mercoledì 19 ottobre 2011

Dignità

Paula è rumena, ma a prima vista non lo diresti mai. Perchè è alta, con le gambe lunghe, i capelli lisci e castani, gli occhi tra il verde e il castano. A quella prima vista, appunto, diresti che è brasiliana.
Paula se ne sta tutto il giorno a chiedere l'elemosina ad un semaforo, sulla via Lorenteggio, proprio alle porte di Milano, dove c'è il palazzone di Intesa San Paolo o quelli della Vodafone. Se ne sta ferma sul marciapiede e allunga il bicchiere alle auto che attendono il verde per scappare via. Eppure...
Lei allunga il bicchiere, ma cerca anche una parola. Non importa se dentro quel suo salvadanaio di cartone non ci metti niente, o se le dai un'arancia, o i crackers che hai in borsa. Lei vuole parlare. Lei si chiama Paula, e tu? Lei è in Italia da 8 mesi, ha due figli, che sono lontani, a cui spedisce i soldi.
Sabrina è un bel nome, c'è un'altra Sabrina che lavora lì vicino, che passa di lì all'ora di pranzo e scambia con lei due parole. Cosa fai di bello, Sabrina? Perchè sei così stanca?
Paula se ne sta lì la semaforo per 10 ore al giorno. Ci arriva in auto, va via in auto. Parla e ti guarda dritta negli occhi, sotto il suo cappellino con la visiera e il viso abbronzato da quel sole tra i palazzi. Io le farei duemila domande, in quel breve lasso di tempo tra il rosso e la ripartenza. Spesso, quando non mi fermo, abbasso il finestrino e la saluto, almeno. Perchè in quegli occhi vedo una vita imprigionata nel bisogno, nella necessità, nei desideri infranti, quello che non può esserci. In quegli occhi e su quell'ovale perfetto, in una vita così diversa dalla mia, vedo parte di me.
E vedo una dignità che io ho dimenticato e non saprei avere. Che mi colpisce, e che mi affolla la testa di domande.

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