domenica 27 marzo 2011

Nam myo ho renghe kyo

Non è una moda, esser buddhista. E questa persona la sento, la avverto vicina.
Fisicamente no, vive in un'altra città. Ha la sua, di vita, di routine, di problemi. Eppure coglie, e coglie nel segno. Ci sono anime gemelle che ognuno di noi ha la fortuna di incrociare, nel suo cammino. Ci sono anime che incoraggiano. E lei, Ester, è una di quelle.

Sono a debito di una risposta. Ma una risposta va data quando si hanno la testa e il cuore in sintonia, quando non fai fatica a trovare le parole e fai arrivare quello che vuoi. Il rischio è che arrivi qualcosa altro. Spero di aver capito abbastanza di te da poterti rispondere ora, la verità è che ti trovo straordinaria ma una cosa penso tu possa migliorarla. Dovresti toglierti di dosso sta cazzo di lamentela. Mi spiego, il tuo bollino da giornalista, la scuola di tua sorella, i tremila lavori il fatto che non riusciate ad arrivare dove vi sognavate, la precarietà, ci sta tutto ma porca miseria quello che hai proprio non ti riempie? Non pensi di essere molto fortunata? Ti fa tanto schifo se i tuoi vi aiutano? Sai quanto sono felici di farlo? Alle volte risponderei ai tuoi post in malo modo, ma non creerei valore nel farlo, mi toglierei una soddisfazione, io. Io tutti i giorni ringrazio la mia vita per quello che ho, anche in questo momento, ringrazio la mia vita per avere avuto mia figlia per quasi 30 anni vicino. E per averla ancora chissà quanto lontano dagli occhi ma dentro il mio respiro. Il buddismo insegna che ci sarà sempre qualcosa da raggiungere e che quindi è stupido sentirsi insoddisfatti, anzichè gioire, ora, nel momento. Inoltre la lamentela (coi sensi di colpa) è una delle 14 offese, quelle che non ti permetteranno di raggiungere la felicità, e quindi più ti poni così, inquieta, insoddisfatta, più ti allontani da quello che vorresti raggiungere. Vorrei parlartene a voce, così è difficile. Mi auguro che tu abbia compreso il mio messaggio, sei una ragazza splendida, sei bella, intelligente, hai una famiglia meravigliosa, hai una casina tutta tua che è un bijoux, sei ancora nella prima parte della tua vita, insomma credici alla tua fortuna.

giovedì 24 marzo 2011

Lost and not found

Eccola qui, la mia guest star, in un'apparizione su questa rete straordinaria, e spero non unica.



Dovevo capire tutto.
Quella sera mentre guardavo Lost in Translation e impazzivo per la scena del karaoke.
Quella in cui Bill Murray canta, non proprio benissimo, More than This dei Roxy Music nell’appartamento a vetri.
Niente di romantico, no. Benchè una mollissima Scarlett Johansson lo guardasse con molle trasporto.
Era solo una scena esilarante. Quasi folle, nella sua immediatezza.
Una di quelle che ti fa dire “Voglio farlo anch’io, ora”.

Ecco, quella è l’esatta scena in cui LUI si è addormentato.
Un tutt’uno con Morfeo.

Gli uomini hanno questa capacità di addormentarsi SEMPRE.
Una sorta di narcolessia a comando.
“Mi addormento laddove non mi frega un cazzo”.

Le donne, quando non gliene frega un cazzo, non è che dormono.
Le donne, quando non gliene frega un cazzo, diventano insopportabili. Ma è pur sempre una reazione.

Beh, dicevo: ci sono segnali che devono essere colti dalla visione comune di un film.
Uno di questi è che se lui dorme laddove tu, donna, ti commuovi, o salti in aria dall’entusiasmo, non c’è storia.
E questa mancanza di storia verrà fuori, in tutta la sua crudeltà, in men che non si dica.
Sbrodolerà ovunque.

Perché tu, donna, il giorno dopo ti guarderai di nuovo Lost in translation, in lingua originale. Ti flipperai tutti i contenuti extra. E farai anche rewind per rivedere il momento in cui quella fattona di Sophia Coppola dispensa garbatamente ordini alla troupe.
E poi, non contenta, ti scaricherai pure la colonna sonora.

LUI, che si era addormentato, non ricorderà neanche la scena iniziale.
Quella in cui non c’era dialogo. Quella per cui ti aveva guardato col punto di
domanda stampato in faccia. Come per chiederti: “Dobbiamo vederlo tutto?” Dopo 30 secondi.

Dove comincia un film, ne finisce subito un altro.

