lunedì 28 febbraio 2011

A Franca

La mia madrina di battesimo compie gli anni il 29 febbraio. Quindi non oggi, e nemmeno domani. Quindi ogni 4 anni, con una "modifica" per quelli nel mezzo. Come le Olimpiadi. Come i Mondiali.
Non la vedo più come prima, come quando vivevo in un palazzo che, insieme ad un altro gemello, abbracciava un cortile pieno di alberi, un cortile che per noi bambini, tanti, era la nostra selva, ma che nella realtà non è poi così grande, come accade spesso quando rivedi un posto a distanza di anni. In un palazzo con un centro arredamenti ai piedi, e una gelateria. Quella di Franca, appunto. E della sua famiglia. Quanti gelati ho mangiato...neanche io lo so. E tutte le volte, immancabilmente, mi piantavo davanti alla vetrina con il dito sulla bocca a guardare tutti quei gusti, uno a uno, per poi scegliere sempre lo stesso: "cocciolato". Mia sorella, invece, era già colpita dai colori, e anche belli forti. Senza esitazione, chiedeva "puffo" e "puffetta".
Lei è un raggio di sole. Lei, Mauro, Chicco, che giocava, instancabile, con me e la Manu e Samira. E c'era anche Fiorella, anche se più piccola e quindi spesso tagliata fuori dai giochi. Eravamo una grande tribù. Allegra. In quegli anni, e anche dopo, in forme diverse, con tempi diversi, purtroppo decisamente più corti.
Non la vedo da un po', per esempio. Ma lei c'è sempre stata nei momenti più importanti della mia vita. Con regali bellissimi, ma soprattutto, più di tutto, con la sua presenza. Mi chiedo se nella sua, di vita, sia stata altrettanto importante. Ma mi piace pensare di sì, che quel filo che ci unisce sia sempre forte, sempre lo stesso.
E allora, auguri, Franca. Auguri di cuore. Non sono le Olimpiadi, nemmeno i Mondiali, ma non è giusto celebrare il proprio compleanno solamente ogni 4 anni.
Per quel che mi riguarda, e per fortuna, non succede a me. Io adoro il compleanno, adoro quella festa dedicata a me, e a me sola. In cui, per una volta, si possono scegliere davvero le persone con cui stare.

giovedì 24 febbraio 2011

All the single ladies

Lei mi augura la buonanotte e mi dice: la luce è proprio dietro di te. Le auguro anche io la buonanotte, mi accoccolo per bene e la spengo. E il soffitto si accende di stelle.
Lei è una ragazza piena di energia. La sua mamma è deliziosa, appena sveglie ci prepara la colazione. Lei, la Fede, domani parte per una vacanza con altre amiche, e oggi andava a trovare la nonna, per salutarla. Un mondo al femminile, allegro e positivo, perchè se non la tingi di rosa tu, la vita, è un dramma. E quindi, ecco le stelle. E quindi, quel cartello sulla mensola che ti ricorda che "Qui dorme una principessa".
E' stata una giornata fuori dall'ordinario, di un mese fuori dall'ordinario. Avrò tempo di preoccuparmi, e presto, come riempire dei soliti 3-4 lavori il tempo che mi si è improvvisamente liberato. Mi son tenuta febbraio così, però. Di rinascita. Di rallentamento.
Che se non fosse pieno di cose belle, questo rallentamento, sarebbe intollerabile. Come guardare una campagna spoglia da un treno fermo nel nulla. Come restare paralizzato nel traffico senza riuscire ad andare avanti, nè indietro.
Invece no. Il panorama non è male. A tratti, bellissimo. E a tratti arriva fino a stringerti la mano. A farti un sorriso raggiante. A regalarti serate indimenticabili, in cui puoi tranquillamente tirare fuori tutto quel rosa e non preoccuparti di esagerare, o meno. E spegnere la luce e sorridere, sotto un soffitto pieno di stelle.

