mercoledì 9 novembre 2011

It's your heart that holds your fate

Due anni fa la giornata era stata bella come oggi, nel New Jersey.
Ci avevo messo un po' per capire da quale stazione ferroviaria di New York prendere quel treno, ma poi, con pazienza e qualche domanda ripetuta un paio di volte ce l'ho fatta. Spesso mi succede così: mi perdo negli accenti e capisco pochissimo. Ma alla fine, come sempre, ce l'avevo fatta. Fino a Long Branch, e poi in taxi verso Asbury Park.
Io, e quei due che, già a quel punto, erano regrediti allo stato di bambini. In giro con due adolescenti. Impazienti, con il naso all'insù a fiutare la spiaggia, l'oceano, per trovare quei luoghi. E devo dirvi una cosa. Non eravamo soli. Piccoli pellegrinaggi come i nostri ce n'erano altri, con la stessa emozione tipica dei bambini.
Eccolo, l'oceano. Con la sua Asbury Avenue. Con il suo lungomare, di sabbia chiara e gli stabilimento chiusi, i negozietti serrati per l'inverno, così come il centro commerciale e il pontile, un misto di nuovo e vecchio, di parcheggi ed edifici abbandonati sullo sfondo. Ma tutto questo è passato in secondo piano, spazzato da quel vento caldo che mi scompigliava i capelli e rendeva inutilmente pesante il mio piumino.
Noi eravamo lì per lo Stone Pony. Una costruzione bianca e bassa, con un ingresso sormontato da un baldacchino, come succede qui per le migliori balere, forse. Ma con le scritte nere da comporre sui binari bianchi proprio come sulle facciate dei teatri di Broadway, in quel modo così esclusivamente americano. E, dentro, quel murales. Il primo disco di Bruce. E loro due già impazziti, capaci solo di scattare foto mosse, da quanto si era accelerato il loro polso. Capaci di girare intorno una sguardo famelico a chitarre, foto, articoli di giornale, manifesti, tutti appesi ovunque. Persino in bagno, dove per la verità si è compiuto un piccolo furto...
E poi infine eccoci tutti e tre al bancone, ma quello dei souvenir. Era troppo presto per bere, mai troppo presto per comprare qualcosa. Mi sono portata a casa una maglietta anche io, ovviamente.
A bere ci abbiamo pensato dopo, al Village. Un brindisi, due, tre, pienamente consapevoli di quello che quei giorni avrebbero significato per ognuno di noi. Allora, come adesso.

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