martedì 23 ottobre 2012

Stay hungry, stay choosy

Non è colpa nostra. Basta andare in un qualsiasi negozio di giocattoli, magari bello grande, per trovare cucinine, aspirapolverini, addirittuta mini Bimby. Abbiamo una specia di imprinting culturale che ci accompagna fin dalla nascita, fin dalla prima tutina rosa.
Cresciamo e siamo meravigliose. Perchè conosciamo benissimo il solco culturale in cui camminiamo, ma siamo uniche, vogliamo distinguerci e lo sentiamo con tutte le nostre cellule che non siamo una massa indistinta di cromosomi XX. Venere era unica, Veneri lo siamo tutte.
Ma la culltura è ingombrante, è un elefante invisibile. Non sempre è facile combattere con quella che è la convenzione. Quella che io chiamo ipocrisia.
Ho ricevuto un'amara considerazione. L'ho ricevuta da una cara amica, che in questo periodo sta lavorando su se stessa. Si sta guardando dentro, come ogni trentenne "choosy", come si potrebbe dire da ieri.

E poi arriva il momento in cui l'invidia ti assale... Gli amici si sposano, le colleghe ricevono proposte di matrimonio nei modi più romantici, le amiche preparano sorprese carine x i compleanni dei fidanzati e tu ti accorgi che a te nn succede mai niente che tutto scorre tranquillo come un fiume in estate, senza piene, senza cambi improvvisi... E qui ti chiedi perché? Perché non posso godere anch'io di quell'attimo di felicità che vedo intorno a me e che riempie le persone che mi circondano? Quanto dovrò aspettare?

Ecco. La mia prima reazione è un po' stizzita. Perchè nessuno, nessuno, dovrebbe permettersi di inculcalci, con costanza, inconsapevolezza certo, ma subdolamente, che esiste una condizione ideale, ma unica, cui tendere. Ma non è giusto neanche prendersela, perchè è una causa persa in partenza. La sensazione di guardare tutto dall'esterno è difficile da scrollarsi di dosso, e si vince con la fiducia verso una vita che è solo e soltanto nostra e che merita di essere vissuta al meglio, e con l'amore. Per noi stesse, soprattutto.
Amica, questo messaggio è per te, ma anche per me, per tutte noi. 

venerdì 19 ottobre 2012

Ciao ciao ciao

Questo blog cambierà presto destinazione d'uso.
Smetterò di usarlo per lo scopo per cui è nato: non pagare uno psicanalista.
Non perchè mi ritenga sana di mente una volta per tutte. Questo non succederà mai, probabilmente, e non c'è nemmeno bisogno di sottolinearlo, visto che ormai troppe persone se ne sono accorte. Un palese caso clinico senza speranza.
Ma non c'è più un caso Carrozza. Forse non c'è mai stato, sicuramente non ce ne sarà più nemmeno mezzo, nemmeno un'ombra. Quindi diciamo tutti insieme basta alle analisi, e andiamo in pace.
Un'amica oggi mi ha detto che esporsi fa sempre male. Scopri il tuo cuore e quel cuore viene subito divorato dagli avvoltoi. La debolezza non piace a nessuno; nel migliore dei casi è scambiata per esibizionismo, quelli che non lo pensano prima o poi la useranno per ritorsione. Quindi ho deciso: metterò tutte insieme questi pensieri nel mio primo romanzo e saranno solamente esibizionismo, così evitiamo di confonderli in altro.
Ho scritto del mio unico amore e di come lui mi abbia lasciato andare. I suoi passi erano diversi dai miei, le nostre prospettive erano lontane. Da un anno avevo iniziato ad accorgermene, comportandomi spesso come quelle fidanzatelle acide che biasimavo fortissimo. Volevo che quel sentimento crescesse con noi, e non lo ha fatto. Probabilmente nè io, nè lui, gli abbiamo insegnato come fare perchè fosse il tema portante della nostra vita. Tutto ciò è assodato da anni; ciò non significa che non possa ricordare con dolcezza e gratitudine anni felicissimi.
Quindi, grazie. A chi si è preoccupato, a chi ha malignato, a chi ha sviscerato un pesce già sezionato, a chi ha voluto indagare. Ma non c'è niente da dire. La bellezza va solo contemplata. In silenzio, d'ora in poi. Ringraziando la vita per avermi fatto incontrare l'Amore. Per quel che sarà, posso solo augurarmi (io, e io solo) che andrà anche meglio.
Amen.

