lunedì 18 maggio 2020

La musica rimette in moto futuro e passato

C'è qualcosa che mi blocca, in questo periodo. Non riesco a scrivere, tutto mi sembra banale, senza un'idea di fondo, che è poi quella che cerco da anni, quando immagino il mio libro, quando immagino il mio universo parallelo.
E allora ci pensano gli amici. E l'ultimo che ci ha pensato è stato Fabrizio, che mi ha girato un comunicato stampa su un'iniziativa che già conoscevo e che riguarda una città ci ho pensato moltissimo, insieme a Cremona. Un comunicato che ha spalancato uno scrigno di ricordi, e che mi ha subito scaldato il cuore. Non è stato un processo immediato, però, proprio perchè la difficoltà di mettere in parole quello che sento è davvero complicato. Ma poi ho aperto il documento e, come sempre, le dita hanno iniziato a correre sulla tastiera. E ho scritto. 

---

Bergamo riparte anche da un festival che, nei tre anni precedenti, la città ha dedicato alla voce più graffiante del New Jersey. E dunque, la quarta edizione del festival “NOI & Springsteen” non è nemmeno stata messa in discussione. Anzi, quest’anno gli organizzatori la valorizzano con una competizione. Dedicato a “Magic Trick – Quarant’anni di storie lungo il fiume 1980 – 2020” e organizzato dall’omonimo gruppo, il festival presenta un contest dal nome “COVER ME”, gratuito, aperto a solisti e band, che sapranno reinterpretare un brano del Boss. Per partecipare si invia un videoclip con l’esibizione entro il 31 Maggio, per dar modo a una commissione di qualità di selezionarne 20, che saranno condivisi sui canali social del gruppo. Sempre online, grazie ai voti di tutti gli utenti, si decreteranno i 10 finalisti che giungeranno sul palcoscenico digitale di “NOI & Springsteen”.
Bergamo ci ha insegnato moltissimo, in questi mesi, ancor più di quanto già sapessimo. “I Bergamaschi” (erano così, per mio padre, in cantiere, primi ad arrivare e ultimi ad andare via) hanno visto crollare tutto intorno a loro.

Bergamo tutto cuore, Bergamo che non nasconde i segni, Bergamo che racconta, che mostra le ferite, che conosce il dolore e che ne parla. Somiglia tanto, Bergamo, all’ultimo film di Bruce, che in Italia è giunto lo scorso Dicembre. Western Stars può essere definito un docu-concert che racchiude in sé la summa di quanto la vita possa segnare un uomo, che passa il dito sulle sue cicatrici senza risparmiarne nessuna, in un fienile di Long Branch, nella tenuta di famiglia, piena di musicisti e legno che scricchiola, lo stesso che abbiamo sentito spesso negli album di Springsteen, lo stesso legno consumato della sua chitarra. Un po’ retorico nei passaggi tra un brano e l’altro, decisamente più autentico quando inizia la musica, qualche mese fa, prima del Covid, faceva lo strano effetto di aver assistito a un’ammissione di umanità stupefacente. La stessa con cui tutti noi abbiamo fatto i conti. Ecco perché questo Festival ha un significato in più per Bergamo. Tutte le famiglie di cuore pulsante son state colpite dal Covid, tutte le famiglie dovranno onorare i propri morti e elaborare lutti. Eppure, nel loro “Mola mìa” è già compreso tutto, anche la voglia di rialzarsi e ricostruire questo forte tessuto, questa provincia e una città di una bellezza davvero molto sottovalutata. Questa bellezza che saprà anche valorizzare le sue cicatrici, proprio come ha fatto Bruce. Ma non c’è solo questo. “NOI & Springsteen” nasce per condividere la forza dei live, che oggi possiamo replicare solo virtualmente ma che tanto danno ai fan.

È difficile descrivere l’emozione che un concerto di Springsteen lascia in tutti coloro che ne prendono parte, una traccia che resta a lungo, anche nei giorni successivi, che riempie lo spirito e che ne chiede ancora e ancora. Non lo sapevo, prima del 2003 a San Siro. Non vedevo nulla dal prato, dovetti salire al primo blu e da lì assistere a un evento che mai più dimenticherò. Una band che accoglieva l’energia e il divertimento del suo pubblico traducendola in musica e lui, voce e chitarra, anima e corpo, con il sole dell’inizio e il diluvio. E la gioia di ballare sotto la pioggia, di un ragazzo in carrozzina sotto di me che assaporava gocce, musica e parole ballando la sua danza senza una logica, senza fermarsi mai; e gli amici che strizzavano magliette e ridevano, tornando a casa in reggiseno, non riuscendo a dormire, dall’adrenalina. E dopo ci sono stati altri al Meazza, Bologna, New York. Un unplugged al Forum in decima fila, un fascio di luce, il tacco dello stivale, la chitarra e l’armonica. E Street, Seeger Session Band, solo. E oggi Bergamo, il nostro simbolo forse un po’ retorico, somiglia tanto a un “C’mon, Rise Up!” di quella My City of Ruins dedicata all’11 Settembre. Che poi, senza retorica come sempre, “I Bergamaschi” sanno fare da sempre. E che oggi ripropongono anche con il contest “COVER ME”. Perché è sempre tempo di raccogliere le sfide. It’s (always) the Boss time.

E poi mi sono resa conto che questo pezzo avrebbe potuto avere altre ramificazioni, radici più profonde e molte più parole, perchè, se al cospetto di tantissimi amatori di Bruce io non sono che una briciolina, è anche vero che la sua musica non fa distinzioni, e arriva a tutti noi con le nostre diverse competenze. E ho iniziato a pensare alle lacrime che ho versato all'attacco di Deborah's Theme di quel primo concerto, perchè non vedevo nulla. E del sacrificio di chi era con me di portarmi al primo anello e star con me tutto il tempo. E quel club del Village in cui ci siamo infilati e in cui ho lasciato il cappello, perchè altri fan ci avevano dato una soffiata che non si era rivelata esatta, o forse sì, ma che dopo un venerdì a macinare chilometri a NY non riuscivamo a tener gli occhi aperti e avevamo abbandonato a una certa. Oppure la sensazione di sentire Sherry Darling dalle ultime file del Madison Square Garden che mi aveva fatto fare un salto all'indietro talmente brusco da sbatter forte la testa sul seggiolino, e poi finire in un pub a raccontarci da capo la scaletta, senza sonno. E Bologna, dopo un bell'incidente, prima uscita con mille cautele. Tantissimi frammenti, tutti belli. Tutti in cui stare nella folla era pura gioia, una corrente elettrica che ci caricava tutti. Tutta vita.