatarlo. Per me è così: mi piace pensare di poter comunicare qualcosa, di farmi capire. O solo rimanere in contatto con chi non è fisicamente vicino.
C'è però del vero stupore quando scopro il contrario, cioè quando è stato questo blog a far fiorire una conoscenza.

Ieri sera sono uscita da sola. Sono andata a sentire un po' di blues, in una delle ville di Corbetta. Là ho incontrato altri amici, senza saperlo. Sapevo invece che avrei trovato Patrizia e Alessandro, anche perchè loro hanno organizzato la serata e la cena a seguire. Mi hanno contato, mi hanno riservato un posto.

Mentre Daniele suonava, cambiando chitarre, aggiungendo capotasti, suonando una scatola di sigari, mentre veniva accompagnato da una violinista, oppure da un trombettista che montava di volta in volta tutte quelle aggiunte allo strumento per strozzare o metallizzare il suono, la mia mente vagava tra suoni nuovi, reminescenze springsteeniane e una serie di distrazioni di contorno: un po' di freddo, due bimbi che commentavano ad alta voce, il vicino di posto che non sta fermo, la neve sul campo di Torino. Io che confondo il blues dal jazz, pure. E poi Alessandro e Patrizia che, fuori da Milano, propongono per il territorio una serie di eventi per tutti, di una gamma talmente vasta e in un modo talmente spontaneo e naturale che nemmeno il più navigato pr di Milano.

A tavola, nel ristorante bellissimo della villa, la sostanza non è cambiata di una virgola: un tavolo composto da persone totalmente diverse e loro al centro, perfettamente a loro agio con tutti.
Come fanno? Mistero. Lo nascondono bene, i due, fingendo schermaglie continue. La mente non vagava più: non mi sono persa nemmeno un frammento di quella compagnia così assortita, fatta di umori diversi e storie diverse, accarezzate per la prima volta.

Poi, nel bel mezzo di questa cena ben onorata, Patrizia mi dice di avermi conosciuto per la prima volta attraverso questo blog, grazie ad Alessia. Ed ecco lo stupore, quel piacere narcisistico eppure così genuino, perchè rivelato così, spontaneamente.

Tornando a casa, ho riflettuto sui passi che non riesco a fare, da sola, e quelli che invece, con qualche spintarella, muovo, seppure in una gelida domenica, abbandonando il divano. Scrivi qualcosa, mi ha detto lei, con un sorriso. E mi sono detto che sì, avrei scritto. Per me e per loro, per OPS!, che organizza cento eventi e altrettanti mille ne vorrebbe organizzare, per il vlog di Barry che spero nasca presto e per tutte le idee che li infiammano e li fanno amabilmente litigare.
Sì, credo che scrivere serva.


mercoledì 21 febbraio 2018

Sei il Massimo

Ogni tanto succede quel singolo episodio che va a scalfire l'involucro di pietra in cui ho chiuso il cuore. Bisogna pur difendersi dagli attacchi, anche se spesso vanno ugualmente a segno, come mi fa ben notare poi, presentando il conto, lo stomaco.
Il mio episodio di gioia si chiama Massimo.
Questa è una storia di gratitudine.

Massimo non ha più vent'anni e, per una serie di vicissitudini lavorative, nonostante sia di un paio di generazioni più avanti della mia, è finito nel frullatore della crisi. Ha perso il lavoro: un lavoro qualificato, un lavoro particolare, da manutentore di macchinari, con diverse certificazioni, con anni di esperienza alle spalle in diverse aziende. Ma lo ha perso.

L'ho incontrato quasi un anno fa, Massimo. Era quasi estate e abbiamo avuto un colloquio sulla sua professionalità. Un uomo pacato, gentile, con una voce piana. Semplicemente, mi ha parlato di sè. Gli abbiamo proposto un lavoro, un test per lui che si sarebbe aggiornato su altri macchinari e per l'azienda, che arrivava da una serie di incontri fallimentari, per quel ruolo. Sei mesi di contratto. Sei mesi a tempo determinato, dopo una vita di lavoro. Non molto, in effetti, se facciamo un passo indietro e guardiamo il quadro generale. Ma moltissimo per questo uomo gentile.

Il resto lo hanno fatto due elementi fondamentali, che credo siano molto sottovalutati: la pazienza di affrontare tutto da capo e la costanza di lavorare puntualmente, secondo le regole, ogni giorno, senza scuse. E ora, in questi giorni, Massimo sarà assunto direttamente dall'azienda che ha trovato in lui la gemma che mancava.

Ieri Massimo mi ha chiamato. Mi ha ringraziato e non so spiegare quello che le sua parole hanno mosso in me. Come hanno trapassato, attraverso la voce, quell'involucro di pietra. Come mi hanno commosso. Non so spiegare come sono contenta per lui.
Sono riuscita a realizzare un obiettivo che mi sono prefissa. Sono passata attraverso i miei mille mondi lavorativi spesso traumaticamente e mi sono sempre detta che no, avrei spezzato quel circolo, avrei cercato di aiutare come posso chi mi chiede aiuto. E lo faccio, quando posso: non mi tengo informazioni per me, condivido opportunità. Chi mi sta vicino lo sa.
Sapere di aver dato una certezza a Massimo è questo: l'universo che mi restituisce qualcosa.

La mia gratitudine va a lui, con tutto il cuore. Senza involucri di pietra.

martedì 13 febbraio 2018

Un poco di molto

Ho scelto dei libri per mia nonna.
Ho cercato in casa e ho mentalmente eliminato quelli con scene di sesso, quelli con truci particolari e quelli scritti troppo in piccolo. 
In realtà i primi due requisiti me li sono imposti io per scrupolo, perchè credo che non avrebbe problemi, nonostante le apparenze. Sono accortezze, misure, precauzioni che prendo io, pensando di farle comunque piacere. Anche se uno di questi è un racconto lungo e anche abbastanza sanguinoso, nonostante il titolo. 

Ho scelto dei libri per la nonna perchè lei legge molto, oltre a fare molto altre cose, come alzarsi molto presto per camminare molto fino all'orto che coltiva più del necessario; cucina tanto e per tutti, friggendo copiosamente; tiene molto ai suoi capelli con frequenti e cadenzate visite dalla parrucchiera e prega molto, a casa e in chiesa, per tutti noi.

E legge. Ha sempre letto, anche quando andava a bottega a comprare quello che serviva e a casa leggeva gli incarti di giornale liberati dai pochi prodotti sfusi che la terra non dava. Li leggeva a se stessa e ai suoi bambini. Me li immagino sulla scalone di ingresso della vecchia casa di pietra mentre la ascoltano, questi bimbi e ragazzi distanziati tra loro di poco meno di tre anni. Una piccola attenzione da una parte, un piccolo rito dall'altro. Due accortezze che oggi sarebbero rare, distratti come siamo da molto. Da troppo di altro. 

Me la immaginerò a leggere, e poi la chiamerò per chiederle cosa le è piaciuto. E lei mi risponderà, spiegandomi perchè. Anche questo, un gesto molto accurato.