venerdì 12 ottobre 2012

Perchè una vita sola non può bastare

Non sarebbe giusto dire che mi sei tornato in mente, perchè tu sei sempre qui.
Le nostre strade si sono divise e da tempo ho smesso di pensare che torneranno a incrociarsi. Un'idea troppo romantica e troppo insopportabile cui non mi posso aggrappare senza soffocare.
Le strade che ho scelto di percorrere io sono tante, sono molteplici, sono in salita e in discesa, sono a più livelli, sono salti, trascinamenti, ripensamenti, passi corti e lunghissimi. Quella che hai sempre detto di voler percorrere tu è una e cerchi di farlo nel modo più lineare possibile, un passo avanti all'altro tutti alla medesima distanza, perchè vuoi stabilità, perchè la vita ti ha messo alla prova fin da subito, perchè non ti fidavi di nessuno, perchè volevi contare solo su te stesso.
Mi hai detto, molte volte, che non dirai mai più "per sempre". Mi dicevi sempre che prima o poi avresti dovuto lasciarmi andare. Mi hai detto molte volte che il tempo cancella tutto.
Il tuo, forse. Scandito da un metronomo che ti sei autoimposto, occupato da un amore solido e solare, quello che volevi, stabile e regolare. Il mio invece è malandrino e non cancella nulla. Addormenta, forse; assopisce. Manda in letargo. E poi risveglia.
Mi manca tutto di te. Quelle parole che fluivano via come acqua di ruscello. Quei dialoghi interminabili su tutto, su quello che avevi visto o che avresti voluto vedere, luoghi da visitare, cose che avevi letto. Film, che descrivevi in modo bizzarro di cui perdevo puntualmente il filo. I tuoi occhi, che mi ridevano sempre, con quel tuo sguardo che si posava sul mio cuore. Il tuo tono scherzoso, il sorriso, il tuo modo di dirmi che non ne vale la pena, di calmare i miei scatti.
Mi mancano le tue mani. Le tue dita lunghe e sottili, strumenti del tuo lavoro, che cercavo sempre, che mi cercavano sempre. Quei tuoi abbracci frequenti, a volte dolorosi, che hanno sancito tutto, anche il nostro distacco. Quel contatto perenne.
Dimenticarti è impossibile. Non avresti dovuto lasciarmi andare.