Cassandra Stilton

martedì 22 marzo 2011

Cinesate

Sì, beh, potrei anche inventarmelo, un lavoro.
Per esempio, guardo con invidia chi sfonda con un tema particolare, dedicandoci un blog, per esempio, che poi vende spazi pubblicitari a valanga ed è seguito per un certo periodo x come la Sura. E invece mi faccio questa bella spaghettata di fatti miei e me la canto e me la suono.
Oggi però un bell'annuncio di lavoro mi ha acceso una lampadina. Se avessi quel minimo di spirito imprenditoriale di cui sono nota esser deficiente, potrei metter in piedi un vero gioiellino telematico. Il tema: le più belle offerte di lavoro. Tema anche ristretto alla mia categoria: i giornalisti. Quel mare magnum che non rientra nella ristretta cerchia degli eletti contrattualizzati, ovviamente. Quelli che si arrabattano in tutti i modi e che se dovessero ogni volta stampare il proprio curriculum vitae includendo anche le più piccole collaborazioni deforesterebbero il Parco del Ticino. Quei poveri cristi che non hanno santi in paradiso, cui viene chiesto che lavoro fanno i propri genitori, accompagnando la domanda, magari, con un lieve arricciamento del naso (eppure mi lavo, di norma, ai colloqui).
Quelle persone che, invariabilmente e con una certa regolarità, si sentono dire: bella vita che fate voi! Che pagano una tassa annuale per un bollino da attaccare ad una tessera marroncina, bollino dai colori sempre più improponibili, pratica di cui i miei avi conservano un nostalgico ricordo, quando la mettevano in atto con la loro patente.
Tessera marroncina che serve soprattutto per entrare gratis nei musei.
Gli annunci, quindi. Come quello pubblicato ieri su kijiji.it. Sede, Milano. Questo il succo. Preparatevi, è roba forte.

Offriamo:
compenso minimo pari ad € 1,00 per testo, eventualmente innalzabile a seconda del contenuto e del traffico apportato, con pagamenti garantiti ogni 20 articoli, ovvero € 20,00. Garantiamo inoltre massima visibilità sul portale agli autori, attraverso la sottoscrizione dei propri contributi e, a richiesta, backlink alla propria attività/sito web.

Chiediamo:
la puntuale redazione di almeno 1 articolo a settimana, di 500+ parole, su di una tematica concordata e/o proposta dalle parti, con cessione dei diritti d'autore.


Forse di notte, tra una fase REM e l'altra, un euro al giorno potrebbe far comodo.
PIETA'.

mercoledì 16 marzo 2011

Pazza come solo tu sai

Sono morto. Direte che parlo solo di cuore e amore, ma è così.

Sembra una canzonetta, eppure è il riassunto di un'impresa. Quella di ieri sera a Monaco. Ho visto le foto live dei miei amici che hanno avuto l'onore di vedere l'Allianz Arena e mi sono sentita idealmente con loro. Marco le ha postate prontamente, Marco che è sempre presente, che porta fortuna, che è sempre carico, e che segue la squadra in capo al mondo in compagnia dei soliti tre eroici.
Quando le ho viste mi sono sentita al sicuro: se lui è lì tutto è possibile.
Ma non immaginavo quanto quel "tutto" potesse comprendere.
Ero pietrificata, su quel divano, anche dopo il gol di Eto'o. Così mi ha trovato Mauro entrando in casa sua. Ho le chiavi, ho acceso la tv e il cugino, rincasando al minuto 6 del primo tempo, ha subito pensato che già stessimo sotto. Peggio. Stavamo vincendo. Ed essere in vantaggio, per l'Inter, è sempre una pena.
Quelli arrivavano in area come falchetti in picchiata. Quel capellone di Gomez, quel pelatone di Robben, il brutto ceffo di Ribery. Julio che impazzisce di nuovo, il secondo gol. Il cuore nello stomaco, la palla che vortica piano piano sulla linea.
Lì Mauro ha avuto pietà di me e ha apparecchiato. Poche parole, cena veloce, mano sul vino, occhi sullo schermo.
Ed ecco il secondo tempo. Milioni, doping, combine, aridi tatticismi, scorrettezze. Via, tutto fuori da quello stadio, così caldo da far togliere il cappotto al mister. Tutti invasati, in preda alla trance agonistica, fatta di passaggi sbagliati, di recuperi, di scorribande, di dribbling, di scatti pazzi. Pazzi, perchè si ciccano i tiri facili e poi, invece, si tramortisce il portiere con il nome di una maionese con due sberle nell'angolino, e sotto la traversa. E il cuore dallo stomaco balza in gola, dopo un paio di capovolte, e fa quasi male. Perchè la gola brucia per gli urli di gioia. Perchè è l'Inter.

