martedì 31 ottobre 2017

Non possiamo bruciare Cantù!

Non vedevo Carlo da 14 anni. Si è laureato un anno prima del gruppo dei Defi, insieme alla recordwoman della crew, la Vale. Io e Paola siamo andate alla sua festa, in una casa bellissima fuori dalla città di Como in una serata piovosa, poi dopo 4 giorni lui è partito per l'Australia. Aveva ottenuto una cattedra di Italiano là. Ha fatto le valigie ed è partito.

Mi ha scritto due settimane fa: vai a vedere il basket a Desio?
Wow, ciao! a dire la verità no, ma tu sei ancora in Italia? Sì: riparto a breve ma se passassi da quelle parti potremmo vederci.
Niente più messaggi, come piace a me. Domenica arriva, vado a lavorare a Monza e poi raggiungo il palaDesio. Parcheggio, attraverso un mare di auto. Solo in quel momento mi chiedo se fosse stato meglio avvisare e lo chiamo. Era lì, davanti alla biglietteria, acquista due biglietti e mi viene incontro.

Quattordici anni quattordici. Nel mezzo, tutta la vita possibile. Lui incontra una collega quasi subito, si sposa, ha due figli. Lei continua a insegnare, lui inizia a lavorare per la radio degli Italiani in Australia, un'emittente che farebbe scuola alle nostre. E' giornalista, senza bisogno di Ordini.
Dopo 10 anni di lavoro nello stesso posto lo Stato permette tre mesi di vacanza, che loro sono riusciti a fare coincidere. Lui ha iscritto le piccole alle scuole e si sono vissuti in pieno questo ritorno.

Nel mezzo, mille miei lavori. E la radio, sì, la mia esperienza. E la fine di questa, e l'insegnamento, e ora lo sport da un'angolazione diversa da quella per cui ho studiato. Tantissime parole a sovrastare il tifo, una birra, pezzi di partita che gli ho fatto perdere nel fiume di parole che ci siamo scambiati, nelle domande molto ingenue ed elementari per capire "come si vive".

Nel mezzo, qualche selfie, due messaggi vocali nella chat del nostro gruppo di universitari e tanto Stefano. Lui ci ha fatto conoscere e ci ha tenuto uniti (ma che belli sono stati i nostri 20 anni?), quel gruppo creato su Tiscali che non riusciamo a recuperare in cui Carlo ci ha scritto ripetute e tragicomiche cronache di un insegnamento in un villaggio dell'entroterra australiano. E noi, con mille altre parole, tutte piene di ironia, di intelligenza, di felicità. Parole che sono proseguite dopo, parole che si sono interrotte con la morte di Stefano, ma solo nella forma scritta. Abbiamo parlato tantissimo, io e Carlo, di tutto quello che la vita ha regalato, ha tolto, ha restituito, non è riuscita a levare mai.

Sono tornata a casa pensando a come ho fatto bene, ad andare a Desio. Con il piccolo rimorso di aver fatto perdere il filo della partita a Carlo, quello sì. Con il pensiero che altrove, in un mondo parallelo, vivere appieno i propri sogni è fattibile, non solo un'incredibile privilegio. Ma non importa: la fortuna è di averci provato, di esserci riuscita. La fortuna è gioire per un amico, per il suo successo, e di pensare che è sempre possibile fare un cambiamento importante.

Me lo dice sempre anche la Milli: non è il tempo, non è la distanza. Quattordici anni non hanno impedito ai due di oggi di ritrovare i due di ieri, con tutta la crew. Saremo pure Deficienti, ma qualcuno di noi è immortale e ci ha reso tali.