venerdì 11 settembre 2009

Racconto dal treno

E' un peccato che, ultimamente, prenda poco il treno. Ci sono sempre storie interessanti da raccogliere. Meno la sera, quando si torna stanchi da una giornata lavorativa, nei propri abiti da ufficio un po' sgualciti e lo sguardo appannato, languido, mezzo chiuso e tutto concentrato su una lettura. Più al mattino, perchè se il treno ritarda si sa di che parlare, se è in orario si spazia sugli argomenti più vari. Questa mattina c'era un gruppo di donne. Una sarta che lavora per un famoso programma tv, una giornalista che lavora in redazione, un'impegata.
La sarta parlava della pesante macchina che sta dietro ogni puntata, di prove, ballerine, ospiti e tessuti, di come la testa sia già partita, nonostante la stagione televisiva sia solo all'inizio, come nei peggiori dei logoramenti nervosi da lavoro prolungato.
La giornalista parlava della sua redazione sempre più a ranghi ridotti, e dell'ultima riunione in cui i "responsabili" hanno intimato a tutti di scordarsi del concetto di contratto a tempo indeterminato.
L'impiegata ascoltava. Equilibrava. Chiedeva.
La prima diceva che forse la testa era ancora in vacanza, la seconda parlava del caos, dell'incertezza lavorativa, la terza obiettava che, tutto sommato, un contratto corto poteva anche essere uno stimolo. Potrei essere d'accordo con lei, se il mondo del lavoro li offrisse, questi stimoli. Ma le altre due, l'una elegantissima e con cane al seguito, l'altra più pratica e pronta a scattare fuori alla fermata, si sono dette stanche.
Stanche, loro. Figuriamoci chi ci naviga, nel mare dell'incertezza.

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