Sono morto. Direte che parlo solo di cuore e amore, ma è così.
Essì, Leonardo. Proprio di questo stiamo parlando. Di amore, e di cuore.

lunedì 14 marzo 2011

Happy Birthday, myself!

Oggi Facebook mi ricorda che è il compleanno di Sabrina Carrozza.
No, non è impazzito. Si tratta di una mia omonima. Anche io, come tutti penso, non ho resistito alla curiosità di sapere quante persone portassero il mio stesso nome. Non mi aspettavo di trovarne, per la verità: la combinazione con il cognome mi è sempre sembrata originale. Avevo la presunzione di essere unica. Ma, ovviamente, mi sbagliavo.
Insomma, siamo ben cinque. A un paio di loro ho chiesto l'amicizia, ma poi ne ho "tenuta" una. Quella che oggi compie gli anni. E che è americana.
Perchè di Carrozza ne son pieni gli USA. E, se come dicevano i Romani, nomen omen, forse i nonni dei nonni degli odierni "carriage" avevano nella loro indole la stessa irrequietezza che scorre nelle mie, di vene.
E questa bella ragazza, che vive poco lontano da New York, sembra assomigliarmi. Non tanto nell'aspetto, ma nello stile. Ha una famiglia ampia, è sempre sorridente, ha un sacco di amici e le piace viaggiare. A Washington ha chiesto meno tasse per tutti, facendosi fotografare sul piccolo pulpito dei comunicati ufficiali del Presidente, e ora è appena tornata da San Francisco, che le ha rubato il cuore. E che vorrei tanto rubasse anche il mio, prima o poi.
Le ho fatto gli auguri. Mi ha scritto, in uno slang tutto particolare: è troppo divertente, la gente pensa che stia parlando con me stessa.
Troppo forti, questi Carrozza around the world!

giovedì 10 marzo 2011

Avanti

E' difficile guardare avanti senza aver fatto pace con il passato.
Quando non succede, se le cose non vanno come dico dico io, le prendo come un affronto personale. E faccio quello che mi riesce meglio: la vittima.
Sono bravissima a ferire le persone. Più si avvicinano, più sfodero la parte più detestabile del mio carattere. Nel farlo, mi guida l'incrollabile certezza di non essere capita, di non essere amata abbastanza, di voler di più, senza sapere cosa.
In quei momenti non ragiono più, altro che intelligenza. Investo tutti, indistintamente. Così ho perso l'amore della mia vita. Così ho perso la mia migliore amica. Così ne ho ferite altre, di persone, ma, soprattutto, è così che mortifico i miei genitori, è così che ferisco colei che più di tutto, più di tutti, è sangue del mio sangue.
Sono piena di rancore. Che vorrei mettere in una bolla e soffiare via, lontana. E invece mi resta dentro, e ne alimenta ancora, e ancora. Lo uso per vivere male, per "disobbedire" ad una vita normale, per allontanare sempre di più le persone, per lasciarmi andare periodicamente all'autocommiserazione. Ma resta dentro.
Mi ucciderà. Ma, del resto, bisogna pur morire di qualcosa.
Ho bisogno di credere che questo mondo mi merita.
Ho bisogno di credere che, prima o poi, questo modo di gettarmi sulle novità lasci un segno positivo e annulli questo rancore. Che non sia solo un coprire, mettere a tacere, affannosamente.

mercoledì 9 marzo 2011

Terapie

Ci ho pensato più di una volta prima di uscire, ieri sera. "Più di una volta" significa almeno una ventina di "sì vado", "no, non vado". Poi mi sono data una mossa e ho preso la macchina e mi sono avviata. Poi là fuori, sulla strada, aspettando le amiche con altri sparuti gruppetti di donne mi son sentita nuovamente ridicola, fuori posto. Poi loro sono arrivate e siamo entrate.
Una pizza. Che a me e le altre tre più vicine è diventata sempre più fredda, perchè eravamo lì per parlare, soprattutto. Una terapia collettiva. O, semplicemente, parlare ed essere ascoltate e capite. Reciprocamente.
Non sopporto la festa della donna, non mi è mai piaciuta, anche quando giovincella usavo la festa come pretesto per andare una volta di più a ballare e restare del tutto schifata davanti al solito spogliarello. Non c'è proprio niente da festeggiare, e i nodi che ieri sera abbiamo pazientemente sciolto, le mani che abbiamo toccato, gli sguardi che ci siamo scambiate lo dimostrano.
Ma se serve per vederci tutte e per farlo, va bene così.

