martedì 21 febbraio 2012

La camicia dell'uomo contento

Alle elementari la maestra Carmen ci leggeva, con gusto e con una certa frequenza, Italo Calvino. Ci leggeva le Fiabe Italiane, ogni volta una diversa. Racconti raccolti dall'ampio bacino della tradizione italiana, trascritti e confrontati nelle varie versioni spesso trasmesse a voce da generazioni diverse ai bambini, idealmente davanti al focolare domestico. Lei le leggeva, io ho voluto comprarle e le ho lette tutte. Uno dei due volumi mi era pure finito in acqua, in giardino, e quindi sembra il fratello maggiore dell'altro, ma li conservo ancora. Non so dove, perchè il trasloco me li ha fatti metter via, ma li devo trovare.
Perchè, anche se non le rileggo da molto, molto tempo, ce n'è una che da giorni è nella mia testa. Parla di un principe che ha tutto, ma che non trova la felicità. Che consulta i saggi del suo regno e gli indovini, che gli consigliano l'unico rimedio possibile: trovare l'uomo contento e indossare la sua camicia. Parte dunque la caccia  grossa e il tam tam dei banditori, un messaggio che oggi correrebbe sugli sconfinati campi virtuali. Ma l'uomo contento sembra sfuggire agli appelli e il principe, sconsolato, comincia a vagare nei campi senza meta. Finchè non sente un uomo cantare a squarciagola, sotto il sole, allegramente e capisce di averlo trovato: lo raggiunge di corsa e comincia a sbottonargli la giubba febbrilmente.
Peccato che il contadino, felice di vivere così, non avesse camicia.
Ci penso ogni giorno e sorrido. Perchè è così, si desidera sempre altro, senza capire che la nostra sostanza è sogno e realtà insieme, del tutto unica, del tutto irripetibile. Che la vita porta a svolte inedite, a soluzioni sempre diverse e che davvero volere è potere.
D'altra parte, ci si può vestire in molti altri modi!

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