lunedì 24 gennaio 2022

Nebulose visioni

Ci sono giornate fredde e nebulose che anche chi è nato nella bassa, a volte, fatica a sopportare, probabilmente perchè - nel mio caso - la provenienza delle precedenti generazioni è leggermente più a Sud, e i geni non ne avvertono la poesia.

L'umidità entra piano nelle ossa; la scighera si scioglie lentamente e la senti sul viso, sulla testa, sul cappotto che non è mai abbastanza impermeabile. E intorno tutto resta seminascosto, le strade hanno nuovi particolari da tenere a bada e le distanze acquistano nuove dimensioni. E mentre tu organizzi la giornata come tutti gli altri giorni, noti dei particolari che non vedi di solito, nonostante gli occhiali più appannati, se è possibile. Nonostante la cervicale che monta fino a farti scappare a casa, rigirare lo stomaco e lasciare il cellulare più lontano possibile per il resto del pomeriggio, ti soffermi a pensare a quel trattore che arava il campo in mezzo alla campagna lattiginosa.

Mentre la macchina scivola piano lungo la strada stretta e tortuosa tra le frazioni di Corbetta, quel trattore disegna traiettorie parallele rigirando la terra bruna di lato. La cabina semiaperta, il movimento preciso, regolare, sempre uguale, iniziato chissà a che ora, da finire chissà quanto dopo. Un sienzio umido fatto di minuscole goccioline intorno, in quell'intorno che non si vede, un po' più in là. In quella campagna che in estate, piena di grano o granturco, riempie le mie lunghe e lente pedalate. 

Quelle gocce piccole, che entrano lentamente nelle ossa sotto qualsiasi strato di protezione, risintonizzano i pensieri di quell'uomo alla guida meglio dei nostri, alle prese di una giornata come un'altra. Magari ascolta canzoni metal, chissà. Ma lui sì. Lui coglie quella poesia che a me oggi sfugge. Quel patto tra uomo e Natura scritto nei geni di molte generazioni. Quel legame che tendiamo a non vedere più. Una scighera che sta dentro, un insieme di preoccupazioni che invade le ossa, contro cui non siamo mai del tutto impermeabili.

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