martedì 8 marzo 2011

Case affettive

L'ultimo è stato un fine settimana pigro, molto pigro. Preferisco definilo così, tra le mille accezioni che mi vengono in mente, tutte decisamente poco interessanti.
Un fine settimana sonnolento, di penniche e pc, di riposo e televisione, di piccoli disastri culinari e di luce filtrata dalle tapparelle, luce poco convinta, esattamente come la mia voglia di mettere il naso fuori dalla tana.
Ein questo sabato, e in parte di questo scorso venerdì, ho spesso ascoltato immobile le voci attutite dalla parete e dai miei abiti provenienti dall'appartamento accanto. Quello di Antonio, che insieme al cugino Mauro aveva formato il magnifico duo di pianerottolo e le nostre cene settimanali, insieme ai loro ragazzi.
Antonio se n'è andato. Si è innamorato e ha capito, forte della sua esperienza, che questo amore può restituirgli la felicità che cercava, che aveva perso. Antonio ha quindi messo in vendita questa casa per acquistarne un'altra, per i capitoli che verranno. Gesto di una forza folgorante, se paragonato all'immobilità di certi uomini...
Le voci, quindi. Voci di acquirenti, passi lenti e curiosi, brevi domande e risposte impostate, espositive, dimostrative. Passi in una stanza, poi in un'altra, giù per le scale, in cantina, di fronte al garage. Frasi convinte, altre che ne hanno solo una pallida pretesa.
Uffa. Non ne voglio, di nuovi vicini. Rivoglio Antonio e la sua pacata tranquillità, e rivoglio Samuele, che ascolta la tv a tutto volume ma che poi, con uno sguardo e un sorriso, ti conquista. Rivoglio il miglior trio che un pianerottolo abbia visto mai.

venerdì 4 marzo 2011

Gemelle astrali

Una persona fa di tutto per non credere, tipo, all'oroscopo.
Però poi ci sono fatti inconfutabili che ti lasciano senza parole.
Non è tanto quello che leggo ogni giorno, che da un mese e mezzo a questa parte è mirabolante e promette successi in tutti i campi (?), ma lo riscontro maggiormente nelle persone nate più o meno nel periodo in cui sono nata io. Lasciandomi a bocca aperta.
Ce n'è una, in particolare, che sembra leggermi come un libro aperto, anzi, lo fa proprio. E' nata il mio stesso giorno, il mio stesso anno. E' la mia gemella astrale. E sa perfettamente cosa mi succede, basta un'occhiata.
Lavora con me, anche se è più corretto dire che son io che lavoro con lei, grazie a lei.
In questi mesi ci diamo il cambio. Io arrivo, lei stacca e corre a casa dalla sua bambina. L'altro giorno arrivo, mi guarda, infila il piumino e mi dice: mi accompagni giù? E in quel breve tragitto lungo il corridoio, giù per le scale, mi fa due domande due, spiazzandomi. Poi mi ha guardato. E anche io so. Capisco il senso di quelle poche parole, ma più di tutto conosco quello sguardo. Lei è la parte meno dannata di me. O meglio, come dice lei, io sono la versione più sfigata di lei.

martedì 1 marzo 2011

Demodè

Non ho ancora capito dove si è persa la voglia di conoscersi.
E quando, soprattutto.
Non ho ancora capito qual è il problema.
Nessuno, pare, se ci si presenta in un posto affollato.
E' l'uscita per un caffè, una mostra, un cinema che fanno paura. Paurissima. Un cinema poi...che ansia! Troppo, davvero troppo, per giovani cuori trentenni.
Perchè un "appuntamento" deve avere sempre un fine ben preciso. Altrimenti no, non ne vale la pena. Altrimenti no, può essere solo imbarazzante.
Effettivamente mi pareva di aver visto orde di virago vestite da sposa che con occhi famelici pattugliano le città in cerca di prede da impalmare. In effetti, mi pareva che certi gioiellieri fossero tra i più ricchi d'Italia. Per non parlare dei fioristi. In effetti, leggo il terrore negli occhi di giovani uomini sfortunatamente single e quindi possibili vittime di queste megere. Che per una strana legge della natura sono innocue in branco, al massimo leggermente frivole, ma pericolosissime se prese singolarmente. Inutile preoccuparvi: queste streghe vi troveranno. Fiuteranno le vostre mano destre prive di fede e non avrete scampo.
Non c'è troppo da scherzare. Sono scenari davvero catastrofici. Parlare guardandosi in faccia, sorridere. Magari poi rischiare di piacersi sul serio.
Troppo. Meglio proteggersi in un mondo parallelo, virtuale.
"Esco a bere un caffè con un amico" è più raro di un panda.