giovedì 17 settembre 2009

Supercafone

Da trentenne in continuo equilibrio professionale e personale, leggo i giornali, mi guardo intorno, mi scontro con la realtà delle cose, che spesso è declinata al maschile, è vero. Ma, orgogliosa forse, cerco di non farci caso. O meglio, voglio continuare a credere alle mie potenzialità, voglio continuare a contare sulle mie forze, voglio che questi pensieri non siano nè una scusa, nè un eccessivo motivo di lamentele. E sono in buona compagnia, in compagnia di donne che vivono come me, la pensano come me. Belle trentenni che cercano in tutti i modi di godersi quello che hanno.
Ci sono circostanze, però, in cui il genio femminile quasi ci gode a farsi calpestare, a rendersi ridicole. Allo stadio, per esempio. A parte qualche magnifica creatura che strapperebbe un apprezzamento anche dalla più invidiosa delle vipere, esiste una strana fauna che in maniera plateale non è affatto interessata a ciò che accade dentro il rettangolo di gioco. Donne bellissime ma maleducatissime, che masticano la loro gomma a mascella spalancata (forse qualcuno avrà raccontato loro che potrebbe far dimagrire), che schiamazzano al telefono o si gettano al collo di una serie di damerini. Donne plastificate, e anche molto, che diventano orribili e si coprono pochissimo, suscitando più pena che invidia. Donne taccatissime che faticano a scendere e salire la scala che porta alla tribuna, o svestitissime anche in inverno. Donne, insomma, che fanno di tutto per trasformarsi in oggetti.
La Pavone, di questi tempi, non si sarebbe domandata neanche perchè. Non solo la domenica, alla partita di pallone.

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