giovedì 26 gennaio 2012

Se non c'è via forse c'è via d'uscita

Non scrivo da molto. Ero troppo impegnata con i rumori di sottofondo, che sono cresciuti a volume alto, insopportabile, quelli che già hanno fatto scappare gli animali e che arrivano a te vibrando nei timpani e impedendo qualsiasi altra attività.
Ero troppo impegnata a commiserarmi, forse. Di questa fatica, di questi ultimi due anni in cui ho puntato molto (non posso dire tutto, sarebbe irrispettoso verso chi fa dell'arrivismo - in senso buono - la sua ragione di vita), delle mie due-settimane-due di ferie su tutto il biennio, di ali tarpate, di stabilità terminate, di fondi che scarseggiano, di struggimenti.
Impegnata nel rumore che mi ha impedito di vedere tutte le altre armonie. Tante. Perchè ho la fortuna di toccare diverse corde, raggiungere suoni, e toni, molto differenti, essere una e molte donne. Sempre sfuggente, sempre presente e non presente, tanto che qualcuno ne soffre, a tratti (come la mia Ximenina), e qualcun altro mi lascia per strada. Ma chi mi ama lo sa, io ci sono sempre. Arrivo sempre, dappertutto. E sono sempre io. Con la mia anima di gatto, come ha detto bene Mauro, ma senza opportunismo.
Fino ad ora i mille mondi professionali esplorati mi hanno regalato tantissimo. Miti conosciuti, sorrisi da svenimenti, prime file, ribalte nazionali, meteorate televisive e scrittorie. Avevo un sogno, l'ho inseguito, l'ho acciuffato e l'ho raggiunto. Ci sono tanti nomi nel mio cuore, che continua, a tratti, a perdere piacevolmente un battito.
E ora si vedrà.
Oggi sono andata a trovare fugacemente la Elga (alla milanese, con l'articolo) dai due tatuatori all'angolo. Lei ne ha fatto uno piccolo. Io non ne ho, ma se dovessi farne uno sarebbe ben visibile, ho detto a uno di loro. Che dopo un fugace scambio di battute mi ha mostrato un'araba fenice, che la Fede (sì, LA Fede) mi ha già posizionato lungo il costato.
Ecco. Arabia Fenix. Quella che risorge sempre dalle sue ceneri.

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