giovedì 26 maggio 2011

L'avrà inventata Pisapia

Difficile mantenere il sangue freddo quando hai a che fare con la burocrazia.
Perchè ti fotte sempre. Con la sua logica ridicola, macchinosa, fuori dal mondo.
Ti fotte, lo sa di farlo, e tu schiumi di rabbia, ma resti impotente.
Ti fotte con tempi così lunghi che vorresti solo spararti.

Questa mattina ho iniziato dal Comune di Corbetta. Sono arrivata alle 9, lo sportello anagrafe era ancora chiuso, nonostante tutti fossero già alla loro postazione. Accanto a me una signora che era lì già da 20 minuti, che esce a mettere ancora qualche moneta nel parcheggio (a pagamento, del Comune). E' il mio turno, devo chiedere l'integrazione di un documento per il rogito. Un documento che la stessa addetta ha sbagliato, nonostante glielo abbia ripetuto TRE VOLTE TRE, e che ho già pagato. Finalmente le signore alzano la tendina e mi avvicino allo sportello. La stessa dell'altra volta inizia ad alzare la voce non appena espongo il SUO errore, che magicamente diventa MIO, perchè nella richiesta verbale esposta la scorsa settimana non ho pronunciato l'esatta formula (del tipo: Certificato di Stato e di Residenza, invece di Certificato di Residenza abbinato al Certificato di Stato Libero. Un dramma, insomma). Il risultato non cambia: mi tocca ripagare. Certo che se fossi tornata dal notaio, mi fossi fatta dare il certificato errato, fossi tornata il giorno stesso in Comune, avrei ottenuto il cambio senza pagare un altro bollo. Certo. Magari passando per il Sudafrica.
Nera, come il cielo di questa mattina iniziata decisamente con il piede sbagliato, torno al parcheggio. Salgo in macchina e cerco di capire come fare a spostare un appuntamento dalla parrucchiera, preso nello stesso preciso orario del notaio. Un vecchio in bicicletta non riesce a passare tra la mia auto e quella a fianco e inizia ad insultarmi, mi sposto e chiamo. E ovviamente è tutto pieno. E questo fine settimana festeggio il compleanno.
A completare l'opera c'è l'avviso delle Poste a ritirare una raccomandata. Mi rassegno e ci vado, meglio accumulare le brutte notizie tutte in una volta.
L'ufficio è pieno. 6 sportelli, 3 con operatore, ma con una che si fa bellamente e maleducatamente i fatti suoi. 30 minuti di coda. Non mi resta che solidarizzare con il signore seduto vicino a me, che lancia malefici e che diventa subito il mio eroe, in attesa della temuta missiva. Per poi scoprire che...non è niente, e non so se è meglio o peggio.
L'ultima tappa con la dura realtà è per il modulo rifiuti. Raggiungo a piedi l'ufficio. Che è chiuso. Aperto solo il lunedì e il mercoledì mattina.
Non mi resta che chiudermi in casa. Come dice la mia collega Roberta, troppa realtà in una volta sola fa male.
Dimenticavo. Piove.

mercoledì 25 maggio 2011

Il preludio. Igea.

Mi ripeto. Adoro il mio compleanno. E' in un bel periodo, fa bene alla bassa autostima e permette di farmi promesse che posso anche non mantenere, tanto sono magnanima... ah ah ah.
E poi è sempre preceduto o seguito da altri momenti belli. O bellissimi.
Quest'anno la rincorsa vale più del salto dell'anno.
Merito di quelli che ormai sono più noti come Magenta Boys.
Merito di un lungo fine settimana al mare, quello scorso, con la "scusa" di giocare ad un torneo di beach volley nazionale.
E' merito di questi amici rilassati e sorridenti. Di organizzatori efficienti, e di animatori che fanno fare la ola a sale da pranzo intere. Di magliette spiritose, che prendono in giro il trend politico del momento. Disegnate e pensate e sfoggiate con una buona dose di spirito. Dell'uomo mascherato da Berlusconi, chiamato sul palco con le odalische. Di cuori e non solo disegnati sulla spiaggia, di tifi che si spostano da un campo all'altro, di partitelle sul bagnasciuga con ragazze piene di talento. Di sedie e ombrelli rubati, di medie di Montenegro promesse, di Uomini e Donne, di limoncelli che sanno di Svelto, con gocce finite pure negli occhi. Di bottiglie sottratte ai baretti della spiaggia, di tuffi nelle basse piscine degli hotel del corso, di medie di birre e di cozze. Di rovesciate memorabili e di battute ad effetto. Di balli da terrone maledetto.
E' che come al solito è difficile riassumere. E' che come al solito son cose che divertono chi le ha vissute. Fa niente, non importa, va bene così. A noi, fortunatissimi eletti, resterà il ricordo bellissimo.

