martedì 21 dicembre 2021

Al Babbo, dalla Babba

 


Caro Babbo Natale, 

per l'ennesimo anno mi ero ripromessa di non comprare regali a nessuno.
Ne ho acquistati quaranta. 40 QUARANTA davvero.
Perchè, nonostante la congiuntura di sfiga che mi fa concludere l'anno ancora una volta senza un paio di Prada ai piedi, stavolta causata solo ed esclusivamente dalla mia ingenuità verso il genere umano che si nasconde dietro un finto call center, mi sono detta che si vive una volta sola, e allora ho pensato ai miei affetti, quelli intorno al mio cuore. Poi però si sono aggiunti quelli che si devono fare. E i doveri, in una famiglia di calabresi e in una vita in cui ho puntato tutto sull'empatia, sono parecchi.
E dire che ho tagliato...

Caro. Babbo.
Sono arrivata a metà del mio mutuo. Cioè, riformulo. Ho superato metà dell'ammontare totale delle rate, che somigliano sempre e comunque, anche a questa altezza, a una discreta montagna di letame da scalare. La metà del prelievo arterioso mensile però non corrisponde a metà della somma totale. Con gli interessi fin qui versati, mi sarei comprata un'auto, avrei rifatto il bagno pensionando la libreria Lack che ho adattato sotto il lavandino e arredato il balcone. Ma chi ci pensa ai soldi, eh?

Babbino mio, se avessi dovuto incassare 1 euro per ogni persona che anche solo in questo 2021 mi ha detto "come sei brava", "scrivi benissimo", "ti meriti il successo" a quest'ora avrei comprato la macchina, i mobili del bagno e il balcone somiglierebbe alla savana. Ma soprattutto "vediamoci e parliamo": questa batte tutto, è carta-forbice-sasso insieme, la Lamborghini - come direbbe il mio amico Fabrizio - della procrastinazione mascherata, perchè il coraggio di dire no, come quello di dire scusa, è davvero una merce difficile. Ma ci sono molte ragioni per questo: due anni di difficoltà che hanno attaccato la radice della visione del futuro, e questa ripresa cui nessuno crede davvero.
Tanto che vedersi e parlare, pianificare, fare progetti, condividere idee nuove è ancora un esercizio da Only the Braves. E poi, soprattutto, crederci: il Riconoscimento è qualcosa che anche in questo 2021 lo agguantiamo un'altra volta...

E quindi, questa Babba resta intatta, carissimo. Resta la solita ingenua che si entusiasma per tutto, ma che resta sempre con le sue mani in mano. Peccato, perchè con la Fede e l'Anto ci diciamo spesso quanto potenziale di gioia saremmo sempre felici di condividere, ad avercelo. Altro che quaranta pacchi (tutti belli, tra l'altro. Io odio il regalo senza sentimento). Ma pensaci bene: nonostante tutto, nonostante le difficoltà, so trovare sempre la soluzione per viaggiare, arrivare ovunque senza chiedere a nessuno, gettare basi per future collaborazioni e contatti. Scrivere, anche se mai abbastanza.

Non mi compro le Prada, per quest'anno. Ma non mi manca niente, caro Babbo Natale. Non pensare a me, ci penso io. E poi dove vorrei essere adesso le scarpre servono a poco.

lunedì 13 dicembre 2021

Se si vivesse solo di inizi...

E' quell'emozione che dà la conquista, quell'innamoramento senza testa e senza pensiero.
Partirei, come se fosse la prima volta. Avrei sempre paura dell'ignoto, dell'altro, ma questo accommuna ogni inizio. Sarei a mio agio in questa pelle di camaleonte che muta e muta e muta sempre senza mai essere definitiva. Questi colori che esplodono nelle mente sarebbero sempre luminosi.

Se si vivesse solo di inizi, non ci sarebbero bottiglie di champagne chiuse in frigorifero per un anno o più. Berrei quello e acqua fresca allo stesso modo, chiudendo gli occhi e assaporando ogni sorso. Non sarebbe più dolce il gusto della vita? Non sarebbe forse più intenso? Più inteso?

Si vivesse solo di inizi, mi libererei dalle pazze bipolari angosce di questa società che ti vuole santa e spregiudicata, buona e feroce insieme, limpida e torbida, eterna giovane dalla sapienza antica, ben nascosta però sotto una bella scorza di esteriorità. 

