giovedì 16 aprile 2020

Se il virus colpisce i guerrieri

Non ho ancora scritto niente di Fausto.
Il perchè è semplice: ci sono dei momenti in cui è meglio tacere. Aspettare, sperare. Poi, casomai, scrivere. Ma il tempo passa e non trovo giusto non parlare di quest'attesa, che lenta si dipana ora, in cui tutto ha frenato di colpo. In cui la nostra vita lanciata a velocità folle tra date, scadenze, mail, due cellulari che suonano, messaggi e incombenze si è bloccata, ma l'impazienza è rimasta la stessa.

Il tempo passa, e finora mi sono detta che non è giusto continuare a chiedere di Fausto a chi lo conosce al di fuori della cerchia lavorativa, come me. Non era giusto cercare il contatto dei famigliari, visto che il suo cellulare è spento. Non era giusto provare canali alternativi per sapere come sta. Ma poi mi sono detta che, in qualche modo, il mio pensiero deve pur arrivare. E allora, questo pensiero, lo fermo qui, come spesso accade, da circa 500 post in qua.

Fausto è il Delegato alla Sicurezza della Cremonese. Ci siamo conosciuti circa 5 anni fa, in estate. Sono arrivata a Cremona in auto, direzione stadio Zini, deserto. La squadra militava in Lega Pro e mi sarei apprestata a coordinare, da Milano, un servizio composto da un numero di steward molto piccolo, 30/40 persone che lui conosceva uno a uno, da molto tempo. Mi ha accolto in un ufficio che oggi non c'è più, perchè dopo quel primo anno la squadra è cresciuta e lo stadio è stato ammodernato, di volta in volta. Faceva molto caldo, abbiamo parlato di qualcosa che lui conosceva molto meglio di me. Non ho insistito: i suoi modi concreti mi hanno fatto capire di essere in ottime mani. Gli ho chiesto di aggiornarmi costantemente. E lui ha preso quel costantemente alla lettera.

Da quell'estate, Fausto mi ha chiamato al telefono due, tre volte la settimana. Quando la Cremonese è approdata in serie B abbiamo organizzato il reclutamento di nuovi steward, lavorando a stretto contatto con il marketing. Abbiamo organizzato i corsi, abbiamo messo in aula almeno 250 persone in quattro anni. Molti sono andati persi subito, altri per lavoro, trasferimenti, mancanza di voglia di aderire al progetto; molti sono rimasti e hanno imparato a conoscere i modi di Fausto, burberi e concreti. Hanno fatto gruppo, accogliendo di volta in volta i nuovi venuti. La catena di coordinamento si è rafforzata e il servizio, in queste stagioni, ha sempre viaggiato senza problemi.

Fausto è fatto così: sempre disponibile, anche troppo. Schietto, ma duro, ironico al limite del tagliente. Con tutti: la dirigenza, la Croce Rossa, il comandante dei Vigili del Fuoco, persino coi referenti della Questura. E' cresciuto a pane e Cremonese: è stato per anni tifoso di curva, li conosce tutti e fiuta benissimo l'umore della partita. Studia i numeri degli ospiti, non lo si coglie mai impreparato. Sa cosa fare in ogni fase che precede la partita, sa come chiudere lo stadio.
Sa. Ma condivide. Quelle due, tre volte la settimana raddoppiano, o triplicano, quando nel fine settimana c'è una partita in casa. Mi chiede "come stiamo a numeri?" per sapere quanti steward hanno risposto alla convocazione, concordiamo se dobbiamo chiamare qualcuno da Bergamo o da Brescia per rinforzare il contingente, ripassiamo gli orari di arrivo, ci aggiorniamo sulle ultime, valutiamo come e quando fare aggiornamenti e nuovi reclutamenti.

Negli ultimi due anni, sono stata a Cremona una volta al mese. Quell'ora di strada era quasi naturale, anche se ancora non ho digerito "Basso Lodigiano" al posto di Piacenza Nord. Di norma, per la partita delle 15, mi bastava arrivare a mezzogiorno e andar via poco a metà de secondo tempo. La mia presenza non spostava nessun equilibrio, serviva a me per rafforzare il rapporto personale con le persone, per risolvere piccoli problemi logistici, rispondere alle domande; ma il servizio era strettamente in mano a Fausto e a Samuele, suo braccio destro, senza alcun dubbio. E' stato così fino a Febbraio.

