venerdì 8 luglio 2011

Divieti di accesso

Ho fatto alba in radio, settimana scorsa. Venerdì. Nel quotidiano flusso delle notizie da vagliare c'era il matrimonio del principe Alberto, con le sue ombre. Mi è sfuggito un commento acido, e la mia collega mi ha chiesto: ma perchè ce l'hai tanto con i ricchi?

Non ho risposto. Più che altro perchè non sapevo come, non ci avevo mai pensato, in realtà. Ma ci ho riflettuto.
Non ce l'ho con i "ricchi". Per niente. Se lo sono, il più delle volte se lo sono meritato, o qualcuno ha versato sangue, lacrime e sudore per raggiungere quello status. Non è odio, è ammirazione per chi ha saputo cogliere l'attimo, intravedere una via, cavalcare il cavallo vincente. E per chi vive bene, nel giusto, nella vita che si è costruito, senza renderla un inferno.

No, cara amica, prima che collega. Non ce l'ho con nessuno, tranne che con me stessa.
Che ho il frigo vuoto da tre mesi. Che tremo ogni volta che devo far benzina. Che davanti alla porta del parrucchiere, prima di posare la mano sulla maniglia, mi chiedo dieci volte se ne vale la pena. Che vorrei mettere una libreria in casa, o la zanzariera, o l'allarme, ma posticipo. Che esco a mangiare solo quando è necessario. Che non guardo i saldi. Che ho due denti del giudizio da togliere, ma lascio perdere. Che sono pigra, ma forse un abbonamento in palestra con gli amici non mi farebbe male, ma lascio perdere.

Mi chiedo quando tutto questo ha smesso di essere un mio diritto, o almeno, di far parte della mia esistenza come dovrebbe essere. Perchè il mio lavoro, il mio prestigiosissimo lavoro, vale meno del tuo, o di quello di qualsiasi altra persona. Perchè, se dovessi avere un figlio, sarebbe di serie B, e grazie a Dio è un "problema" che non sussiste, perchè non riuscirei a compragli nemmeno un pacco di pannolini.
Perchè, se resto a casa, per me non c'è disoccupazione.
Perchè se, come è successo qualche anno fa, se dovessi rompermi un braccio dovrei stringere i denti e guidare con il gesso, rischiando anche di più.
Che cosa ho fatto, o meglio cosa non ho fatto, per sentirmi realizzata. Per partecipare agli eventi della vita di chi voglio bene sempre con una parte del cervello occupata da pensieri fastidiosi. Per smettere di pensare ad un viaggio, ad un fine settimana, ad un invito in montagna.

Mi chiedo perchè quella via, quel cavallo, quell'attimo giusti non ci sono, non ci sono più, non ci sono stati, perchè in passato altre persone si sono messe scioccamente di traverso.
Mi chiedo quando smetterò di crederci, smetterò di fare i quattro, cinque lavori che son costretta a fare contemporaneamente e tutti male e mi riciclerò. E come mi riciclerò, visto che non l'ho ancora capito. Mi chiedo quando potrò smettere di trattenere il fiato e quando potrò far smettere di fare altrettanto ai miei genitori.

D'altra parte riesco ancora a riderci su. Abbastanza, almeno. Anche se le battute, come quella di venerdì mattina, hanno un che di humor inglese, ormai.

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