Si vivesse solo di inizi, avrei forse scelto altre strade che mi avrebbero portato molto lontano da qui. Ma le porte in faccia insegnano ad essere autentici e qui, dove dovrei essere. Smetterei di essere così severa con me stessa in tutte le età di questa vita percorsa per metà. Questa meravogliosa, soprendente vita.

"Se si vivesse solo di inizi" è il primo esercizio di scrittura libera che Ilaria Mangiardi mi ha proposto. 7FLOW Challenge di scrittura libera: 5 minuti con la penna in mano e un foglio e solo una musica di sottofondo. Nient'altro che questo, non serve altro per lasciare che l'inchiostro lasci la punta a sfera per tracciare il proprio quadro personale.

Esperienza bellissima a contatto con i propri sensi. Perchè scrivere, per me, è questo. Sensoriale.
Si vivesse solo di inizi? Ma è così, ogni giorno lo è.
Non resta che sentire questo sapore sempre.

venerdì 10 dicembre 2021

Non sono abbastanza MAD

Nelle mille possibilità che questo anno sabbatico, che questa vita in realtà, mi offre e mi toglie senza che io possa farci nulla, c'è anche una nuova e piccola parentesi di insegnamento, stavolta alle scuole elementari (che non si chiamano così ma per me sì, per sempre e nonostante qualunque altro nome prenderanno).

Una sera di fine Novembre, in un momento abbastanza complicato e di fronte a un Pronto Soccorso, mi scrive una mia amica. Lei fa parte di quel gruppo di persone che cresce di continuo: gli ex colleghi, una schiera enorme, con cui vanto rapporti stupendi, salvo qualche rara accezione (che conferma la regola). Prima mi scrive, poi mi chiama. Ed ecco la storia.

C'è una classe, in una scuola nella provincia di Varese, che avrebbe bisogno di un'insegnante di Italiano. Ora c'è, arriva dalla parte italofona di un altro Paese, ma ha mostrato gravi lacune nella conoscenza della lingua. Concetti come "aggettivo" e "qualificativo" faticano ad essere associati e difficilmente potranno essere trasmessi agli studenti.
Ma c'è una soluzione, che non include nè la meritocrazia (con tutto il rispetto, questa persona potrebbe fare altro, nella vita) nè i titoli sulla carta. La soluzione che lo Stato ha pensato a casi come questi ha un nome pazzo, MAD. E' l'acronimo di Messa A Disposizione, ma la sua essenza di follia non gliela toglie nessuno. E' una domanda che può essere compilata da chiunque abbia un titolo idoneo in qualsiasi momento dell'anno là dove c'è bisogno di correre ai ripari. Una toppa che però non comporta punteggio, quel numero cioè che cresce e permette nel tempo infinito dell'Istruzione di scalare la montagna del precariato, fatto di validissime persone che conoscono la lingua ufficiale. 

Il maestro dall'Italiano lasciato all'Ikea verrà assegnato ad altre mansioni (perchè lui è inamovibile). La scuola deve valutare se ha il budget per sostituirlo alla cattedra, ed è qui che inizia il dolore. Perchè è tutta questione di soldi, qui come in tutti gli ambiti possibili. E quella scuola non ha il fondo sufficiente per garantire un insegnamento con un'altra persona fino a fine anno. Così, gli altri insegnanti allungheranno un pochino la loro coperta, faranno qualche straordinario, aboliranno i riposi e copriranno l'incompetenza ormai non più mascherabile di questa persona, che avrà un Diploma Magistrale conseguito prima del '92, chissà. O un titolo, un aggiornamento, un concorso che lo ha reso abile sulla carta più di una laurea in Lettere.

Se non vinco, imparo. Questo me lo ha insegnato un'altra amica che mi ha preso per mano in questo ultimo anno e mezzo. E io ho imparato a non soffrire più.
Anzi.
Quella telefonata ricevuta in una sera difficile, davanti a un pronto Soccorso, è un regalo. E' un pensiero positivo, un pensiero bello. Un gesto concreto che arriva da una persona che non vedo da tempo, ma che, al di là della forza, della volontà di rinascere, della determinazione, legge attraverso le righe.
Bisognerebbe dare più valore ai pensieri belli. Sempre.
Bisognerebbe scriverseli nel cuore. In un bellissimo Italiano.

giovedì 9 dicembre 2021

Quelli che...e quello che.


E così Quelli che il Calcio ha chiuso.