giovedì 19 maggio 2011

La crisi non esiste

Ieri in redazione si è trattata la notizia del calo dei matrimoni. 30 mila in meno in due anni. "Notizia"...non notizia. Ma tant'è.
Eppure, mentre guidavo verso casa, mi è montata la carogna.
Sì, perchè a corollario della "notizia" c'erano la crescita delle unioni di fatto, 1 bambino su 5 fuori dal matrimonio, i giovani che faticano, forse, a impegnarsi.
Questi giovani son proprio pieni di vizi, eh?
Peccato che poi il presidente degli avvocati matrimonialisti, il Gian Ettore Grassani, a commento della "notizia" abbia subito centrato il punto: il problema è economico.
In questi due anni si sono quindi celebrati 30 mila matrimoni in meno non perchè questi benedetti giovani non credano più nell'amore, ma forse perchè ci credono e vogliono che le loro unioni (anche se, ma soprattutto, o fortunatamente) di fatto possano aver qualche soldo da parte anche senza cerimonie.
Eppure, stando a chi ci governa, la crisi è un'invenzione.
Sarà un'invenzione anche quando tra 3 o 4 anni i giovani inizieranno a non cambiare più l'auto.
O tra 6, 7, 8 anni quando rinunceranno ai pulmini scolastici, o alla mensa, o chiederanno un finanziamento per i libri di scuola. O quando i figli dei giovani dovrenno tutti pagarsi l'università da sè, e i datori di lavoro continueranno a fregarsi le mani, avendo sempre carne fresca da macellare a basso costo.
No, ma la crisi non c'è, tranquilli.
I giovani di ieri, come mio padre, si compravano l'auto in contanti, e facevano studiare i propri ragazzi fuori sede. Quelli di oggi tagliano le spese superflue, riempiono il frigo solo di necessità, non escono a cena. Meglio, diranno i tromboni: imparano a non essere spreconi.
Quando poi inizieranno a tagliare il cinema, gli spettacoli e i viaggi ne riparleremo.

lunedì 16 maggio 2011

Ciao, Lorenzo

Ci sono persone che restano nel tuo sfondo. Le conosci perchè le vedi da sempre, da quando andavi alle scuole dell'obbligo. Conosci loro, conosci i figli, che vedi crescere poco dietro di te. Se abiti in un paese è più facile, anche se succede più o meno la stessa cosa se vivi il quartiere della tua città.
Ci sono queste persone che vivono nel tuo spazio sociale più o meno allo stesso modo. Insegnano, o suonano nella banda, o giocano a calcio, o frequentano l'università, e hanno voci bellissime e sanno cantare. Ci sono famiglie che saluti sempre volentieri perchè sono positive, hanno sempre il sorriso sulle labbra e quel sorriso è simile perchè è il loro stile di vita, non è finto, riconosci la stessa piega delle labbra in tutti loro e capisci che è consueto, è un modo di concepire la vita.
Ci sono persone che tutti amano perchè sono proprio così. Anche se le cose non vanno bene sempre, anche se si va avanti con le solite difficoltà. E gli altri li amano, e rispondono ai loro sorrisi, alla loro apertura, con la stessa sincerità.
Era così, Lorenzo. Quante volte lo avrò incrociato, non lo so. Aveva la stessa età di mia mamma e un cuore traditore. Lo aveva già abbandonato una volta, ma questa volta ha portato a termine il suo crudele dispetto, lasciandolo accanto alla sua bicicletta, in campagna, all'imbrunire.
I medici hanno detto che non ha sofferto. E' che non se lo sarebbe meritato, quest'uomo. Che era felice per quello che la vita gli aveva dato: una bella famiglia, una moglie sempre vicina, tre figli meravigliosi. Aveva appena messo fuori casa una bandiera del Milan enorme, a scacchi, e aveva festeggiato.
Lorenzo avrebbe sorriso, come faceva sempre, se avesse potuto vedere la folla che lo ha accompagnato domenica sera, e poi oggi. Avrebbe sorriso a vedere l'abbraccio di chi lo ha conosciuto alla sua famiglia. Sarebbe stato orgoglioso della sua piccola, tanto simile a lui e tanto contenta di esserlo. Con quella piega sulle labbra e quella positività che gli sono sopravvissute. A quelle nessuno fa dispetti.

