martedì 8 febbraio 2011

Super scrittori

Il treno, e la metropolitana. 50 minuti, se li quantifico in tempo, mi separano da casa al lavoro, che diventano 90, quando le coincidenze non sono proprio tali. Ho tutta una serie di contromisure per evitare di pensare troppo al lurido sedile dei desolanti treni della Milano-Torino. Il trucco, il telefono, un buon libro.
Quello che sto leggendo è di Mauro. Il segnalibro lo ha fatto Tommaso, il suo bambino, nonchè il mio cuginetto. E' una specie di spada ritagliata da un cartoncino e colorata di giallo e di blu, su un lato. Sull'altro poche parole. Scritte da lui, in stampatello, un po' sbilenche. Poche, e bellissime: ti voglio bene, papà.
Le leggo ogni volta, prima di tuffarmi in quel romanzo fatto di amori infelici.
Le leggo, e le invidio. Ne invidio la purezza, l'innocenza, la totalità. Un'onestà che si perde, che se si conservasse risolverebbe un sacco di problemi.
Le leggo, e stridono fortemente con i tormenti di Zafòn. Che sebbene barocchi, sono altrettanto reali, ma restano pure sempre tormenti.
Quelle, invece, sono limpide, aria fresca. Mi commuovono ogni volta.
Anni fa sono stata in Finlandia, nel villaggio di Babbo Natale. Un parco giochi, ovviamente, in cui il Santa Claus di turno pensava che Milano fosse in provincia di Bergamo. Ma in quello che è l'Ufficio Postale c'erano migliaia di lettere, divise per nazioni. Ed eccomi là, a leggere e a piangere. Altre parole sbilenche, altre parole bellissime.

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