lunedì 30 aprile 2012

Ti ficco di auguri

Hai 24 anni e tutto quello che vuoi dai tuoi amici è un biglietto.
Hai preparato 5 salami di cioccolato, ieri sera, cinque-salami-cinque grossi come filoni di pane, da leccarsi le dita e non solo alla fine, come mi hanno fatto più volte notare oggi mentre le mie papille raggiungevano l'estasi.
Sono passata di lì, te lo avevo promesso, ma non avrei potuto declinare il tuo invito. Primo, ovviamente, per il dolce. Secondo motivo, decisamente più veritiero, per te.
24 anni di spettacolo. Di occhi che luccicano, di sorriso sincero, di battuta che mi sfianca di risate, da far male alla mandibola, di noi serie che ci chiamiamo a gesti della mano, pur vestite con uno strano pigiama arancio e nero che oggi ho deciso di appendere al chiodo. Che imbastiamo lunghi discorsi intervallati da numerose interruzioni che durano anche ore, di fughe al piano di sopra, di pause pranzo. Di serie valutazioni sulle direzioni delle nostre vite, di telenovelas de noartri.
Oggi ti sei presentata al lavoro con 2 dei 5 salami. Per i tuoi colleghi, per tutti i tuoi colleghi, anche per i mezzi infiltrati come me, idealmente anche per quelli che non lavorano più lì. Tutto quello che volevi, in cambio, era un biglietto. Di carta, possibilmente, da chi ti sta più vicino. Di auguri, solo questo.
Mentre venivo via ho pensato: non le ho scritto neanche una riga, oltre a non averle fatto neanche un regalo, ma posso rimediare. Ti auguro di restare sempre così, di agganciare il tuo iphone in negozio per farmi sempre sentire l'ultima canzone che ti ha colpito a tutto volume, di continuare a farmi ridere e di dirmi quello che devi guardandomi sempre dritta negli occhi. Di vivere sempre con il ciuffo, di continuare a parlare del tuo amore con gli occhi a forma di cuore, di conservare sempre la battuta pronta. Ti auguro un "stomale", una volta ogni tanto, indice di benessere, e non di malessere.
Auguri Elena!

giovedì 19 aprile 2012

Amicici e topoloni

No, basta, niente post strappalacrime per la reunion degli ex agierrini. Ieri pomeriggio avevo l'animo della zia che non vede l'ora di rivedere le creature per tirar fuori il fazzoletto. La zia con la sediolina fuori dalla porta, vestita di nero, o con quelle camiciole dalla dubbia fantasia. Poi per fortuna è passato. Forse perchè pioveva, forse perchè il traffico milanese è un po' diverso da un bucolico paesaggio calabro che fa tanto bacio-bavoso-da-vecchia-zia. Forse perchè siamo ccciovani e siamo arrivati come rivoli in questa pizzeria luminosa e ampia da luoghi diversi, a orari diversi, coi piccoli al seguito, senza marito, con la fidanzata o senza (strano, mi sento chiamata in causa). Come stai, da quanto tempo? Giorni, mesi, un anno, forse di più, tutto annullato, azzerato in poco tempo. La radio? Ma com'è quello lì? Ti trasferisci? Ma tu un figlio? Stai lavorando? Lì mezzi allungati sul tavolo, a tratti con una giraffina in mano o con un cucciolo da rincorrere, ad aggiornare il file del nostro legame. A parlare di passato, anche, ovviamente. Di quel lavoro che ci ha riunito in massa in un momento in cui l'informazione radiofonica sembrava far la parte del leone, che ci ha messo insieme a dividere albe, pomeriggi, sere, mangiando untissimi take-away e facendo un casino da raduno universitario. A festeggiare insieme feste, compleanni, mondiali, unioni e divisioni.
Ma non è stato solo questo. Non siamo nostalgici da film in bianco e nerio. Di colore ce n'è stato ieri sera, ce n'è parecchio; c'è stato tanto presente, ed è stato uno spasso. E' questo il bello, fare il punto della situazione, capire dove siamo arrivati, sapere che siamo lì, in corsa, magari in punti diversi ma sulla stessa strada.

