sabato 7 maggio 2011

Amicizie come Diamanti

Caterina non aveva neanche trent'anni, che le sue bambine, nate a due anni di distanza l'una dall'altra, andavano entrambe all'asilo. O, come dicono tutti i bambini con faccine seriose, alla scuola materna.
Lei andava a prenderle tutti i pomeriggi a piedi. Era un bel pezzettino, da casa a scuola, ma camminava volentieri fino a là e poi, al ritorno, le piaceva portare le bimbe dal panettiere, o a mangiare la panna con la cannella, o dalla signora delle caramelle (che chiamava le piccole "belè", alla milanese), sulla strada del ritorno.
Quel giorno però pioveva a dirotto e Caterina guardava preoccupata fuori dalla finestra. Si augurava che smettesse, o che almeno quella pioggia diminuisse di intensità. E invece il cielo era sempre nero, e la pioggia non smetteva di scendere a gocce grosse e rapide, ansiose di raggiungere il terreno. Lei era senza macchina e non aveva nessuno cui chiedere un passaggio. Il marito tornava a casa molto più tardi, la vicina era un'anziana signora, simpaticissima ma appiedata quanto lei, e la sua, di mamma, era lontana, in Calabria. Si era sempre arrangiata da sola, in effetti. Aveva cresciuto lei i suoi fratelli, uno ad uno, mentre i genitori lavoravano. E ora cresceva da sola e felicemente le due figlie, a tempo pieno, gestendo due caratterini completamente differenti.
Dopo averci pensato su, la giovane mamma afferra gli stivaletti di plastica, due ombrelli e le mantelline e si fionda sotto la pioggia, arrivando lei stessa fradicia a scuola. Pensa di vestire le pesti, dare l'ombrello in mano alla più grandicella e caricarsi in braccio la piccola. Capisce subito che non è un buon piano, ma è senza alternativa. Indugia un attimo nel corridoio della scuola, mentre la pioggia continua furiosamente a tambureggiare sulle auto parcheggiate appena fuori. Caterina sospira e incoraggia la figlia con l'ombrello. Fanno 50 metri, poi 100, poi 150. Camminano sul marciapiede, un passo alla volta, senza soste, questa volta. Poi una macchina inizia a rallentare e lo shhhhh delle sue ruote diminuisce. E' una macchina piccola, una 500. il finestrino si abbassa e un'altra giovane donna, un'altra giovane mamma, si sporge e chiama Caterina.
E' la storia di un passaggio, tutto sommato. Ma è l'inizio di un'amicizia. Le bambine sono tutte in classe insieme, la classe gialla. Sara ha la mia età, le nostre mamme si erano, fino a quel momento, solo scorte da lontano. Vittoria è una donna allegra, ha gli occhi luminosi, un sorriso largo.
Da quel primo passaggio ce ne sono stati altri, con la pioggia e con il sole. E anche camminate, e giri al parco, e gelati. E visite a casa, e giochi in cameretta, e caffè bevuti. Ci sono stati baci materni incrociati, e piccole manine che si stringono, in fila per due.
Io, poi, nel bel mezzo delle elementari ho cambiato paese e ho perso i contatti con i miei compagni e con lei. E lei, da qualche anno, ha cambiato pure regione e si è sposata, e ha un bambino con gli occhi grandi, luminosi.
Le persone si perdono di vista, i legami si allentano. Ma non sono biodegradabili.

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