lunedì 21 febbraio 2011

Niente è per sempre

Tutto nella vita parla di vita. Le nostre scorrono, insieme a quello che abbiamo. Ce ne dobbiamo prendere cura, altrimenti tutto appassisce, avvizzisce, si impolvera, si scarica, va in rovina. Un fiore, una macchina, una casa, i nostri abiti, il cibo.
Le cose vivono grazie a noi. Noi stessi moriamo ogni giorno. Ma non farò della filosofia spicciola. Non c'è niente di filosofico, ma solo qualcosa di molto, molto personale, molto vicino al mio cuore.
Non sono solo le cose materiali a perdersi.
Anche i nostri sentimenti crescono con noi. Ci accompagnano passo dopo passo, si adattano ai cambiamenti, e cambiano. Non ce ne accorgiamo, noi. Spesso pensiamo che questi siano immutabili, e universali. Che l'Amicizia sia "solo" un valore, che sia Amicizia, e nient'altro. Forte, ed eterna e invincibile. Che l'Amore sia per sempre, qualsiasi cosa accada. Che il Rispetto sia nostro, una volta guadagnato.
Ma non è così. Più tendiamo a ritenerli acquisiti, dati per scontati, nostri, più li trascuriamo. Soffocandoli. Li costringiamo in recinti che prima o poi saranno troppo stretti, o troppo logori, per reggere. Basterà un soffio, per abbatterli. Basterà un incontro, uno sguardo, un fraintendimento, una cattiva fede, per spazzare via tutto.
Noi viviamo e la nostra vita ci chiede continuamente di...vivere, semplicemente. Di lasciare che i nostri sentimenti crescano con noi, semplicemente. Di conservare quello che siamo stati, perchè questo ci insegnerà ad affrontare quello che verrà. Con un entusiasmo che ogni volta ci sorprende.
Ma senza essere schiavi, del passato. Che, in fondo in fondo, ci ha lasciato un tesoro inestimabile: quello che siamo.

giovedì 17 febbraio 2011

Con in testa un po' di sole

Ieri camminavo sotto la pioggia. Camminavo, con un ombrellino blu in mano, con degli stivali blu ai piedi. Camminavo sul ciglio della strada, sulla striscia bianca annacquatissima. Camminavo con gli occhi fissi sulla striscia, e sull'asfalto.
E poi, d'improvviso, ho iniziato a farlo pestando i piedi.
Come quando sei bambino. I miei pensieri si sono per un attimo dissolti, e ho iniziato a sorridere. Ero da sola, non c'era nessuno a dirmi di smetterla, come "qualche" anno fa, ma l'ho fatto proprio con l'animo di qualcuno che prima o poi si aspetti la sgridatina.
Basta poco, a volte, per farmi tornare il buonumore. Persino due giorni di pioggia, che solo il giorno prima avevo odiato tantissimo. Dopo che un'auto, passando a tutta velocità, mi aveva completamente annaffiato.
Ma io sono così. Basta poco, per fortuna, anche se non sempre. Ma ricordare quei momenti, tornare a quegli attimi di pura spensieratezza, mi aiuta a tenermi in equilibrio. Stavolta, sulla striscia bianca a bordo strada, tra due dita di pioggia allegramente calpestata.

mercoledì 16 febbraio 2011

pane.....&GianniMorandi

Faceva caldissimo.
Era estate. Ogni pomeriggio, per quasi un mese, la mamma ci caricava in macchina, che non aveva ancora il condizionatore, e ci portava a Turbigo. Nello stereo sempre la stessa cassetta, ma nel cruscotto, su dorsi dei nastri, c'era comunque sempre lo stesso nome.
Questa era un album-duetto. Uno era Lucio Dalla, l'altro, manco a dirlo, Gianni Morandi. Facevamo quel tragitto senza fretta, su tratti di strada spesso deserti fiancheggiati da campagne tremolanti di afa, senza superare i limiti e avvisati, nel caso di presenze di autovelox, dai lampeggianti degli automobilisti in senso contrario.
E si cantava. E io pensavo sempre a come deve essere un fiume che scorre su un divano di pelle. Quella canzone mi piaceva, perchè il ritmo era malinconico e incalzante insieme. E poi c'era il fiume sul divano di pelle. Che con l'afa che trasformava l'asfalto in miraggi irraggiungibili, in pozze d'acqua fantasmi, non ci azzeccava molto. Ma erano parole magiche, che si ripetevano ogni giorno. Ed entravano, come tutte le altre canzoni.
La mamma ci ha pure portato ad un paio di concerti, ad un paio di partite della Nazionale Cantanti. Era una donna appassionata. Lo è anche adesso, ma mi piacerebbe tanto portarla ancora lì, lungo quella strada, e cantare girando il più possibile la manopola del finestrino verso destra.