E' stata una fortuna incontrarvi. Sapere che ci siete, in modo diversi, è pura felicità.

giovedì 12 aprile 2012

Costellazioni di galassie e di energia

Ieri sera ho ricevuto un messaggio da Isabella. Ester, sua sorella, non dovrà fare la chemioterapia, ma una cura alternativa decisamente meno intrusiva e meno devastante.
Ester e Isabella sono mie cugine. Non di primo grado, anche se non starebbero male nel gruppo, 2 in più tra i 32 già esistenti che differenza volete che facciano, insomma. Ma le famiglie calabresi, su questo, non vanno tanto per il sottile e "primo, secondo o terzo grado di parentela" hanno significati abbastanza labili, anche per una sradicata come me. Isabella vive a Milano, Ester a Parma, ma il loro legame è così forte da aver affrontato una dura prova proprio lo stesso giorno, qualche mese fa. Adesso, però, non voglio parlare nè di malattia, nè di operazioni, perchè non è questo frivolo blog il luogo adatto, nè il mio il linguaggio giusto per farlo. Il punto è proprio un altro. Ester mi insegna continuamente, passo dopo passo, momento dopo momento, che quel legame quasi telepatico che la sostiene, che l'ha resa forte e pronta ad affrontare un momento cruciale della sua vita, non è un marchio depositato ed esclusivo ad uso strettamente parentale. Ma è un abbraccio che le giunge da molte persone, vicine a lei e lontane, fisicamente presenti o meno. Anche dal mio piccolo e incasinato essere.
Non è sempre facile da capire. Ma oggi è nato Leonardo, il terzogenito di Valeria, e noi, i Deficienti universitari allargati con il tempo fino a toccare il cielo, oggi lo abbiamo proprio sentito, questo abbraccio cosmico. Queste menti e questi cuori che si sono rincorsi fin dall'altro ieri e per tutta la giornata di oggi. Leonardo è arrivato con il terzo cesareo, con qualche difficoltà, ma è qui. Sarà una rockstar come i due che lo hanno preceduto, in questa famiglia che non conosce confusione per affollamento, un po' come la mia, solo più bionda.

martedì 10 aprile 2012

Anche se non trovi le parole


Benvenuta nel club delle persone che prendono consapevolezza.
Mi ha accolto così, questa mattina, il mio amico. È stata la risposta ad una mia considerazione, quella per cui forse, ma forse, è vero che non so stare da sola.
Non saprei, in realtà. Perché da sola ci sto raramente, e succede soprattutto quando metto al riparo dal cattivo umore persino me stessa. Per il resto del tempo, che è quasi tutto il tempo, no. E’ esattamente il contrario.
Ieri sera volevo scrivere della bellissima giornata appena trascorsa. Sarà stato il cerchio alla testa, non so. Oppure il proposito di spegnere la tv dopo Le Fate Ignoranti, salvo poi ritrovarmi a guardare buona parte di Febbre a 90, tributo a Ste, Geppo e Marchino e al libro regalatomi ad un mio compleanno, nell’acquario di Sant’Agnese, insieme al Minkia Sabbri della Littizzetto, che sento mio al pari dell’altro (e il titolo di questo blog ne è testimone). Ho però stroncato Colin Firth alla fine della storia con la fidanzata che non capiva l’essenza del tifoso e me ne sono andata a dormire. Salvo poi rigirarmi per 2 ore nel letto.
Ho le parole bloccate nella testa. Molte. Non so, ancora oggi e ben lontana dalla sveglia mattutina, come cavarle fuori. Vorrei che uscissero belle, bellissime, ed esprimessero la gioia di aver trascorso una giornata come ieri insieme a quello sparuto gruppo di trenta persone che ormai vanno sotto il nome di Magenta Boys. Del cortile di Valerio, delle griglie, della tavolata, delle foto, degli abbracci, delle canzoni stonate, delle risate.
Ma credo di aver capito il perché. Semplicemente…le parole non servono. Non serve sempre verbalizzare, non serve sempre mettere nero su bianco. Soprattutto quando ti accorgi che quello che c’era ieri non sparisce nel giro di una giornata di festa, ma è qualcosa di più. Qualcosa che non alberga solo nella testa, dove mi ostinavo a cercarlo. Ma è un qualcosa che ricostruisce il tuo essere, lo solidifica, come un pilastro, in sostituzione a quelli crollati qualche tempo fa.

