lunedì 7 febbraio 2011

O me o...

Sabato sera c'è stata la cena con i deficienti. Quelli che furono i miei compagni di vita universitaria. Soprattutto degli ultimi tre anni, quelli più intensi, con gli esami di indirizzo dati uno dietro l'altro, spesso preparati contemporaneamente. Lo zoccolo duro della deficienza, perchè tanto vale ammetterlo fin da subito. Divisi tra la splendida sede centrale, la più spoglia Sant'Agnese e il vero tempio della condivisione studentesca: il bar Litta. Libri, fotocopie, tesine, appunti. Lezioni oceaniche o molto, molto meno. E molto altro: il cinema di pomeriggio, le gite ai musei, il disastroso Mondiale coreano. E ognuno di noi che stava bene nel ruolo che si era ritagliato nella compagnia.
Era da molto tempo che non li rivedevo tutti insieme. Stefano e Paola e Geppo, soprattutto. Le occasioni comunque non sono mancate in questi anni: c'è stato il matrimonio della Vale, poi di Paola, e ora arriverà quello di Stefano. Sono venuti tutti a casa mia, il professor Geppo ne avrà una presto tutta sua, per la Milli arriverà la convivenza. Marcoelli (ormai tutt'uno, nome e cognome) ha una fidanzata bellissima. Paola ci ha mostrato il suo pancino di tre mesi, oggi forse saprà chi presto si aggiungerà alla sua famiglia. La zia-strega Sabri ha sentenziato che sarà maschio.
I deficienti sono la dimostrazione che aver legami con il passato non è sempre nostalgico, o negativo, o un limite verso quello che arriverà. Non siamo più quelli là, ovviamente (o come dice la canzone, "quei deficienti lì"). Siamo diversi e quando ci vediamo, come sabato sera, passiamo ore a raccontarcelo e a ridere. Ci riscopriamo ogni volta, la nostra conoscenza reciproca si rinnova e si arricchisce. Perchè vicino a loro ci sono altre persone, come Ugo e la Marti, che ascoltano, capiscono, e aggiungono alle nostre vite altri sapori, altri racconti, altri vissuti.
Avercene, di deficienti così.

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