lunedì 20 luglio 2020

Il mare di legno

Faccio sempre sogni che molto raramente ricalcano la realtà e un filo logico.
Sono sempre in luoghi fantastici che non esistono o sono la somma di molti luoghi che ho visitato o che visiterò, perchè spesso in una città nuova mi trovo a rivivere frammenti di già vissuto che altrimenti non mi spiegherei.
Stanotte ero in Spagna. Ed ero con tante persone che conosco, tanti amici. Eravamo lì per una corsa, una maratona che però ognuno poteva correre quanto e come voleva. Avevamo degli alloggi, ci arrivavamo in modi diversi pur essendo tanti dall'Italia e tutti conoscenti. Nessuno aspettava l'altro. Ci si incrociava frettolosamente all'aeroporto, alla stazione, all'albergo e per strada per darci appuntamento dopo. E quel dopo non era nemmeno la stessa ora. Le persone correvano già, altri dovevano ancora arrivare. Eravamo vestiti nei modi più disparati.

E poi, ad un certo punto, svoltando un certo angolo, si arrivava al mare, alla spiaggia della città. E il mare era di legno.

Ho avuto una giornata piena, oggi. Eppure - stranamente, anche - ho ricordato il sogno anche al risveglio e mi è venuto in mente spesso. Sono tornata a casa da una settimana tra Veneto e Giulia (come gli amici ci tengono a rimarcare) e nessuno mi aspettava in stazione. Come sempre.
E nessuno mi aspettava a casa. Come sempre. E nessuno si è fatto vivo domenica. Come sempre.

Eppure quel "come sempre" fa più rumore, come - suppongo - le onde di un mare di legno. Un fragore di distanza accresciuta, che isola, che ha irrigidito ancora di più.
Eppure dal mare arrivavo, da persone che mi hanno aspettato, che hanno scambiato molto. Da un mare bello, largo, a fianco alla città, molto frequentato. E non era di legno.