A Marzo, il 3, si è giocata Cremonese Empoli. Di sera, infrasettimanale. A porte chiuse: la zona rossa era già attiva in una corolla di Comuni che circondano Cremona a Nord come un cappello, la decisione di precludere lo stadio al pubblico è stata presa ufficialmente il giorno precedente, ma io e Fausto ci eravamo sentiti più volte nei 10 giorni precedenti e avevamo già messo in atto due diverse strategie di convocazione, una allargata e una ristretta. Il 2, quando abbiamo inviato in Questura la lista dei presidi indispensabili (28 persone con autodichiarazione di buona salute) mi ha rivolto la solita domanda: verrai? No, gli ho risposto. Meglio, mi ha detto subito. Ti avrei chiesto io di non venire. Qui è un lazzaretto, l'ospedale si riempie ogni giorni di più, è presidiato giorno e notte e ci sono telecamere ovunque. Molti di noi hanno parenti ammalati. Ci sentiamo presto.
Ci siamo sentiti, un'altra volta dopo la partita: avrei presto cambiato lavoro, non mi sarei più occupata di Cremonese. E' stata una telefonata diversa dal solito, senza le nostre domande di rito. Il tono burbero non c'era, anche se spesso, nelle nostre chiamate, era così, era deposto, non serviva. C'è sempre stato grande ascolto, grande rispetto: tutto quello che altri Delegati, nel corso di questo mio lavoro, mi hanno negato. Quella è stata la nostra ultima chiacchierata.

Il 19 Marzo ricevo una chiamata da Simone. Fausto ha preso il virus, è ricoverato. Lo chiamo, ma il telefono è staccato. Che sciocca, mi dico. Eppure, in quel momento, mi sono sentita privata di qualcosa. Di quelle telefonate che, a volte, mi facevano sbuffare e che si sono interrotte di colpo. Ma devo sapere come sta e cerco canali alternativi. E una conferma che purtroppo arriva e sembra però troppo dura e scarna.
Il ricovero si è reso necessario perchè Fausto ha avuto problemi respiratori. E' stato intubato ed è in terapia intensiva. Tutto qui? Tutto qui: i medici lavorano, le terapie non ci sono e si procede per tentativi contro questa infezione che lo tiene lì, per molti giorni. Solo il 28 arriva la notizia di un miglioramento, lento. E' forte, mi dico. Ha una tempra d'acciaio, ricomincerà presto a fulminare tutti con i suoi occhi azzurri e a tuonare sentenze. Lo estubano, esce dalla TI (una sigla che non avrei mai pensato di memorizzare) per entrare in subintensiva. Ma il decorso è lungo, e non sempre facile. Non lo è neanche per lui, che ha avuto una nuova crisi ed è stato nuovamente intubato e nuovamente trasferito.

Non c'è nulla che io possa fare. Nulla, se non scrivere della bellezza di un progetto che mi ha portato a conoscere una città a partire da uno stadio, da una Questura, da un team di persone, ognuna con la loro storia. E questa è la storia di un uomo che è da poco diventato nonno, con un lavoro principale e uno secondario senza metterlo però in secondo piano. Con un carattere forte, uno sguardo fiero, un temperamento ben definito. Attento ai particolari, mai impreparato. Grande ascoltatore, nonostante la sua esperienza avrebbe potuto tranquillamente far venir meno questa importante qualità, come è successo altrove. Non c'è nulla che  possa fare se non aspettare. E rivolgere il pensiero a Cremona, ogni giorno, fino a quando il telefono ricomincerà a squillare.


2 commenti:

Anonimo ha detto...

non è vero che non c'era nulla che tu potessi fare. direi che hai fatto tanto invece, a cominciare da questo bel racconto. un grande in bocca al lupo

Unknown ha detto...

Speriamo. Grazie condivido giudizio su fausto anche se con me 'burbero' nn è mai stato. Tutt'altro
M.