martedì 28 aprile 2020

La danza della coda

Lo scorso 25 Aprile ho dovuto far ricorso alla Farmacia Comunale e per la prima volta, dopo due mesi e tre settimane, mi sono confrontata con il concetto tutto italiano di coda. Le scarse volte in cui ho fatto la spesa in questo periodo (una, per la verità; per le altre mi sono organizzata in modo di farla arrivare a casa. E in quell'una non ho fatto coda, avendo scelto un orario da sonnellino postprandiale lontano dal fine settimana) non avevo potuto perciò valutare quanto la paura del contagio e le esigenze avessero inciso sul naturale scarso senso della disciplina, quella per cui abbiamo sempre guardato le classiche code al bus inglese o al rigore giapponese. La risposta è stata subito evidente: manco per niente. Da hashtag, proprio: #mancoperniente.

Alle 12 del 25 Aprile, fuori dalla Farmacia Comunale di Corbetta c'era una coda di 15 persone, snodata senza una logica lineare su un vasto spazio tra le due corsie e il parcheggio davanti alla struttura. E già questo, per esempio, ha causato un problema di scrupolo a me nell'attraversare le sentinelle sparse per parcheggiare a mia volta e a un disagio fatto di occhi puntati per fare un largo giro e pormi in fondi alla fila ubriaca. Perchè, diciamolo: lo scopo di chi è in fila non è quello di mantenere un metro di distanza da quello davanti, ma di controllare tutte le possibili infrazioni degli altri, con sguardo di forte rimprovero.

E così, invece di tenere la mascherina nel modo corretto e una posizione, ho assistito al balletto continuo di 15 persone che, come me, non potevano evitare la fila con esigente parimenti urgenti e diversissime, alcune delle quali con un impiego di 20 minuti ciascuna. Un balletto fatto di distanze di 7 metri e altre di 50 cm, di camminate nervose, di strada attraversata e riattraversata, o di piantoni nel bel mezzo del passaggio, di "cià che vado a leggere cosa c'è scritto fuori dalla farmacia" e di parlottamenti a distanza zero, abbassando la mascherina, perchè si sa, se non l'abbasso l'altro non mi sente. Con una bella scatarrata per schiarire la voce.

Fino all'arrivo di un nuovo componente della coda, dietro di me. Anzi. Di due, madre e figlia, insieme. Che dopo venti minuti ininterrotti di èvergognoso maquantocimettono incredibilelalentezza nonèpossibile andiamonorestiamonoandiamonorestiamo d'altraparteècomunale cosavuoipretendere ahmaglienedicoquattroquandoarrivolì potrebberorisponderealtelefono a loop, a giro, con vari inserti più o meno insultanti, la giovane decide di scavalcare la fila "ma solo per chiedere un'informazione" ed entrando così in farmacia cui l'ammissione di una persona alla volta all'interno è evidentemente rivolta agli altri.

La richiesta di un'informazione, per noi in coda, appare presto chiara molto simile a una presa per il culo. La giovane occupa così altri 20 minuti della postazione all'interno della farmacia, lasciando agli altri il lentissimo scorrimento di quella solitamente utilizzata per le richieste in auto. Finchè non tocca a me, e scelgo di infilarmi in farmacia per godermi lo spettacolo, a mia volta senza aspettare l'uscita della richiedente di informazioni. Che nel frattempo ha ottenuto la sua richiesta e in tutta calma sta chiedendo un numero di informazioni pari alla registrazione di una società alla Camera del Commercio.

E così, dopo un'ora e mezza e uno spettacolo gratis sono tornata a casa. In una giornata dal clima perfetto, fuori da uno stabile con un grande spazio esterno non soggetto, in pratica, ad altri passaggi. Senza rispetto per le esigenze degli altri, e stiamo parlando proprio di salute; non oso immaginare tutte le altre incombenze con cui torneremo a confrontarci.

No, direi che non abbiamo imparato una mazza.

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