lunedì 21 novembre 2011

Anche se vivo ormai senza

Non posso ancora credere che lui non ci sia più. Ho le sue foto, ne ho molte sparse tra pc rubati, memorie di altri che non funzionano più, schede scivolate chissà dove, cellulari dimenticati e qui, e rimpiango amaramente la carta fotografica, lucida e quella opaca di venti anni fa.
In questo momento non riesco a spiegare il senso di perdita che provo. Non saprò mai farlo. Per un esserino umano che mi guardava, socchiudeva gli occhi e rispondeva in mille modi. Con le fusa, soffiando piano, miagolando, standomi vicino. Mi manca quel senso di riconoscimento reciproco, oltre il verbo, anche oltre quel linguaggio che abbiamo avuto. Mi manca osservare il suo modo di dormire, che era il mio, me lo ricordo. Prima partecipato e poi sempre più suo, perso nel sonno, ma sempre presente e incredibilmente di nuovo vigile in un niente, se avvertiva un cambiamento. Mi manca il suo modo di stiracchiarsi, che era una scusa per toccarmi la gamba, tirare fuori un'unghietta, appoggiare quella zampa morbida. Mi mancava già da prima non averlo in braccio per ore, durante lo studio, o vederlo contribuire con tante lettere uguali sulle pagine della mia tesi.
Me lo ricorderò sempre in tutte le fasi della sua vita. Piccolo, da starci dentro una mano. Ed enorme, d'inverno, con il petto bianco gonfio da felino selvaggio, quando gli amici e i parenti minacciavano di farmelo arrosto.
Anche gli alberi del giardino sentiranno la mancanza dei suoi artigli. Anche le piante dell'orto resteranno orfane dei suoi rotolamenti tra i solchi.
In questa casa non c'è mai stato. Non potevo portarlo via dalla sua, dalla sua piccola foresta, dalle visite ai vicini, anche se un pallino di flobber, anni fa, gli aveva fatto capire come e dove andare. Ma anche qui avverto la sua assenza. Non so dirti addio, Ciccio.

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