mercoledì 4 aprile 2012

Se potessi avere...

Nel mio portafoglio ci sono mille lire.
Sopra c'è una data con una scritta: un appuntamento inaspettato.
Una banconota fuori corso regalata così, una sera, d'istinto. Una sera nata così, d'istinto. Pioveva, Milano era lucida e ghiacciata, scintillante di luci di auto e lampioni.
Ritardi, quelli fisiologici per una città che corre tutto il giorno e che la sera si rilassa, si allenta come una cravatta, si sbottona forse un po', si scioglie i capelli. Ritardi che tutti i milanesi conoscono, orari che diventano indicativi, che si autosospendono con indulgenza. E aperitivi che, come in nessun altro posto, diventano cene, neanche senza accorgersene troppo.
Posti davanti ai quali si fermano file di taxi, ordinate, bianchi, da cui scendono stranieri curiosi. E persone diverse, consapevoli di esistere, ma senza alcun contatto tangibile fino a quel momento.
Milano è così. Prima o poi mette uno di fronte all'altro, senza andar troppo per il sottile. Sarà per questo che i milanesi son così guardinghi, spesso quasi ostili. Si difendono dalla città, prima che da loro stessi. D'istinto.
Ecco perchè gli incontri inaspettati, quando avvengono, lasciano la scia, anche se brevemente, come il segno delle gomme delle auto sull'asfalto bagnato. La perfezione sarebbe quella di lasciare che questo segno svanisca da sè, l'istinto (sempre lui), è quello di farlo durare più a lungo possibile, salvo poi accorgersi per primo che, forse, non andava neanche considerato. L'uno di fronte all'altro, ma non per questo degni di considerazione reciproca.
Non so. Sono dell'idea che ogni incontro sia meritevole di attenzione, anche se spesso sopraggiunge la delusione. Anche se da equilibrista ti ritrovi d'un balzo coi piedi per terra, quando sei fortunata e atterri bene. Quando capisci che, semplicemente, certi mondi si sfiorano e poi continuano a girare nelle loro personalissime orbite.
Può essere. Mi restano queste mille lire, mi restano momenti pieni di emozione.

lunedì 2 aprile 2012

Time of our life

Ci sono giorni che non basterebbero 30 ore per contenere tutto.
Ci sono giorni che, al solo pensiero di quante cose devi fare, sei già stanco.
Ci sono ore che passano senza accorgertene, in cui avresti dovuto, o potuto, fare molto altro...
Ci sono invece minuti che non passano mai. Che scorrono nelle loro frazioni infinitesimali in un modo che sembra così diverso, da quando volano via. Sembra lo facciano riflettendo più volte, sul fatto che anche loro, questi istanti, non torneranno più indietro.
Arriveranno altri attimi, altri minuti, lenti o veloci. Conterranno quelle promesse di nuove felicità che non bastano mai a rendere la nostra vita rotondamente soddisfatta. Le conterranno tutte, dipenderanno da come vivremo altri attimi, immediatamente precedenti, per permettere loro di svelarsi o meno.
Come al solito, questo lavoro sporco, tocca a noi :)