sabato 27 novembre 2010

Diffidare dalle imitazioni

Il più delle volte, la maggior parte del tempo, mi sento un surrogato.
Un surrogato di giornalista. Perchè non c'è modo e tempo di approfondire niente, di seguire tutto come si dovrebbe, perchè spesso non è possibile uscire fuori dalla redazione, perchè anche quando si parla con le fonti, e si fanno le interviste, chiedo molto e obietto poco per paura di far figure ignorantelle. E il resto è copia&incolla.
Un surrogato di speaker. In onda poco e per leggere poche righe sempre con l'ansia di sbagliare. Poi mi ritrovo, in macchina, a sentire le altre stazioni e a invidiare la "proprietà" di altri colleghi, o anche solo di guardare le mie colleghe e cercare solo con gli occhi di assorbire tutto il possibile.
Un surrogato di sorella. Perchè mi piacerebbe fare tutto il fattibile per la Manu, per il suo talento, per la sua felicità. Perchè vedo ombre di malinconia che sembrano nere, spesse, indissolubili neanche sotto il miglior sole. Perchè vedo blocchi che mi ricordano strade interrotte, asfalti ceduti, ponti caduti.
Un surrogato di casalinga. E su questo niente da approfondire...
Un surrogato di amica, perchè mi sembra di non dare mai spazio ad approfondimenti, di passare sempre di corsa. Ed è per questo che, spesso, là fuori siamo solo io e la mia macchina. E tra le mani stringo surrogati di amori, che non ci sono.
Che cosa c'è di autentico, in una vita così? Quanto meno la consapevolezza. E la voglia di fare meglio, di dare il massimo, di sorridere e di correre, io con quella mia macchina, in quanti più punti possibili, per toccare mani e guardare negli occhi. Non c'è la presunzione di pensare di essere migliore, più intelligente, più brava di questo o di quello. Non c'è l'ansia di apparire quella che non sono, nè di cercare qualcuno al mio fianco a tutti i costi. Non c'è l'invidia per vite altrui, semmai qualche rammarico di occasioni sprecate, di strade non intraprese, che riguarda solo e soltanto me, però.
Mi sento il più delle volte un surrogato, è vero. Eppure quello che mi porto dentro è del tutto autentico.

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