sabato 7 maggio 2011

Amicizie come Diamanti

Caterina non aveva neanche trent'anni, che le sue bambine, nate a due anni di distanza l'una dall'altra, andavano entrambe all'asilo. O, come dicono tutti i bambini con faccine seriose, alla scuola materna.
Lei andava a prenderle tutti i pomeriggi a piedi. Era un bel pezzettino, da casa a scuola, ma camminava volentieri fino a là e poi, al ritorno, le piaceva portare le bimbe dal panettiere, o a mangiare la panna con la cannella, o dalla signora delle caramelle (che chiamava le piccole "belè", alla milanese), sulla strada del ritorno.
Quel giorno però pioveva a dirotto e Caterina guardava preoccupata fuori dalla finestra. Si augurava che smettesse, o che almeno quella pioggia diminuisse di intensità. E invece il cielo era sempre nero, e la pioggia non smetteva di scendere a gocce grosse e rapide, ansiose di raggiungere il terreno. Lei era senza macchina e non aveva nessuno cui chiedere un passaggio. Il marito tornava a casa molto più tardi, la vicina era un'anziana signora, simpaticissima ma appiedata quanto lei, e la sua, di mamma, era lontana, in Calabria. Si era sempre arrangiata da sola, in effetti. Aveva cresciuto lei i suoi fratelli, uno ad uno, mentre i genitori lavoravano. E ora cresceva da sola e felicemente le due figlie, a tempo pieno, gestendo due caratterini completamente differenti.
Dopo averci pensato su, la giovane mamma afferra gli stivaletti di plastica, due ombrelli e le mantelline e si fionda sotto la pioggia, arrivando lei stessa fradicia a scuola. Pensa di vestire le pesti, dare l'ombrello in mano alla più grandicella e caricarsi in braccio la piccola. Capisce subito che non è un buon piano, ma è senza alternativa. Indugia un attimo nel corridoio della scuola, mentre la pioggia continua furiosamente a tambureggiare sulle auto parcheggiate appena fuori. Caterina sospira e incoraggia la figlia con l'ombrello. Fanno 50 metri, poi 100, poi 150. Camminano sul marciapiede, un passo alla volta, senza soste, questa volta. Poi una macchina inizia a rallentare e lo shhhhh delle sue ruote diminuisce. E' una macchina piccola, una 500. il finestrino si abbassa e un'altra giovane donna, un'altra giovane mamma, si sporge e chiama Caterina.
E' la storia di un passaggio, tutto sommato. Ma è l'inizio di un'amicizia. Le bambine sono tutte in classe insieme, la classe gialla. Sara ha la mia età, le nostre mamme si erano, fino a quel momento, solo scorte da lontano. Vittoria è una donna allegra, ha gli occhi luminosi, un sorriso largo.
Da quel primo passaggio ce ne sono stati altri, con la pioggia e con il sole. E anche camminate, e giri al parco, e gelati. E visite a casa, e giochi in cameretta, e caffè bevuti. Ci sono stati baci materni incrociati, e piccole manine che si stringono, in fila per due.
Io, poi, nel bel mezzo delle elementari ho cambiato paese e ho perso i contatti con i miei compagni e con lei. E lei, da qualche anno, ha cambiato pure regione e si è sposata, e ha un bambino con gli occhi grandi, luminosi.
Le persone si perdono di vista, i legami si allentano. Ma non sono biodegradabili.