La notizia mi arriva da Andrea, autore del programma ma prima di tutto grandissimo amico. Da molti mesi, pandemia in mezzo, pubblico ridotto, difficoltà di spostamenti del format, cercavamo una quadra perchè mi fosse possibile andare a vedere la trasmissione. Non importa, io e Andrea troveremo altri modi per vederci. Ma entrambi viviamo quella sensazione di disarmo, a distanza e in modi differenti, che già avevamo sperimentato altrove, che ci ha accomunato altre volte. Consci di aver fatto benissimo, ma con quel piccolo dolore per aver perso qualcosa di nostro. Del nostro sogno.

Correva l'anno accademico 2003/2004 quando la trasmissione è entrata nella mia tesi di laurea. E il 2004, in effetti, è stato l'anno in cui ho assistito più volte alla creazione di quello spettacolo televisivo. L'edificio Carlo Martello di Corso Sempione, a parlare della struttura organizzativa. E poi la mensa, il bar, la messa in onda ancora nella ex Fiera. Ho un cd di foto finito chissà dove di scatti da tutte le angolazioni possibili e un ricordo solido, un po' trascendentale per una venticinquenne che vede il reale e il televisivo comporsi da dietro la telecamera, a fianco di un operatore. Era lì che, dieci anni dopo la mia prima partita a San Siro con papà e sorella e quella promessa di diventare giornalista sportiva, rinnovavo la mia convinzione. Era lì che, assistendo a un rito televisivo stavolta, sentivo il sogno possibile. 

Nella mia vita da tifosa, prima televisiva e allora solo da un paio d'anni anche non occasionale allo stadio, Quelli che il Calcio era il contorno fantastico, visto fin dai tempi di Fazio. Lo sport tra parentesi ma che ci stava benissimo, perchè avevamo lo stadio, avevamo le partite al bar.
Oggi non abbiamo (quasi) più niente di tutto questo. E quando mi capita, come sabato scorso, di entrare in un pub di Milano e dividere un tavolo con due sconosciuti per vedere la partita...avverto ancora di più quel cambiamento. Mi sento un po' anziana, e in effetti questo post è solo un modo più articolato di dire che certe cose finiscono e non torneranno. Come certi amori, che siamo contenti di aver vissuto con tutta la passione possibile.

venerdì 3 dicembre 2021

Il sapore dell'indentità


Milano ha il grande pregio di farti incontrare Persone. Nonostante gli imbruttimenti, che sono solo un debolissimo tentativo di rincorrere quella milanesità genuina che oggi non esiste più se non in piccole, isolate enclave che dell'imbruttimento non hanno nemmeno memoria, è una città che fa incontrare, e che travalica i piani, le classi, le provenienze.

L'occasione per comprendere quanta potenza c'è nella città che continua a crescere me l'ha fornita Cinzia, invitandomi alla presentazione del libro, ultimo nato, di Nicoletta Polliotto e laria Legato, straodinarie docenti e professioniste. Il libro indaga sulle infinite possibilità del mondo della ristorazione di creare identità di successo. "Creative Restaurant Branding", per essere precisi. Tradotto, piani di sviluppo concreti ed efficaci, personalissimi ma duraturi.

E così, intervistate dal critico Visintin e con incursioni vivaci, ho assistito per la prima volta alla presentazione di un libro che, nononostante gli inglesismi, è davvero il frutto di un lavoro di persone che hanno una competenza trasversale e reale. Nicoletta e llaria, così differenti nell'esposizione, hanno parlato di casistiche così vivide da leggerle, quasi, nelle esperienze dei presenti e non tra le righe delle loro pagine. Della realtà della ristorazione, dei problemi da affrontare con la cucina e la sala, la devozione ma anche l'umoralità di chef, o di proprietari. Di necessità di avere una struttura, ma giusta per ognuno.

Perchè quello che mi ha colpito di più - da giornalaia quale sono - è lo storytelling. Quella storia che si cerca sempre di raccontare intorno a una realtà e che, spesso, risulta forzata, o ricercata, o intessuta di particolari fittizi. E' strano per una persona come me, che di fatto ha sempre raccontato, capire improvvisamente che è la storia che deve farsi viva, e non l'opposto. Semplice, nuda, vera.

La Bellezza di questo evento avvenuto in Talent Garden, con la pista di ghiaccio circondata di luci al di là del vetro, è stata come sempre l'incontro di chi ha ottenuto nel tempo un riconoscimento. Con pazienza, studiando, con l'esperienza. E che piano piano ha allargato queste conoscenze andando a indagare quei particolari che ognuno di loro ha nelle corde. Questi professionisti si conoscono e offrono il massimo delle loro capacità. Un tesoro da ammirare e da cui imparare ad attingere. Da gustare, visto il tema decisamente irresistibile.