lunedì 14 febbraio 2011

Tesori ignorati

Sono passati alla Storia con il nome di Fiamminghini, perchè il loro babbo era di Anversa. Sono vissuti nel '600, e il Rinascimento scorreva loro nelle vene e si tramutava in dipinti. Didascalici, commissionati dalla Chiesa, ovviamente. Fumetti di sedici metri quadrati l'uno, due tele enormi che raccontano, in tre scene ciascuno, i momenti salienti della vita di San Francesco d'Assisi.
Due tele che appartengono a Brera (sì, quella di Milano) e che sono appesi da sempre alla chiesa di Boffalora (sì, Sopra Ticino). E sono lì "per colpa" di Napoleone, che quando era re d'Italia voleva costruire il più grande museo dell'arte cisalpina, e ancora prima di farlo il furbone aveva accumulato opere su opere, che poi Brera ha dovuto smistare per non perdere (e chissà quante poi hanno preso altre destinazioni).
Ed eccoci qui, in questo paese bello come un borgo, a due passi dal Naviglio. Due tele che nessuno conosce più. Annerite dalla cenere delle candele, dai fumi del riscaldamento al petrolio, da polvere e detriti che l'umidità ha completamente nascosto.
Che sorpresa riscoprire certi colori, che sorpresa ritrovare volumi e vesti ricche, pose classiche e prospettive inedite e paesaggi leonardeschi. Che finezza rendersi conto di quante mani hanno lavorato a bottega, di quali e quanti tratti diversi vi si riconoscono. Che bello sapere che questo restauro è tutto merito del gesto gentile di un prete prossimo alla "pensione", che vuole solo fare un omaggio al suo paese.
O forse no, non serve a nulla. O forse Napoleone avrebbe fatto meglio a portarsi tutto via. O forse non ci meritiamo neanche questi due Fiamminghini, di cui non sapremo mai molte, molte cose. Siamo proprio uno strano popolo.

martedì 8 febbraio 2011

Super scrittori

Il treno, e la metropolitana. 50 minuti, se li quantifico in tempo, mi separano da casa al lavoro, che diventano 90, quando le coincidenze non sono proprio tali. Ho tutta una serie di contromisure per evitare di pensare troppo al lurido sedile dei desolanti treni della Milano-Torino. Il trucco, il telefono, un buon libro.
Quello che sto leggendo è di Mauro. Il segnalibro lo ha fatto Tommaso, il suo bambino, nonchè il mio cuginetto. E' una specie di spada ritagliata da un cartoncino e colorata di giallo e di blu, su un lato. Sull'altro poche parole. Scritte da lui, in stampatello, un po' sbilenche. Poche, e bellissime: ti voglio bene, papà.
Le leggo ogni volta, prima di tuffarmi in quel romanzo fatto di amori infelici.
Le leggo, e le invidio. Ne invidio la purezza, l'innocenza, la totalità. Un'onestà che si perde, che se si conservasse risolverebbe un sacco di problemi.
Le leggo, e stridono fortemente con i tormenti di Zafòn. Che sebbene barocchi, sono altrettanto reali, ma restano pure sempre tormenti.
Quelle, invece, sono limpide, aria fresca. Mi commuovono ogni volta.
Anni fa sono stata in Finlandia, nel villaggio di Babbo Natale. Un parco giochi, ovviamente, in cui il Santa Claus di turno pensava che Milano fosse in provincia di Bergamo. Ma in quello che è l'Ufficio Postale c'erano migliaia di lettere, divise per nazioni. Ed eccomi là, a leggere e a piangere. Altre parole sbilenche, altre parole bellissime.

lunedì 7 febbraio 2011

O me o...

Sabato sera c'è stata la cena con i deficienti. Quelli che furono i miei compagni di vita universitaria. Soprattutto degli ultimi tre anni, quelli più intensi, con gli esami di indirizzo dati uno dietro l'altro, spesso preparati contemporaneamente. Lo zoccolo duro della deficienza, perchè tanto vale ammetterlo fin da subito. Divisi tra la splendida sede centrale, la più spoglia Sant'Agnese e il vero tempio della condivisione studentesca: il bar Litta. Libri, fotocopie, tesine, appunti. Lezioni oceaniche o molto, molto meno. E molto altro: il cinema di pomeriggio, le gite ai musei, il disastroso Mondiale coreano. E ognuno di noi che stava bene nel ruolo che si era ritagliato nella compagnia.
Era da molto tempo che non li rivedevo tutti insieme. Stefano e Paola e Geppo, soprattutto. Le occasioni comunque non sono mancate in questi anni: c'è stato il matrimonio della Vale, poi di Paola, e ora arriverà quello di Stefano. Sono venuti tutti a casa mia, il professor Geppo ne avrà una presto tutta sua, per la Milli arriverà la convivenza. Marcoelli (ormai tutt'uno, nome e cognome) ha una fidanzata bellissima. Paola ci ha mostrato il suo pancino di tre mesi, oggi forse saprà chi presto si aggiungerà alla sua famiglia. La zia-strega Sabri ha sentenziato che sarà maschio.
I deficienti sono la dimostrazione che aver legami con il passato non è sempre nostalgico, o negativo, o un limite verso quello che arriverà. Non siamo più quelli là, ovviamente (o come dice la canzone, "quei deficienti lì"). Siamo diversi e quando ci vediamo, come sabato sera, passiamo ore a raccontarcelo e a ridere. Ci riscopriamo ogni volta, la nostra conoscenza reciproca si rinnova e si arricchisce. Perchè vicino a loro ci sono altre persone, come Ugo e la Marti, che ascoltano, capiscono, e aggiungono alle nostre vite altri sapori, altri racconti, altri vissuti.
Avercene, di deficienti così.