mercoledì 24 marzo 2010

A me, e ai colleghi

Sono una giornalista professionista. Ho lavorato per la radio, la tv (locale, nazionale, pay), la web tv, la carta stampata, la carta virtuale. Le associazioni, di varia natura.
Non me la sto tirando: lo sto solo ricordando a me stessa. Perchè non bisogna perdere l'equilibrio quando ci sono persone che fanno di tutto per sminuire il tuo percorso, qualsiasi esso sia.

Ci sono momenti, come questo, in cui non sono più disposta a "guardare e passare". Questa che scrivo è la mia ultima amarezza, quindi.

Sono stata nominata direttora di un free press mensile, a ottobre. Una nomina che mi ha riempito di orgoglio e di responsabilità: potevo dimostrare il mio valore, potevo progettare qualcosa ex novo, potevo collaborare in team con altre persone e dare loro indicazioni.Un giornale da impostare da zero, tutto da leggere, tutto da correggere.
Perchè a livello locale ci sono notizie e informazioni che devi rendere interessanti e fluide, che non devono essere sfacciate marchette, che abbiano un senso compiuto in dieci righe e non in trecento, che non offendano nessuno.
Soprattutto che siano corrette: per il lettore, ed egoisticamente per me stessa, perchè con il poco pattuito non avrei neanche pagato la cancelleria del Tribunale, in caso di causa.

Ma. Eccolo, il problema. La redazione tutta sul mio computer, il conto delle parole, l'impaginazione, la riscrittura, pochi collaboratori (gratis, che disagio sentivo per loro), la pubblicità che manca, i fondi pure, e una fatica che inizia a tardare di essere ripagata. Un po' di pazienza, va bene, cerco di tollerare e di credere alle promesse: son tanto buona, no?
Poi le promesse iniziano a non essere mantenute e gli articoli ad essere saccheggiati per altre pubblicazioni, e nel frattempo nascono supplementi che vedo solo finiti, sotto la mia responsabilità. E' però quando iniziano a saltare appuntamenti con la parte editoriale, è quando si cerca di fare gli gnorri, è quando si sdrammatizza pietosamente cercando di far finire tutto a tarallucci e vino che la perdo, questa pazienza.

Siamo professionisti, ma non abbiamo tutele, finchè non troviamo il contratto della vita. Siamo un magma di sfruttati, sottopagati, sottovalutati. Dobbiamo aggrapparci quotidianamente a noi stessi per non essere travolti dallo sconforto, trovare soluzini professionali alternative. E anche quando cerchiamo di mantenere una certa etica ci sembra di nuotare controcorrente.
Controcorrente sia, le sfide ci esaltano, anche quando andiamo sott'acqua. Purchè non sia un'apnea troppo prolungata.

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