giovedì 12 agosto 2021

Il cappellino di Anche


George passa tra gli ombrelloni a vendere bracciali di cuoio, collane di perline, pochette multicolori. È arrivato verso di me sorridendo. All'inizio non ho capito perché: ne passano tanti, eppure lui mi ha scelto. Poi ho capito: ha visto il cappello che indossavo. Il cappello di Anche. Anche è il posto in cui lavoro da poco. E lui ha deciso di sfoderare la sua naturale propensione commerciale. 

George è del Senegal e studia a Lille. L'università costa 3.500 €, l'anno prossimo. Le pochette, dice, le fa sua mamma. Gli dico che sono stata in Africa, a Capo Verde, dove molto suoi connazionali vanno a fare quello che fa lui a Spotorno: vendere. Sempre, ovunque. Lui ride. Mi chiede se sono stata bene, poi cosa ho fatto e infine se voglio investire lá. Perché il futuro è l'Africa, dice. È vero, ne sono convinta anche io. Ma sorrido e gli dico: prima mi hai detto che sei povero e chi non lo è non capisce, ma anche io non ho da investire. Però se le cose andranno bene tornerò. E lui mi invita anche nel suo Paese. E continua a guardare il mio cappellino. Mi dice: sai, quando andrò all'università potrei sentirmi figo con quello. Perché Anche? È il nome del posto in cui lavoro, gli dico. Cercalo su Instagram: anche.it. 

Sei musulmano? Sí, mi dice. Sai, facciamo cotolette di maiale, ma ci sono anche vegetariane, gli dico. Poi mi tolgo il cappello e glielo regalo. Provalo. E lui allarga ancora di più lo sguardo e il sorriso. 

Lei è tua sorella? Lei è la mia sorella di anima, gli dico, e ci riferiamo a Pamela, la mia amica di sempre. Dammi due pochette uguali. Lui dice: spero di passare da Milano, vi auguro una buona vacanza. E poi va via. Studia, gli dico, e credici. L'universo ti ascolta, George, e glielo dico davvero. Poi ora hai anche un cappello fighissimo.