venerdì 5 ottobre 2012

Love me do

Che dire.
Fimmina è.
Me lo anticipa la Fra che dopo che le ho fatto la sorpresa di apparire nel suo ufficio, e ne parlo con lei, la Saruzza, sorprendendo anche lei via skype, senza telecamera, anche se il giochino chi-sono-io-chi-sei-tu dura davvero poco. Femmina. D'altronde non può essere che così, ne conveniamo immediatamente. Una robusta essenza di donna che ha fatto correre a nascondersi tutti i cromosomi Y. Con Giulio che, ancora poco consapevolmente, non potrà far nulla di fronte a quel formidabile legame che si crea tra padre e figlia.
Lei è a Palermo ma vorrebbe essere qui, in questo giardino pubblico che sembra un giardino segreto, nascosto com'è in un cortile di corso San Gottardo, invisibile al di là del portone grigio. Perchè ha controllato l'ora e mi ha detto: questo è il tuo orario, l'orario del caffè. E invece di una voce che corre in due paia di cuffiette con il microfono vorrebbe esser lì, tra la scrivania e le poltroncine Ikea e la carta da parati argento e verde. Il caffè della Fra che resta la più piccola e che mi chiede della radio e che mi parla della sua casa e del pavimento a riscaldamento (chiaro, no? Quello, quello) e dei mobili e dell'anello di mamma.
E' una giornata da coccola, iniziata con il tagliando alla macchina (la topacar, non tanto perchè è l'auto della qui presente gnocca, ma perchè è talmente sporca che sembra creatura di fogna, porella lei) e con l'accoglienza di Martina, la segretaria dell'officina, che ingaggia un esilarante siparietto con il tecnico del computer lì presente senza essersi dimenticata, prima di aver insultato la stampante, di farmi in complimenti per la borsa.
Che è continuata con quelle scarpe comprate a topacar ricoverata. Con tacco, ovviamente, al posto delle tennis pensionate, una cosa scritta nelle stelle. E coronata con il pranzo in quel giappo sempre guardato solo di passaggio con la Fabi fortunosamente strappata per la pausa pranzo, in un'atmosfera da Kiss me Licia, due vicini di tavolo a tratti troopo poco silenziosi per non ascoltarci, il poster beneaugurante di un gatto con la zampa alzata di fianco ai due marrabbio con gli occhi a mandorla. Una gioia per il palato, un confronto, con quegli occhioni neri, rimandato troppo. Insomma, non ci si vede da una settimana!
E poi via, la radio, con un passaggio da quella magic woman della Sara, giusto per un ritocchino e la sua delicatezza di chiedermi come va (l'ultima volta che ci siamo viste perdevo pelle come un serpente in muta perenne). E intanto la foto di Federica, oggi sposa, degnamente festeggiata tra Magenta e Arona.
Una bimba, una casa, una storia archiviata, una sposa dal sorriso radioso.
Che dire.
Ci adoro.

giovedì 4 ottobre 2012

Keep calm, have sex and much more

E' proprio vero che la felicità è una questione di centimetri.
Nel mio post precedente ero concentrata a quello intorno a me, che non mi lascia ballare. Che non mi lascia margine. Un risicatissimo spazio di manovra che mi imprigiona in un parcheggio troppo stretto.
Ma come sempre la soluzione è lì, davanti agli occhi, a portata di mano. Anzi, di piedi. Perchè i centimetri che mancano intorno si possono tranquillamente mettere sotto.
Niente mi rallegra di più di un paio di scarpe. L'altro giorno ho dovuto, contro la mia stessa volontà, buttar via un paio di tennis coi buchi e già pensavo alla new entry, con tacco. Ho fatto un giro in un negozio vicino casa e ho scovato un incredibile paio di tronchetti a 4 euro (dico 4 euro) (e ripeto 4 euro) del mio numero, ma dopo un tentativo durato 20 minuti di indossare una delle due ho capito il perchè dei 4 euro.
Altra classe, quelle che ho visto di ieri sera. Quasi commossa al cospetto delle Laboutin per antonomasia. Estasiata da un gruppo di donne che, elegantissime, ho incontrato in un locale troppo piccolo per contenere tutto il loro entusiasmo. Ma la primavera in posticipo di ieri ci ha regalato un ampio marciapiede a fianco di una deliziosa vietta alberata che non diresti mai esser decisamente vicina ad una stazione milanese. Tanti esempi di femminilità che mi hanno colpito, in questo momento così particolare. Tanti pensieri espressi in libertà, battute taglienti e divertentissime, risate, pose e sguardi completamente liberi dalla paura di esse giudicati. Uno spettacolo vero.
Mi sentivo un anatroccolo, ieri sera, come l'altro ieri, come oggi eh. Queste donne non sono maghe e non hanno curato con un colpo di bacchetta magica la mia insicurezza (e non l'ha curata nemmeno la mela avvelenata di Grimilde, in modo un po' più definitivo. Forse perchè non l'aveva portata nella borsetta, accanto alle sigarette). Ma queste donne mi hanno insegnato tanto. Prima di tutto quanto è meraviglioso esser femmine. Quanto è meraviglioso esserlo sempre. Che il bello deve ancora venire e che niente, e nessuno mai dovrà permettersi di snaturarci, di spegnerci il sorriso, di interferire.
Grazie, mazzo di gnocche.
Grazie, www.keepcalmandhavesex.it